I tumori sono una delle cause principali di morte in Italia così come nei paesi industrializzati, insieme alle malattie cardio-circolatorie.

Il cancro in generale è provocato da fattori modificabili e da fattori non modificabili. Tra i fattori modificabili rientra sicuramente sia l’alimentazione, che l’esposizione lavorativa ad agenti considerati cancerogeni. Infatti, come visto in precedenza, sono diversi i casi in cui gli operatori sanitari possono essere esposti a sostanze considerate dalla IARC[1] cancerogene.

L’alimentazione può essere usata nella prevenzione dei tumori in due modi: il primo andando ad assumere attraverso la dieta delle sostanze utili a contrastare l’effetto cancerogeno di sostanze potenzialmente presenti magari nell’ambiente di lavoro e di contrastare i processi di ossidazione ed invecchiamento cellulare; secondo evitando di ingerire alimenti che possono contenere sostanze cancerogene, che andrebbero ad aumentare la probabilità di comparsa del cancro (magari quando gli organi bersaglio sono gli stessi delle sostanze chimiche cancerogene presenti sul luogo di lavoro).

Secondo la WHO[2] (World Healt Organization) l’alimentazione ha un forte legame con la questione tumori. Infatti sono diversi gli alimenti che possono essere utilizzati per la prevenzione delle patologie tumorali. Non solo, come già detto esistono alimenti che per diversi motivi possono contenere sostanze cancerogene e quindi predisporre il consumatore al rischio tumore maligno. Nei paesi industrializzati, i fattori nutrizionali sono i responsabili del 30% circa di tutti i tumori, e si posizionano al secondo posto dei fattori di rischio modificabili, dopo il fumo di sigaretta. Modificare la dieta ci permetterebbe di ridurre l’incidenza di queste patologie il cui trend al momento è in continua crescita.

Come si nota dagli studi sono diversi i fattori che influenzano positivamente o negativamente l’incidenza dei tumori, molto importanti sono sicuramente alimentazione e attività fisica, per cui vi è certezza del ruolo che questa riveste nella prevenzione del tumore al colon e al seno.

Anche l’obesità (condizione strettamente legata all’alimentazione) risulterebbe essere un fattore determinante nella prevenzione dei tumori e secondo l’WHO per prevenire il rischio, si dovrebbe mantenere un BMI tra 18.5 e 24.9, visto che una condizione di obesità (dove avremmo un BMI superiore a 30) o di sovrappeso (con un BMI tra 25 e 29.9) può aumentare il rischio per quanto riguarda il cancro al: seno, esofago, colon retto, reni ed endometrio.

Nella tabella 1 si può vedere un grafico che unisce più studi scientifici[3] che vanno ad indicare il rischio di tumore in base ad alimenti e nutrienti o a condizioni correlate, come l’obesità.

Tab. 1 Rischio tumore ed alimentazione

Per la prevenzione del rischio cancro, a maggior ragione se si è esposti a fattori di rischio lavorativi è molto utile, oltre che mantenersi in peso forma, curare l’alimentazione in questo modo:

  • Evitare l’eccessivo consumo di bevande alcoliche, rimanendo all’interno delle dosi previste dalla WHO.
  • Seguire una dieta ricca di frutta e verdura, almeno 400-500 grammi al giorno. Questo sia per il contenuto di fibre sia per i micronutrienti come vitamine e sali minerali.
  • Evitare di assumere quantità eccessive di affettati e carni trasformate contenenti nitriti e nitrati, nonché di carne rossa.
  • Assumere un livello di fibre intorno a 40 g al giorno (questo potrebbe dimezzare il rischio di sviluppare cancro al colon e al colon retto) aumentando consumo di frutta e verdura e prodotti integrali.
  • Evitare di assumere alimenti che possano contenere sostanze chimiche considerate cancerogene, come aflatossine, ocratossine, IPA, acrilammide.

In questo ultimo punto giocano un ruolo fondamentale non solo la scelta degli alimenti, ma anche metodi di cottura e conservazione.

Infatti le micotossine si possono sviluppare a partire da muffe che si creano negli alimenti a seguito di errata e poco igienica conservazione.

Altro esempio di sostanza cancerogena presente potenzialmente negli alimenti è rappresentata dagli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici). La contaminazione alimentare da IPA può avere una duplice origine: ambientale e da tecnologia di produzione. Negli alimenti non trasformati, la presenza degli IPA è nella maggior parte dei casi dovuta a contaminazione ambientale. Tale tipologia di contaminazione deriva dall’inquinamento atmosferico (ad esempio su grano, frutta e verdure), deriva dall’inquinamento del suolo (ad esempio patate), deriva dall’inquinamento delle acque (ad esempio molluschi, pesci e crostacei). Altre sorgenti comuni di IPA, su cui l’uomo può agire in modo diretto, sono i trattamenti termici (cottura alla griglia e al forno e frittura) e alcuni processi di lavorazione. Tra questi ultimi di estrema rilevanza sono i processi d’essiccazione attraverso i fumi di combustione (ad esempio nel caso degli oli vegetali) e i processi d’affumicatura con i metodi tradizionali. Si possono quindi suddividere gli IPA provenienti da tecnologia di produzione degli alimenti in base alla loro origine, in:

  1. IPA di formazione “endogena”, ovvero si creano sulla superficie degli alimenti a causa dei procedimenti di trasformazione (alte temperature, tempi lunghi di cottura e contatto diretto con le fonti di calore). Questi comportano una pirolisi spinta di glucidi, lipidi e protidi. Secondo studi recenti, nella carne grigliata, solo il diretto contatto dell’alimento con la fiamma dà rilevanti produzioni d’IPA (sino a circa 200 µg/Kg di BaP), mentre le braci di per sé ne emettono solo piccole quantità (1-20 µg/Kg BaP);
  2. IPA di formazione “esogena”. Derivano dalla combustione del carburante: i gas ed i fumi di combustione possono venire a contatto con l’alimento, contaminandolo in superficie. È quindi importante il tipo di combustibile impiegato e le condizioni di produzione dei fumi, soprattutto nei processi d’affumicatura.

La presenza d’IPA nell’acqua potabile è generalmente trascurabile e occasionalmente riconducibile alla cessione dai rivestimenti, in catrame o bitume, delle condutture di distribuzione dell’acqua stessa. Sotto il profilo tossicologico, le osservazioni sperimentali indicano, ad oggi, che condizione necessaria, ma non sufficiente, per la cancerogenicità degli IPA è una struttura in cui vi siano almeno quattro anelli condensati.

Altra sostanza potenzialmente presente negli alimenti e cancerogena per l’uomo è l’acrilammide.

Questa è una sostanza chimica che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la cottura ad alte temperature come frittura, cottura al forno e alla griglia e anche durante i processi di trasformazione industriale a oltre 120° C e bassa umidità. Il principale processo chimico che causa ciò è noto come “reazione di Maillard” ed è la stessa reazione che rende i cibi abbrustoliti e anche più gustosi. L’acrilammide si forma a partire da alcuni zuccheri e da un aminoacido (soprattutto un aminoacido chiamato “asparagina”) che sono presenti naturalmente in molti alimenti. L’acrilammide si trova in alimenti come patatine, patate fritte a bastoncino, pane, biscotti e caffè. Fu scoperto per la prima volta negli alimenti nel 2002, ma è probabile che vi sia stato presente sin da quando è stata inventata la cottura. L’acrilammide risulta anche da molti usi industriali non alimentari ed è presente nel fumo di tabacco.

Il 4 giugno 2015 l’EFSA ha pubblicato la sua prima valutazione completa dei rischi da acrilammide negli alimenti. Gli esperti del gruppo scientifico dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) hanno ribadito le loro precedenti valutazioni in base alle quali l’acrilammide presente negli alimenti può aumentare il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori per tutte le fasce d’età.

Le prove ricavate da studi su animali mostrano che l’acrilammide e il suo metabolita, la glicidammide, sono genotossiche e cancerogene: danneggiano cioè il DNA e provocano il cancro. Le prove desunte da studi sull’uomo che l’esposizione alimentare all’acrilammide provochi il cancro sono invece limitate e poco convincenti.

Poiché l’acrilammide è presente in un’ampia gamma di alimenti comuni, l’allarme per la salute vale per tutti i consumatori, ma è l’infanzia la fascia di età più esposta, sulla base del peso corporeo. I più importanti gruppi di alimenti che contribuiscono all’esposizione all’acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate, il caffè, i biscotti, i cracker, i pani croccanti e il pane morbido.

In generale recenti studi[4] dimostrano che un ruolo importante nella prevenzione del cancro è rivestito anche dalla restrizione calorica, che attraverso adattamenti metabolici, molecolari e cellulari va a ridurre il rischio di insorgenza di cancro. Infatti un ridotto apporto calorico porta una miglior resistenza delle cellule allo stress ossidativo.

Dott. Matteo Fadenti

[1] La IARC è l’Agenzia Internazionale per la Ricerca Contro il Cancro

[2] Il concetto qui espresso è stato riportato dall’WHO in un documento intitolato: Diet, Nutrition and the prevention of chronic diseases; dove all’interno è presente un capitolo dedicato al rapporto tra alimentazione e tumori.

[3] McCullough ML and Giovannucci L. Diet and cancer prevention. Oncogene 2004;23:6349-6364

[4] AGING, August 2013, Vol. 5 No 8


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