Da tempo, oramai, l’incardinazione del modello funzionale dell’ “in house providing” sulle società (integralmente) partecipate da una pluralità di pubbliche amministrazioni, non è un tabù.
Risulta, difatti, bastevole che il “controllo analogo” (a quello espletabile sui servizi interni) venga attivato congiuntamente da tali molteplici autorità, senza che sia indispensabile un esercizio individuale di ciascuna di esse: in altri termini, il requisito del controllo analogo va riscontrato secondo un criterio sintetico e non atomistico, che dimostri l’effettiva e reale signoria della mano pubblica sull’ente derivato, assunta dagli enti partecipanti nella loro totalità; non rileva epocalmente, viceversa, l’eventuale “posizione dominante” dei singoli enti in se considerati, sia nel senso di peculiari prerogative invasive riferibili ad ogni specifico partecipante sia in quello opposto della esaustività del ruolo di controllo assunto esclusivamente dalla p.a. provvista di partecipazione maggioritaria al capitale sociale.
In definitiva, è necessario che ogni singolo socio, seppur piccolo, possa vantare una posizione più che simbolica nelle dinamiche collegiali di controllo.
La “prova del 9” dell’efficacia di questa impostazione è data dal depotenziamento del consiglio di amministrazione, che non deve disporre di rilevanti poteri gestionali di carattere autonomo e deve essere soggetto a consistenti poteri d’ingerenza e condizionamento (rectius, d’indirizzo e vigilanza) in capo ai soci, superiori a quelli tipici del diritto societario.
Risulta, pertanto, indispensabile che le decisioni strategiche più importanti vengano sottoposte al vaglio preventivo della collegialità degli enti pubblici soci.
Va, tuttavia, precisato come collegialità non stia a significare “unanimità”: si funziona tranquillamente anche a maggioranza, purchè sia assicurato l’antecedente contraddittorio democratico. Sviluppando ulteriormente il ragionamento: il controllo da parte del singolo ente sull’attività svolta nell’interesse comune potrà molto difficilmente essere – per evidenti ragioni funzionali – “individuale”; invece, sarà di frequente intermediato, e inevitabilmente attenuato, dall’applicazione delle regole interne sulla vitalità adeguata dell’istanza associativa.
A questo punto, può risultare di una qualche utilità tentare di elaborare delle linee – guida di opportuno depotenziamento del c.d.a., a fini di ragionevole tenuta del sistema, poi da recepire in statuti e patti parasociali.
La declinazione di seguito riportata viene mutuata dalla giurisprudenza, oltre che dalla prassi (giurisprudenzialmente validata).
Linea Guida n.1, la contrazione dei poteri e delle prerogative del consiglio d’amministrazione
I poteri gestionali del c.d.a. non devono risultare troppo ampi ed estesi (sino all’amministrazione straordinaria!) … Vanno limitati nella loro portata oggettiva … Vanno cassate clausole statutarie del tipo “il c.d.a. dispone della facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per il conseguimento dell’oggetto sociale” … E’ strategica, in tal senso, la costruzione di oggetti sociali ben delimitati … Detti poteri devono essere sottoposti al vaglio preventivo degli enti partecipanti; a tal’uopo, vanno impiantati meccanismi di riscontro preventivo sulle iniziative del c.d.a., ad esempio, da attuarsi nel rispetto di piani programmatici o singole autorizzazioni; viceversa, non soddisfano le esigenze di che trattasi, meri poteri “propulsivi” dei singoli soci sui servizi loro specificamente resi … Risulta, inoltre, opportuna la dilatazione dei poteri assembleari rispetto allo standard assicurato dal codice civile (ad esempio, allocando sull’assemblea la prerogativa di formulare indirizzi vincolanti in ordine al piano industriale, secondo maggioranze qualificate formate non solo in relazione all’entità delle quote sociali, ma anche al numero degli enti soci; ed inoltre, gli atti più significativi in ordine all’erogazione dei servizi commissionati, quale l’assunzione della carta dei servizi e degli schemi generali dei contratti di servizio; senza tralasciare l’autorizzazione all’approvazione degli atti di programmazione della società e dei più importanti atti di gestione; ed infine, il potere di adottare i provvedimenti consequenziali al riscontro delle violazioni commesse dagli amministratori e dai sindaci, magari rinforzato da congrua previsione statutaria, in forza della quale costituisca giusta causa per la revoca dell’amministratore la violazione degli obblighi relativi al controllo analogo).
Linea Guida n. 2, la dilatazione dei poteri e delle prerogative dei soci
I soci devono esercitare un’influenza effettiva e determinante sia sugli obiettivi strategici sia sulle decisioni gestionali importanti; i soci devono disporre di consistenti poteri di segnalazione e di veto, assistiti da efficacia vincolante; ad ulteriore sviluppo, non fa sicuramente male l’ideazione di poteri “bloccanti” preventivi riguardo agli specifici servizi rivolti al singolo socio … Occorre dimensionare l’architettura societaria in modo da convogliarvi armoniosamente l’eventuale dissenso manifestato sull’operato del c.d.a., che deve essere corroborato da una sorta di peso specifico a livello di efficacia vincolante (in tale prospettiva, risulta non del tutto satisfattiva una mera remissione all’assemblea dei soci, ove i più piccoli sarebbero inevitabilmente costretti a cedere) … Non va nemmeno esclusa la dilatazione delle prerogative di recesso rispetto al “pacchetto base” codicistico, configurando esplicitamente la possibilità di abbandono della società nelle ipotesi in cui vengano assunte decisioni sul servizio svolto in favore del singolo socio, rispetto alle quali questi abbia manifestato un motivato dissenso … Vanno sicuramente potenziati gli standardizzati poteri di verifica e controllo contabile; si connota, inoltre, positivamente l’affidamento a ciascun ente “affidante – servizio” di poteri propulsivi nei confronti del consiglio di amministrazione della società affidataria, che si possano concretizzare in proposte di specifiche iniziative inerenti all’esecuzione dei singoli contratti di servizio.
Linea Guida n. 3, il raccordo elettorale tra soci e consiglio di amministrazione
Deve essere configurata un’adeguata partecipazione dei singoli soci alla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione, non assumendo quale pietra miliare il metodo della consistenza azionaria; in altri termini, vanno approntati speciali meccanismi di garanzia di rappresentanza dei piccoli soci all’interno del c.d.a.
Linea Guida n. 4, la costituzione di organismi intermedi di controllo e propulsione
Devono essere forgiati strumenti di carattere parasociale, che portino alla edificazione e funzionalizzazione di appositi organismi di controllo (nella prassi, denominati “comitati di controllo analogo”, “consigli di partecipazione” o “assemblee di coordinamento e controllo”), costituiti dai rappresentanti di ciascun ente partecipante, muniti di penetranti poteri di verifica preventiva sulla gestione dell’attività ordinaria e straordinaria del soggetto “in house”, tali da rendere l’organo amministrativo deprivato di apprezzabile autonomia rispetto alle direttive delle amministrazioni partecipanti … La pregnanza di queste prerogative andrebbe assicurata attraverso un sistema informativo che consenta agli enti soci di essere costantemente informati circa l’attività della società mediante la periodica trasmissione di report di natura sia tecnica sia amministrativa sia contabile sia gestionale … Non basta, ai fini qui rilevanti, la devoluzione a tali organismi di blandi poteri di indirizzo del C.d.A., che si concretizzino in semplici proposte non vincolanti, peraltro circoscritte ai servizi resi dalla società ai singoli soci e nemmeno il conferimento di ulteriori poteri di analisi, audizione, verifica, e controllo, da esercitarsi soltanto a posteriori, su decisioni e attività già in precedenza compiute … In definitiva, l’organismo di controllo deve essere dotato di veri e propri poteri di dissenso o inibitoria (con necessità d’acquisizione del relativo nulla osta sui principali atti gestori), oltre che di elaborazione di indirizzi operativi, vincolanti per il consiglio d’amministrazione, tenuto ad adattarvi l’operato delle strutture gestionali societarie … Senza dimenticare il controllo di efficacia complessiva dei servizi affidati all’organismo societario … Si potrebbe addirittura arrivare sino al punto di attribuire a siffatti organismi la competenza ad esprimere pareri su ogni argomento posto all’ordine del giorno dell’assemblea societaria ovvero di proporre argomenti da inserire nel medesimo O.d.G.[1]
Roberto Maria Carbonara, segretario comunale
[1] Tar Piemonte, sezione I, sentenza n. 1069 del 13 giugno 2014; Consiglio di Stato, sezione V, sentenze nn. 1447 dell’8 marzo 2011, 7092 del 24 settembre 2010, 5620 del 11 agosto 2010, 5082 del 26 agosto 2009, 2675 del 30 aprile 2009 e 1365 del 9 marzo 2009; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 1514 del 3 aprile 2007.