La corretta conservazione degli alimenti dipende da diversi fattori, come l’igiene, la temperatura, il tempo ed i materiali di stoccaggio.
Il naturale deterioramento degli alimenti è dovuto all’azione di batteri, miceti e muffe presenti negli alimenti stessi o provenienti dall’ambiente esterno. In particolare gli alimenti si possono deteriorare a causa di
- Agenti fisici (temperatura elevata, luce, scarsa protezione ad agenti atmosferici)
- Reazioni biochimiche dovute ad enzimi che degradano i nutrienti (in particolare proteasi, lipasi, amilasi)
- Microrganismi in grado di alterare le qualità organolettiche e di produrre tossine e micotossine
I vari metodi di conservazione degli alimenti, fondati sulla riduzione o la distruzione della carica microbica, hanno lo scopo di prolungare il più a lungo possibile i tempi di commestibilità senza compromettere le caratteristiche nutrizionali o organolettiche.
Quello della corretta conservazione degli alimenti, può essere un grande problema sia in ambiente domestico che nelle attività pubbliche. Gestirlo correttamente non vuol dire solo prevenire l’eventuale trasmissione di tossinfezioni alimentari ma anche ridurre sprechi e spese inutili.
Oltre a saper scegliere gli alimenti bisogna mantenerli in buone condizioni prima del consumo, per cui è opportuno porre attenzione ad alcune regole per consentirne un’idonea conservazione.
Alcune regole principali relative alla conservazione degli alimenti potrebbero essere:
- Mantenere i cibi al riparo da luce, fonti di calore, polvere, insetti ed umidità e conservarli alla giusta temperatura (in particolare alcuni alimenti crudi altamente deperibili come maionese, tiramisù, creme)
- Osservare scrupolosamente le eventuali indicazioni riportate in etichetta
- Non conservare alimenti in contenitori che sono usati anche per altri scopi (attenzione ai contenitori che hanno contenuto dei prodotti chimici)
- I cibi freschi, sfusi o confezionati, che il negoziante custodisce in banchi refrigerati devono essere trasportati a casa al più presto e riposti nel frigorifero
- Verificare periodicamente il funzionamento del frigo o del congelatore
- Mantenere separati i cibi crudi da quelli cotti
Gli alimenti deperibili (carne e prodotti ittici crudi, latticini freschi, dolci alla crema, maionese, salse, brodi, ecc.) dopo l’acquisto o la preparazione non dovrebbero mai rimanere a temperatura ambiente per più di 2 ore. Pertanto devono essere o consumati subito o essere messi in frigo (eventualmente nel congelatore) o, se necessario, sottoposti a cottura e poi consumati o refrigerati. Per effettuare rapidamente queste operazioni è consigliabile suddividere le porzioni più grandi in piccole parti.
I cibi cotti e quelli crudi devono essere sempre adeguatamente separati, utilizzando superfici, contenitori ed utensili diversi (o sanificati prima del cambio d’uso) per evitare contaminazioni crociate.
Normalmente i metodi di conservazione degli alimenti maggiormente utilizzati nel campo alimentare (sia industriale che in quello domestico) sono:
- conservazione mediante elevate temperature
- conservazione mediante basse temperature
- conservazione mediante estrazione di acqua
- conservazione mediante estrazione d’aria
- conservazione mediante modificazione dell’atmosfera
- conservazione mediante metodi chimici
- conservazione mediante affumicatura
- conservazione mediante insaccamento
Ed altri metodi minori come: radiazioni alimentari, insaccamento, ecc.
Sicuramente questi metodi basati sulla temperatura o altri aspetti, devono andare pari passo con altri fondamentali punti, ovvero il tempo di conservazione (perché ogni alimento ha il suo tempo massimo di conservazione, che finché è chiuso è la data di scadenza o il TMC da aperto sono i tempi indicati dal produttore in etichetta o nel manuale HACCP dall’OSA a seguito di analisi di shelf life), l’igiene dell’ambiente e dei materiali di conservazione (perché più è pulito e sanificato è l’ambiente di stoccaggio, meno batteri e muffe si possono sviluppare e deteriorare l’alimento) e i materiali di conservazione ovvero i MOCA (che devono essere utilizzati correttamente non solo per migliorare la conservazione degli alimenti ma per evitare contaminazioni ad esempio di tipo chimico).
Conservazione mediante alte temperature – Questa conservazione può essere effettuata attraverso la cottura, la pastorizzazione, la sterilizzazione.
La cottura è un procedimento che ha come obiettivo quello di eliminare i microrganismi più pericolosi potenzialmente presenti negli alimenti e renderli più digeribili oltre che organoletticamente più appetibili. La cottura però può avere sull’alimento diversi effetti, sia negativi che positivi.
Innanzi tutto c’è da dire che esistono diverse tipologie di cottura, la lessatura, la cottura a vapore, bagnomaria, arrostitura, frittura, microonde, alla piastra ecc. Ogni cottura può rendere più o meno gustoso l’alimento ma soprattutto lo può rendere più o meno sicuro, sia dal punto di vista microbiologico che chimico.
Gli effetti positivi della cottura sono:
- sopra i 75°C uccide la maggior parte dei patogeni (non le spore o tossine termostabili)
- rende più commestibili, digeribili, appetibili, gradevoli gli alimenti
- elimina certe sostanze tossiche dagli alimenti: solanina dalle patate
- aumenta la disponibilità di alcuni nutrienti inattivando sostanze antinutrizionali (ad esempio avidina contenuta nell’albume dell’uovo)
Gli effetti negativi della cottura sono:
- Nella frittura e nella cottura alla griglia si raggiungono alte temperature e si formano sostanze cancerogene come IPA e amine eterocicliche (HA)
- Diminuisce i valori nutrizionali poiché distrugge vitamine termolabili, alcuni aminoacidi essenziali.
- Le alte temperature di cottura in alcuni alimenti (pasta, pane, patate, caffè) portano alla formazione di acrilammide, sostanza cancerogena
Tipologie – Le tipologie migliori di cottura sono:
- lessatura
- cottura a vapore
- cottura tramite pentola a pressione
Questo perché tali cotture uccidono i maggiori patogeni, senza creare troppi prodotti di scarto, senza deteriorare in modo eccessivo l’alimento e le sue proprietà organolettiche e nutrizionali.
La pastorizzazione invece è un trattamento termico impiegato specialmente per alcuni alimenti come latte, vino, birra, succhi di frutta. Ha l’obiettivo di distruggere i patogeni presenti nell’alimento, anche se non è in grado di eliminare le spore.
La pastorizzazione modifica solo in piccola parte le proprietà organolettiche e nutrizionali degli alimenti e si può distinguere in due tipologie:
– Bassa pastorizzazione (60-65°C per 30 minuti)
– alta pastorizzazione (75-85°C per 2-3 minuti)
Infine l’ultimo metodo basato sulle alte temperature è la sterilizzazione. Tale procedimento ha la capacità di distruggere tutte le forme microbiche, comprese le spore. Si effettua portando l’alimento ad elevate temperature che vanno dai 115 ai 121 °C fino addirittura ai 150°C nei procedimenti di UHT.
La sterilizzazione va a modificare le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti.
Conservazione mediante basse temperature – La normativa europea in materia di Igiene e sicurezza alimentare si pronuncia in maniera abbastanza dettagliata in merito alle temperature di mantenimento degli alimenti.
Il Regolamento CE n. 852/04, infatti, indica come le imprese alimentari che trattano prodotti alimentari deperibili debbano possedere tutte le strutture necessarie per il corretto mantenimento della “catena del freddo” dei prodotti. Per il magazzinaggio e per l’esposizione dei prodotti deperibili devono quindi possedere strutture adeguate come celle frigo e/o frezeer, e banconi espositivi refrigerati.
Questo però non basta, in quanto è necessario che i diversi prodotti alimentari vengano conservati a specifiche temperature che devono essere tenute sotto controllo, ed è per questo che le attrezzature devono essere “progettate in modo che la temperatura possa essere controllata e registrata”.
E’ importante quindi che ogni struttura sia dotata di un dispositivo della temperatura visionabile dall’esterno (display). Il monitoraggio delle temperature deve poi essere affidato ad uno dei dipendenti dell’impresa, opportunamente formato, che provvederà a controllare le temperature rilevate ad intervalli regolari durante il giorno e comunque come specificato dal piano di autocontrollo dell’azienda ed eventualmente segnalare le non conformità.
Il metodo più utilizzato è quello della refrigerazione. Tale procedimento si effettua stoccando gli alimenti in impianti frigoriferi che hanno temperature che vanno da 0 a massimo 4°C. Questa temperatura rallenta l’attività degli enzimi e la moltiplicazione dei microrganismi patogeni. A queste temperature però gli alimenti vanno conservati per tempi ristretti, e non vi è alcuna modificazione delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche degli alimenti.
Alcune delle temperature di stoccaggio, sono identificate dalla normativa, come il REG CE 853/04, il DPR 327/80 e il DPR 187/01.
Per facilitare comunque si può dire che gli alimenti in frigorifero devono stare da 0 a massimo 4°C con eccezione dei macinati che hanno una temperatura massima di stoccaggio di 2 °C ed i prodotti ittici che devono essere conservati ad una temperatura più vicina possibile allo 0°C.
Il congelamento invece è un trattamento casalingo che NON può essere effettuato in attività pubbliche (bar, ristoranti, mense ecc). Consiste nel raffreddamento graduale dell’alimento in congelatore.
Tale procedimento determina la formazione nelle cellule dell’alimento di grossi cristalli di ghiaccio che danneggiano le membrane cellulari, per cui nella fase di scongelamento dalle cellule possono fuoriuscire liquidi, con conseguente perdita di proteine, vitamine e altri nutrienti. In queste fasi inoltre può verificarsi una rapida riproduzione dei microrganismi sopravvissuti alle basse temperature.
Proprio per questa ragione una attività commerciale non può effettuare il congelamento (prendendo un alimento fresco e mettendolo in freezer) perché andrebbe a produrre una sorta di frode in commercio, essendo che l’alimento decongelato e servito non avrebbe le stesse proprietà dell’alimento fresco.
Questo problema non esiste invece con la surgelazione. Infatti con questo metodo si porta il cuore dell’alimento (con l’utilizzo di un abbattitore di temperatura) a temperature molto basse in poco tempo. Nello specifico le temperature raggiunte vanno da -20°C a -80°C in base alla potenza dell’abbattitore utilizzato.
Effettuando tale operazione, non si vanno a compromettere i valori nutrizionali dell’alimento e nemmeno le proprietà organolettiche, poiché in questo procedimento si formano piccoli cristalli che non deteriorano le cellule dell’alimento.
Bisogna prestare attenzione che le materie prime acquistate come surgelate ed utilizzate in un ristorante o in un bar vanno evidenziate nel menù, per non ingannare il consumatore.
È vietato procedere alla surgelazione o al congelamento (in ambiente domestico) di alimenti:
– con TMC o data di scadenza superate;
– non in perfetto stato di conservazione;
– ripetutamente congelati/surgelati e scongelati, a meno che questi passaggi non rappresentino fasi necessarie alla lavorazione.
Lo scongelamento rappresenta una fase molto delicata poiché, se non eseguita correttamente (per esempio a temperatura ambiente per diverse ore), può favorire la proliferazione microbica. Deve essere quindi realizzato in tempi rapidi o in tempi lunghi.
- Lo scongelamento rapido si effettua su piccole pezzature che possono essere messe a bagno in acqua, nel caso di alimenti confezionati, o scaldati in forno a microonde.
- Lo scongelamento lento si effettua su grandi pezzature che devono essere poste in frigorifero uno o due giorni prima dell’utilizzo, a seconda della dimensione del prodotto.
Nello scongelamento in fase di cottura occorre monitorare la temperatura interna del prodotto al fine di assicurare il rispetto delle condizioni di cottura idonee all’effettivo “risanamento” del prodotto.
Per alcune tipologie di prodotto (verdura per minestrone) lo scongelamento può avvenire a temperatura ambiente o direttamente in fase di cottura, rispettando le modalità indicate dal produttore.
Conservazione a temperatura ambiente – Attenzione perché anche la conservazione a temperatura ambiente ha delle regole. Gli alimenti non deperibili, stabili o stabilizzati, possono essere conservati a temperatura ambiente, preferibilmente in luogo fresco (temperatura non superiore a 20°C), asciutto, al riparo dalla luce, dalla polvere, dall’umidità, lontano da fonti di calore.
In questi prodotti per le loro caratteristiche intrinseche (ad es. bassa umidità, elevato tenore di sale o contenuto in zuccheri) o per il trattamento subito (ad es. pastorizzazione, sterilizzazione) si verifica un blocco od un forte rallentamento dello sviluppo microbico.
Tempo di conservazione – I tempi di conservazione degli alimenti “chiusi” nelle proprie confezioni originali sono definiti dal produttore e riportati in etichetta attraverso la data di scadenza o il TMC (termine minimo di conservazione).
Il TMC (indicato con la frase “consumare preferibilmente entro”) indica che le caratteristiche del prodotto rimangono inalterate fino alla data indicata, dopodiché lo si può comunque consumare ma non se ne assicura l’integrità e la stessa qualità del prodotto appena confezionato.
La scadenza vera e propria invece, indicata con la dicitura “da consumarsi entro…”, indica un termine oltre il quale il prodotto non è più microbiologicamente idoneo al consumo, termine dopo il quale il produttore non garantisce più.
In entrambi i casi le attività commerciali devono togliere dal commercio i prodotti (o non servirli) nel momento in cui la data di scadenza o il TMC sono superati.
Che sia TMC o data di scadenza, la data deve essere scritta in modo chiaro e leggibile sulla confezione, con caratteri indelebili e in una posizione facilmente individuabile dal consumatore. Essa deve indicare:
– il giorno, il mese e l’anno per i prodotti conservabili per meno di tre mesi (latte fresco, mozzarelle, yogurt, ecc.);
– solo il mese e l’anno per gli articoli conservabili per più di tre mesi ma per meno di 18;
– solo l’anno per alimenti come i pelati o le verdure in scatola conservabili per più di 18 mesi.
Per quanto riguarda invece i prodotti lavorati e non immediatamente venduti o somministrati ma destinati a una successiva rilavorazione dovrebbero avere un tempo massimo di conservazione, definito dal produttore. Nella definizione di tale tempo massimo bisogna considerare le caratteristiche del prodotto descritte di seguito:
- natura del prodotto: gli alimenti di origine animale (latte, carne fresca, formaggi freschi) sono solitamente più deperibili rispetto a quelli di origine vegetale.
- caratteristiche del prodotto: gli alimenti ricchi in grassi e oli irrancidiscono più rapidamente dei cibi magri, i prodotti ricchi in acqua resistono meno dei cibi secchi.
- condizione di conservazione: i cibi conservati a temperatura di frigorifero resistono, in genere, più a lungo di quelli conservati a temperatura ambiente.
Non solo. E’ da considerare, inoltre, che nel caso di prodotti cotti, generalmente, più rapido è il raffreddamento maggiore è la conservabilità. E che , sempre in generale, più un prodotto è manipolato, più è probabile la contaminazione, minore risulta la conservabilità. Negli alimenti congelati e surgelati, poi, gli aspetti organolettici (in particolare quelli apprezzabili al gusto) assumono grande importanza, spesso maggiore di quelli microbiologici; per esempio: pesci ricchi in grassi dovrebbero essere consumati entro 6 mesi, mentre i tagli magri di carne possono arrivare a un anno di conservazione.
Sicuramente il metodo più tutelativo per l’OSA per individuare il tempo massimo di conservazione delle materie prime non confezionate e degli alimenti è dato dall’effettuazione di analisi di shelf life, che forniscono tempi precisi in base alle caratteristiche dell’alimento.
Le tabelle – Si possono però utilizzare anche i dati riportati nella letteratura scientifica dove si possono ricavare alcuni tempi di conservazione. Ad esempio:
Tabella di conservazione degli alimenti – Stoccaggio a temperatura refrigerata da 0 a un massimo di 4 °C. – Alimenti crudi
ALIMENTO | TEMPO MASSIMO DI CONSERVAZIONE |
Ortaggi e verdure tagliate e lavate | 3 giorni |
Frutta e Verdura intera | 7 giorni |
Formaggi freschi | 2-3 giorni |
Formaggi stagionati | 14 giorni |
Carne (rossa e bianca) | 2-3 giorni |
Carne macinata | 1-2 giorni |
Pesce intero | 1-3 giorni |
Fletti di pesce | 1-2 giorni |
Burro | 6 settimane |
Pasta fresca | 3 giorni |
Panna | 5 giorni |
Latte | 2 giorni |
Pasta, risotti, lasagne | 2-3 giorni |
Pizza | 3 giorni |
Salumi affettati sfusi | 2-3 giorni |
Sughi | 2-3 giorni |
Prodotti congelati messi in frigo | 1 giorno |
Stoccaggio a temperatura refrigerata da 0 a un massimo di 4 °C. . – Alimenti sottovuoto
ALIMENTO | TEMPO MASSIMO DI CONSERVAZIONE |
Ortaggi sottovuoto | 9 giorni |
Formaggi molli sottovuoto | 10 giorni |
Formaggi duri sottovuoto | 30 giorni |
Pasta fresca sottovuoto | 15 giorni |
Dolci sottovuoto | 10 giorni |
Minestrone e passati sottovuoto | 6 giorni |
Carne cruda sottovuoto | 6 giorni |
Carne cotta sottovuoto | 10 giorni |
Pasta, risotti, lasagne sottovuoto | 6 giorni |
Filetti di pesce sottovuoto | 3 giorni |
Tabella di conservazione degli alimenti – Stoccaggio a temperature negativa -18°C
ALIMENTO | TEMPO MASSIMO DI CONSERVAZIONE |
Carne cruda taglio grosso | 3 mesi |
Carne cruda taglio piccolo | 2 mesi |
Carni macinate | 1 mese |
Ragù di carne | 2 mesi |
Pesce crudo | 1 mese |
Pesce bollito, pesce al forno | 2 mesi |
Vegetali | 3 mesi |
Macedonia di frutta | 3 mesi |
Minestrone di verdura e passati | 3 mesi |
Croissant | 3 mesi |
Pane, pizza | 1 mese |
Precotti | 3 mesi |
Pasta fresca | 1 mese |
Modalità di conservazione – Oltre alle temperature e ai tempi sono importanti le modalità. Come già riportato è fondamentale utilizzare MOCA certificati e che vadano bene per lo specifico alimento da conservare (vedi articoli sui MOCA).
I contenitori vanno poi posizionati nel giusto modo nel frigorifero. Il frigorifero infatti è un grande alleato per la conservazione dei cibi deperibili e rappresenta l’ultimo anello della cosiddetta “catena del freddo” . E’ importante assicurare la giusta temperatura di conservazione dei prodotti in tutte le fasi, dalla produzione fino a casa o fino all’attività che serve poi l’alimento al consumatore finale.
È importante tenere le confezioni sempre staccate dalla parete di fondo del frigorifero: è una zona fredda e umida dove si condensano goccioline di acqua e di brina che possono andare sull’alimento e velocizzarne il deterioramento.
Per conservare al meglio l’aroma e la freschezza degli alimenti è opportuno utilizzare come detto i MOCA più idonei.
Inoltre è molto importante riempire il frigorifero in modo corretto, sia per evitare le contaminazioni crociate sia per garantire le corrette temperature. L’aria fredda, infatti, essendo più pesante tende a scendere e quindi, la zona di frigo a minore temperatura è quella in basso subito al di sopra dei cassetti per la frutta e verdura.
Il ripiano più in basso normalmente è dedicato alle verdure. Questa è la parte a temperatura maggiore (6-10°C). Ci devono stare in questo contenitore: verdure, frutta, prodotti che necessitano di una minore refrigerazione (es. bibite).
La parte più in basso è quella dove ci sono temperature da 0 a 2°C ed è quella da dedicare a carne e pesce.
Infine la parte in alto da 2 a $°C è da dedicare a uova, latticini, yogurt, dolci a base di creme e panna, salumi.
Le uova devono essere sempre conservate in frigorifero e consumate non oltre la data indicata. I formaggi vanno protetti con un foglio di alluminio da cucina o con carta oleata e riposti in appositi contenitori chiusi. I salumi vanno lasciati nella carta per alimenti e protetti con fogli di alluminio chiusi ai bordi e riposti in contenitori ermetici o sacchetti per la congelazione ben chiusi.
È sempre buona norma conservare gli alimenti in contenitori puliti o nelle confezioni originali, perché queste riportano la scadenza e indicazioni utili per la conservazione. Anche i cibi preparati in casa devono essere conservati con cura in contenitori puliti e con coperchio. Prima di chiudere i contenitori è buona norma attendere il raffreddamento del contenuto per evitare che il vapore si condensi sul coperchio ricadendo sul cibo. Si deve evitare di riporre gli alimenti semplicemente su di un piatto: potrebbero infatti cadere gocce di liquido da un ripiano a quello sottostante.
Infine l’ultimo aspetto da considerare, per le corrette modalità di conservazione e per permettere che quanto detto fino ad ora possa essere realizzato, è molto importante l’etichettatura dei semilavorati. L’etichetta dei semilavorati deve contenere le seguenti informazioni:
- denominazione del prodotto
- data di preparazione
- data di scadenza o di ultimo consumo
- condizioni di conservazione
Possono essere adesive, stampate o scritte a mano, l’importante è che risultino leggibili, che si mantengano nel tempo e che non vadano a contaminare l’alimento.
Dott. Matteo Fadenti