Le farmacie comunali, gestite per mezzo di società partecipate dagli enti locali, non sono esenti dagli obblighi di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica disposti dal d.lgs n. 175/2016 e s.m.i.
Corte dei conti, sezione controllo per la regione Lombardia, deliberazione n. 348 del 6 dicembre 2017 – presidente Rosa, relatore Centrone
A margine
Il Sindaco di un piccolo comune montano domanda se, con riferimento ad una società gerente la farmacia comunale, sussiste l’obbligo per il comune di adottare i provvedimenti di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica della partecipazione:
1) alla luce di quanto disposto dall’art. 1, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 175 del 2016, in base al quale “Restano ferme: a) le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l’esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento dì una specifica missione di pubblico interesse”;
2) tenuto conto del fatto che la società rientra in una delle categorie di cui all’articolo 4 (ovvero produce un servizio di interesse generale), ancorché abbia conseguito, nell’ultimo triennio, un fatturato medio non superiore ad euro 500.000.
La Corte sottolinea che i processi di revisione straordinaria e razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie, disciplinati dagli artt. 24 e 20 del d.lgs. n. 175 del 2016, possono avere quale esito, non solo azioni di “soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione” (iniziative coerenti all’assenza di stretta inerenza alle missioni istituzionali dell’ente locale), ma anche di “fusione” o di “razionalizzazione”, in particolare, dei costi di funzionamento.
Queste ultime azioni risultano congrue in presenza di partecipazioni societarie che, pur valutabili come “inerenti” (quali sono, ex lege, quelle che gestiscono servizi farmaceutici), potrebbero necessitare di accorpamento con altre società o organismi gestionali esterni (o uffici interni) gerenti attività similari o di riduzione dei costi interni di funzionamento.
Tale interpretazione non viene incisa dalla disposizione messa in evidenza dal comune secondo cui restano ferme le specifiche disposizioni che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l’esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento dì una specifica missione di pubblico interesse. La stessa fa infatti seguito alla clausola generale di salvaguardia, contenuta nel precedente comma 3 dell’art. 1, che ricorda la valenza suppletiva delle ordinarie regole di diritto privato, e, ad integrazione di questa, si limita a mantenere ferma l’eventuale disciplina speciale prevista dal legislatore ai fini della costituzione e della gestione di predeterminate partecipazioni societarie, in assoluta prevalenza statali (1).
Rispetto all’obbligo di includere nei processi di razionalizzazione le società che abbiano conseguito, nell’ultimo triennio, un fatturato medio non superiore a euro 500.000, gli artt. 20, comma 2, e 26, co. 12-quinquies del d.lgs. n. 175 del 2016, prescrivono che i piani di revisione debbano essere adottati ove l’amministrazione socia rilevi, fra gli altri, partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro, soglia abbassata a 500.000 euro con riferimento all’adozione dei piani di revisione straordinaria relativi al triennio 2013-2015 ed ai trienni 2015-2017 e 2016-2018 ai fini dei piani di revisione periodica .
Circa la valenza precettiva di tali parametri, la Corte ammette di ritenere che la ricorrenza di uno solo di essi non obbliga, necessariamente, l’amministrazione pubblica socia all’adozione di provvedimenti di alienazione o scioglimento, ma imponga l’esplicitazione formale delle alternative azioni di razionalizzazione prescritte dalla legge, soggette a verifica entro l’anno successivo.
In altri termini, la ricorrenza dei parametri elencati dall’art. 20, comma 2, impone, in rapporto alla concreta situazione in cui versa l’ente socio l’adozione, alternativa e motivata, di provvedimenti di fusione, di scioglimento o di cessione o, infine, di differente “razionalizzazione”.
Per quanto attiene la gestione del servizio farmaceutico comunale, la Corte fa da ultimo presente che la stessa può avvenire, per espressa disposizione di legge, oltre che “a mezzo di società di capitali”, anche “in economia”, “a mezzo di azienda speciale” e “a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari” (art. 9 della legge n. 475 del 1968). Inoltre, sulla base delle pronunce della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 5587/2014), è altresì ammesso l’affidamento a terzi mediante concessione preceduta da gara ad evidenza pubblica.
Stefania Fabris
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(1) Per la RAI spa, cfr. art. 49 e seguenti del d.lgs. n. 177 del 2005; per la Cassa Depositi e Prestiti spa, cfr. art. 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, per Poste Italiane spa, cfr. decreto-legge n. 487 del 1993 convertito dalla legge n. 71 del 1994, etc.