Tra i vincoli progressivamente introdotti dal legislatore in capo alle società partecipate[1], rientrano quelli in materia di consulenze, sia sotto il profilo dei relativi limiti in termini di spesa, sia sotto il profilo degli adempimenti necessari in caso di loro attivazione.
Queste società, qualora decidano di avvalersi, in vista del conseguimento dei fini “istituzionali”, di entità esterne ai propri assetti strutturali, configurano:
– un appalto di servizio, nei casi in cui il soggetto esterno assuma la conduzione di un servizio compiuto, facendosi carico degli strumenti necessari e del rischio connaturato al conseguimento del risultato, ai sensi dell’art. 1655 del codice civile: trattasi, pertanto, di un’obbligazione di risultato, che, di regola, si riconnette ad un’organizzazione da media o grande impresa, cui l’obbligato è preposto, comportante l’applicazione del codice dei contratti pubblici;
– un contratto d’opera professionale (c.d. “consulenza”), nei casi d’insussistenza del rischio di risultato in capo al soggetto esterno: trattasi, per lo più, di attività individuali commissionate a professionisti, di assistenza e consulenza, con le quali i professionisti medesimi mettono a disposizione i propri mezzi e le proprie capacità professionali, indipendentemente dal raggiungimento di un risultato a rilevanza esterna e incidente nei rapporti con i terzi.
Nelle fattispecie ascrivibili alla categoria della consulenza, non trova applicazione il codice dei contratti pubblici, bensì l’obbligo di attivare procedure di scelta del contraente privato, ispirate, per le società “in house”, ai principi di: adeguata pubblicità delle selezioni, svolgimento delle “prove d’esame” con metodo imparziale, economico e veloce, oggettività e trasparenza nel riscontro delle attitudini e delle professionalità, pari opportunità tra candidate e candidati, individuazione di reclutatori di comprovata esperienza; che, per le società (meramente) controllate, degradano ai più generici principi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità; da configurare preventivamente, in entrambe le tipologie di società, in atti interni a carattere generale, analogamente a quanto avviene per il reclutamento del personale dipendente. Il tutto sia in applicazione di esplicite previsioni legislative sia in diretta attuazione di principi del Trattato dell’U.E.; in particolare, del principio di tutela della concorrenza e di quelli che ne rappresentano attuazione e corollario, come la trasparenza, l’adeguata pubblicità, la non discriminazione e la parità di trattamento. Siffatti principi si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici e sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne; prevalgono, inoltre, su eventuali disposizioni interne avverse. Configurando l’assetto appena delineato da una diversa angolatura, può sottolinearsi come le norme di legge che hanno previsto modalità selettivo/pubblicistiche dei consulenti, non abbiano innovato, non abbiano posto precetti speciali modificativi dell’ordinamento rispetto a pregressi vuoti normativi, bensì abbiano, più semplicemente, inteso dare esplicitazione a principi cardine del diritto comunitario, oltre che del diritto costituzionale interno (in particolare, quelli cristallizzati dall’art. 97 Cost., di buon andamento di tutte le pubbliche amministrazioni, sostanzialmente intese). Di conseguenza, il legislatore sarebbe (è) intervenuto a ratificare istanze insite nell’ordinamento, già esplicitate con vigore dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Un ulteriore riscontro di questa impostazione può essere rinvenuto nell’art. 29 della L. n. 241/1990 e successive modificazioni, in forza del quale la legge generale sul procedimento amministrativo si applica anche alle società con totale o prevalente capitale pubblico, con riferimento all’esercizio delle funzioni amministrative: ed il reclutamento di consulenti tecnici costituisce, a tutti gli effetti, esercizio di una funzione amministrativa.
Inoltre, la giurisprudenza maturata in materia di consulenze pubblicistiche, ha esteso alle società pubbliche la valenza di pubbliche amministrazioni sostanziali, traendone l’estensione analogica alle stesse delle limitazioni tipiche degli enti pubblici, contenute nell’art. 7, comma 6 del D. Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni (e, quindi, anche degli ulteriori irrigidimenti contenuti nella Legge di Stabilità 2013 in tema di divieto di rinnovo degli incarichi e ostruzione alle consulenze informatiche?[2]) . Ad ogni modo, la principale di queste limitazioni è data dall’obbligo di gara, rectius di selezione pubblica.
Il ricorso (obbligatorio) a vere e proprie procedure di evidenza pubblica nella scelta dei consulenti, ha consentito di escludere l’ascrizione della scelta medesima all’autonomia privata della società pubblica e , quindi, del connesso contenzioso alla giurisdizione del Giudice Ordinario: venendo in discussione un interesse legittimo alla regolarità della procedura di affidamento di un incarico, non conferibile “intuitu personae”, bensì secondo parametri rigorosamente tecnici, si è dedotta l’incardinazione della giurisdizione del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera e), numero1), seconda parte del codice del Processo Amministrativo, trattandosi, per l’appunto, di procedimento di evidenza pubblica previsto dalla normativa statale e comunitaria, ancorché non riferibile ad un appalto di servizi.[3]
Costituisce, infine, spunto meritevole d’attenzione anche la progressiva equiparazione alle assunzioni di personale dipendente, sotto l’ulteriore profilo del contenimento della spesa, dell’imposizione di vincoli di spesa: difatti, si è passati da mere petizioni di principio e orientative, a fronte delle quali il conferimento di incarichi a soggetti estranei non avrebbe dovuto porsi in controtendenza con gli obiettivi di riduzione delle spese delle società partecipate rinvenibili nel sistema ordinamentale[4], all’esplicita e tranciante equiparazione agli enti locali proprietari, in termini di chiaro e netto adeguamento ai precetti di contenimento delle spese per consulenze, già vigenti per gli stessi (artt. 25, comma 5 del D.L. n. 1/2012, convertito in Legge n. 27/2012 e 18 del D.L. n. 122/2008, convertito in Legge n. 133/2008 e successive modificazioni).
Roberto Maria Carbonara*
* segretario generale del Comune di Segrate
[1] Ci si continua a riferire alle partecipazioni integrali o di controllo in capo ad enti locali.
[2] Si rinvia, sul tema, all’articolo di Giuseppe Panassidi “Con la Legge di Stabilità 2013 aumentano i vincoli per gli incarichi esterni”, su “Moltocomuni.it” del 27 gennaio 2013.
[3] La presente ricostruzione è avallata da Tar Emilia Romagna Bologna, sentenza n. 130 del 17 febbraio 2012, oltre che da Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 350 del 13 giugno 2011. Risulta interessante evidenziare come l’impostazione afferente alla configurazione della giurisdizione del Giudice Amministrativo cominci a prendere piede anche nelle “gemelle” procedure di reclutamento del personale dipendente: si inizia a sostenere che, nelle procedure concorsuali per il reclutamento del personale dipendente delle società pubbliche (intese quali veri e propri organismi di diritto pubblico, in presenza dei tre sintomi della ricorrenza dell’autonoma personalità giuridica, della sottoposizione ad un influenza pubblica dominante, della costituzione per il soddisfacimento di bisogni d’interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale), venga in rilievo un potere di stampo pubblicistico, che farebbe si che le connesse controversie rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, comma 4 del testo unico del pubblico impiego, in qualità di giudice naturale della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 6106 del 30 novembre 2012). Per onestà intellettuale, va rimarcato che si tratta di un percorso solo iniziato, non consolidato, ancora controverso: il Consiglio di Stato confuta, con questa pronuncia, la Cassazione Civile a Sezioni Unite (sent. n. 28329 del 22 dicembre 2011)!
[4] Come. ad esempio, in Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 15 del 11 giugno 2008