Il maxiemendamento del Governo n. 1.9000 alla legge di bilancio 2019 (Senato Atto n. 981 – Camera Atto n. 1134-B) contiene quattro importanti modifiche al D.Lgs. n. 175 del 2016, relativo al testo unico sulle società a partecipazione pubblica (di seguito TUSP).

La sospensione provvisoria dell’obbligo di alienazione – La modifica di maggior rilievo riguarda la possibilità per le amministrazioni pubbliche di mantenere, fino al 31 dicembre 2021, le partecipazioni nelle società pubbliche, in deroga a quanto previsto dall’art. 24 del TUSP, ma solo se trattasi di partecipate che hanno prodotto nel triennio 2014 – 2016 un risultato medio in utile.

Più nel dettaglio, il comma 723 dell’art. 1 della legge di bilancio aggiunge all’articolo 24 del TUSP, relativo alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il comma 5-bis, in base al quale: «A tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, fino al 31dicembre 2021 le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano nel caso in cui le società partecipate abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. L’amministrazione pubblica che detiene le partecipazioni è conseguentemente autorizzata a non procedere all’alienazione».

Tale nuova disposizione disapplica, quindi, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 e 5 dell’art. 24 del TUSP, relativi, rispettivamente, all’obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria (entro il 30 settembre 2018), e al divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e alla successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni. La deroga provvisoria riguarda, però, soltanto le società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel 2014 – 2016, ossia nel triennio precedente alla ricognizione.

La revisione straordinaria – Com’è noto, l’articolo 24 del TUSP ha imposto la revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni. In base a tale disposizione,, entro il 30 settembre 2017. ciascuna amministrazione pubblica era tenuta a deliberare, anche solo per attestare l’assenza di partecipazioni, una revisione di tutte le partecipazioni societarie possedute, direttamente o indirettamente, al 23 settembre 2016, data di entrata in vigore del TUSP. La decisione doveva riguardare “tutte le società e, quindi, anche quelle di minima entità e finanche le partecipazioni in società “quotate”; doveva essere motivata sia per giustificare gli interventi di riassetto sia per legittimare il mantenimento della partecipazione; doveva essere attuta, in caso di alienazione, entro il 30 settembre 2018 (sull’argomento, cfr. Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione n.19/SEZAUT/2017/INPR del 19 luglio 2017 “Linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle partecipazioni di cui all’art. 24, d.lgs. N. 175/2016”; Studi Camera – Bilancio Autonomie territoriali e finanza locale- Politica economica e finanza pubblica, La nuova disciplina delle società partecipate; MEF, Partecipazione pubbliche, Revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche (art. 24 TUSP)).

Le società da includere nel piano di ricognizione e da alienare obbligatoriamente, in mancanza di altre misure di razionalizzazione, erano quelle:
– non riconducibili alle attività e finalità elencate all’articolo 4 del TUSP;
– costituite, o con partecipazioni acquisite, sulla base di un atto non analiticamente motivato in ordine alla sussistenza delle ragioni di efficienza, efficacia ed economicità che ne giustificano la costituzione o l’acquisizione, in violazione dell’art. 5, comma 1, del TUSP;
– costituite, o con partecipazioni acquisite, sulla base di un atto incompatibile con la normativa comunitaria e nazionale, in violazione dell’art. 5, comma 2, del TUSP;
– che ricadevano in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2, del TUSP, e quindi: – prive di dipendenti o con un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;- con attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; – con un fatturato medio, nel triennio precedente, non superiore a un milione di euro (500mila in sede di prima applicazione); – con risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (escluse, però, le società costituite per la gestione un servizio di interesse generale).

Cosa fare – Per le società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la legge di bilancio 2019 autorizza, quindi, l’amministrazione interessata a prolungare la detenzione delle partecipazioni per il triennio 2019-2021.

Di fatto, si potranno riscontrare. a seconda dello stato della procedura di alienazione al 31 dicembre 2018, diverse situazioni. Può essere, infatti, che l’amministrazione, in esecuzione della revisione straordinaria:
a) non ha provveduto ancora all’alienazione, nonostante abbia adottato il piano entro il 30 settembre 2017;
b) ha avviato l’iter di alienazione con la pubblicazione del bando per la procedura ad evidenza pubblica o con l’avvio della procedura negoziata, ma non l’ha ancora conclusa con l’aggiudicazione;
c) ha concluso la procedura di alienazione che è risultata, però, infruttuosa, per mancanza o inidoneità delle offerte;
d) ha concluso la procedura di alienazione con l’aggiudicazione, ma non ha ancora stipulato il contratto di cessione;
e) ha stipulato il contratto di cessione con l’aggiudicatario.

Con la sola esclusione dell’ipotesi sub lett. e), negli altri casi l’amministrazione deve adottare un apposito provvedimento, di competenza dello stesso organo che ha deliberato il piano operativo di revisione straordinaria, per decidere se avvalersi o meno della facoltà di disapplicazione, per il triennio 2019 – 2021, dell’obbligo coatto di alienazione. Se l’amministrazione decide di avvalersi della facoltà di disapplicazione, deve dimostrare che ricorre il presupposto di legge dell’utile medio nel triennio 2014-2016 (inserendo nel provvedimento i dati tratti dai i bilanci societari). In questo caso è autorizzata a non procedere all’alienazione deliberata entro il 30 settembre 2017 senza perdere la potestà di esercitare i diritti sociali.

Nello stesso provvedimento con cui è formalizzata la decisone di avvalersi della deroga all’obbligo di alienazione, l’amministrazione che non ha ancora stipulato il contratto di cessione, deve revocare il bando o l’aggiudicazione, motivando la decisione con la sopravvenienza della disposizione della legge di bilancio 2019 e, si ritiene, con la sussistenza dell’interesse pubblico a mantenere, seppure per un periodo determinato, la partecipazione.

Il mancato coordinamento con l’art. 20 TUSP – Sarebbe stato opportuno, per ragioni di coordinamento, che la stessa disposizione di disapplicazione transitoria dell’obbligo di alienazione fosse stata inserita anche nell’articolo 20 del TUSP. Tale disposizione prevede, infatti, la procedura di razionalizzazione ordinaria delle partecipazioni, da effettuare, a cadenza annuale, a partire dal 2018 con riferimento alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2017, tenuto conto, com’è ovvio, dei contenuti della revisione straordinaria prevista, in sede di prima applicazione, dal citato articolo 24.

Il mancato coordinamento delle due disposizioni potrebbe portare, in base ad una interpretazione meramente letterale delle due norme, a situazioni applicative paradossali. La stessa società, infatti, per la quale viene sospesa l’alienazione ai sensi dell’art. 24, potrebbe trovarsi a dovere essere alienata ai sensi dell’art. 20. E’ da annotare, però, che la disapplicazione riguarda solo l’alienazione e non le altre misure di razionalizzazione previste dall’art. 20, per cui le amministrazioni dovranno inserire nel piano di razionalizzazione ordinaria anche le società per le quali si è optato per la deroga ex legge di bilancio 2019 e prevedere eventuali altre misure di razionalizzazione o motivarne la mancata adozione.

Le altre modifiche – La legge di bilancio contiene altre tre modifiche al TUSP. La prima, con riferimento alle società quotate, prevede che le disposizioni del TUSP  si applicano – salvo che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni – alle società controllate da società quotate in borsa (art. 1, c. 721, modifica art. 1, c. 5 del TUSP, sostituendo le parole: « partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche » sono sostituite dalla seguente: « controllate ».). La seconda, con riferimento all’ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevede che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER ( art. 1, c. 722, che modifica l’art. 4 c. 6, del TUSP  inserendo dopo le parole: « dell’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 » le seguenti: « , dell’articolo 42 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013,”). La terza consegue alla seconda modifica e inserisce  all’articolo 26 del TUSP, dopo il comma 6, il comma 6-bis, per precisare che: « Le disposizioni dell’articolo 20 non si applicano alle società a partecipazione pubblica di cui all’articolo 4, comma 6 » (art. 1, c. 724).


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