Lo scorso 10 di giugno la Struttura di monitoraggio e controllo delle partecipazioni pubbliche, costituita presso il Dipartimento del Tesoro del Mef, ha diramato un nuovo orientamento applicativo delle disposizioni del d.lgs. n. 175/2016 e s.m.i.
In attesa del decreto sui tetti massimi dei compensi degli organi delle società in controllo pubblico, dopo avere analizzato le delibere assembleari di nomina degli organi amministrativi collegiali, inviate in ottemperanza dell’art. 11, co. 3, del Tusp, il Mef ha avvertito la necessità di fornire delle indicazioni operative in ordine al limite da prendere attualmente in considerazione per la determinazione degli emolumenti.
Come noto, il d.lgs. n. 175/2016, stabilisce, all’art. 11, co. 7, che“fino all’emanazione del decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni …” mentre l’art. 4, comma 4, secondo periodo, del d.l. n. 95/2012 prescrive che “il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013”.
A fronte delle criticità riscontrate nell’applicazione di questa norma, la Struttura ministeriale ha precisato quanto segue:
Il tetto massimo ai compensi dell’organo amministrativo si estende a tutte le società a controllo pubblico.
Questo perché, il Tusp rimanda all’art. 4, comma 4, del d.l. n. 95/2012 esclusivamente con riferimento al limite dei compensi ivi indicato: il rinvio non può infatti riguardare il superato perimetro soggettivo di applicazione della disposizione per via della sua espressa abrogazione ad opera dell’art. 28, comma 1, lettera o), dello stesso testo unico.
La soglia dell’ 80% del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013 si deve pertanto applicare agli organi amministrativi di tutte le società a controllo pubblico, come definite dall’art. 2, comma 1, lett. m), del Tusp, e non soltanto alle “società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell’intero fatturato” (art. 4, comma 4, primo periodo, del d.l. n. 95/2012).
Tale interpretazione trova riscontro nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 100/2017, in cui si precisa che “i limiti e i criteri applicabili ai compensi degli organi amministrativi e di controllo delle società, già previsti dalla normativa vigente e confermati dalla costante giurisprudenza in materia, restano in vigore e si applicano a tutte le società a controllo pubblico” ed è stata ribadita anche in diverse deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (Cfr, tra le altre, deliberazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Basilicata, n. 10/2018/PAR, del 29 marzo 2018).
Gli elementi costitutivi del compenso dell’organo amministrativo da prendere in considerazione, in via generale, al momento della nomina, sono invece costituiti da:
– i compensi, ivi compresa la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario;
– gli eventuali emolumenti variabili, quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, i gettoni di presenza ovvero gli emolumenti legati alla performance aziendale, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario;
– gli eventuali rimborsi spese, determinati in misura forfettaria, che assumono, anche in ragione della continuità dell’erogazione, carattere retributivo, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario (non rilevano, invece, ai fini del rispetto della soglia, i rimborsi spese specificamente documentati, nonché quelli determinati in misura forfettaria ma aventi carattere meramente restitutorio, in relazione all’espletamento di specifici incarichi).
Resta ovviamente fermo, ai sensi dell’art. 11, comma 6, del Tusp, il plafond massimo del compenso che non potrà mai superare il limite di “euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico”.
Conclusioni
Le delibere finora inviate al Ministero non hanno permesso un’agevole verifica del rispetto del limite di legge sia per la mancata indicazione, nella Nota integrativa dei bilanci 2013, della quota parte degli oneri previdenziali ed assistenziali riconducibili all’organo amministrativo, sia per la previsione di compensi costituiti da una quota fissa e da una parte variabile, rappresentata da gettoni di presenza o da emolumenti accessori commisurati ai risultati di esercizio delle società.
Nell’ambito della documentazione da trasmettere al Mef e alla Corte dei conti, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del Tusp, le società in controllo pubbliche dovranno pertanto dettagliare analiticamente le singole voci di costo che contribuiscono alla determinazione del compenso dell’organo amministrativo.
Stefania Fabris