La sicurezza alimentare è determinata dall’assenza/presenza di contaminanti di origine chimica, fisica e microbiologica negli alimenti e il Campylobacter rappresenta senza ombra di dubbio uno dei microrganismi che più di tutti, nell’ultimo periodo, è responsabile di patologie trasmesse attraverso i prodotti contaminati.

Il Campylobacter è un batterio appartenente alla famiglia Campylobacteraceae. È un microrganismo microaerofilo, termofilo, di forma spirillata gram negativo, flagellato e ciliato (quindi mobile). È un batterio termo-sensibile (sensibile all’essiccazione). È relativamente fragile e sensibile agli stress ambientali, sopravvive male a temperatura ambiente ma a basse temperature (intorno ai 4°C) resiste meglio che a temperatura ambiente. Viene eliminato con cottura sopra i 60°C.

Il Campylobacter jejuni e il C. coli rappresentano i microrganismi responsabili della maggior parte delle diarree da Campylobacter nell’uomo. I biotipi ed i sierotipi sono numerosi, anche il C. laridis, ed il C. fetus sono stati associati a forme diarroiche. Il genere Campylobacter appartiene al phylum Proteobacteria (batteri purpurei e correlati), alla classe degli Epsilonbatteri e, all’interno di questa, alla famiglia delle Campylobacteriaceae (in cui si trovano anche i generi Sulforospirillum e Arcobacter) dell’ordine Campylobacterales (in cui si trova anche il famoso Helicobacter pylori, responsabile dell’ulcera). Attualmente nel genere Campylobacter risultano comprese 18 specie, secondo il NCBI Taxonomy Database.

I batteri appartenenti al genere Campylobacter causano svariate manifestazioni cliniche, le più comuni sono le malattie diarroiche acute. Sono possibili infezioni in ogni organo o apparato, specialmente nei soggetti immunocompromessi. Diverse specie di Campylobacter si ritrovano nel tratto gastrointestinale di molti animali da allevamento (pollame, bovini, pecore e suini) e da compagnia (uccelli, cani e gatti). Questi microrganismi, tuttavia, non causano generalmente malattia nei loro ospiti animali. A volte si trova anche in acqua non clorata. Sembra che almeno in Europa e USA gli individui sani non siano portatori.

La principale patologia provocata dal microrganismo in questione è definita: Campylobatteriosi. Questa è una malattia infettiva descritta per la prima volta negli anni Cinquanta come rara batteriemia nelle persone immuno-compromesse, nel 1972 è stata individuata come causa di malattie diarroiche. La maggior parte delle infezioni (circa il 90%) è provocata dalle specie C. jejuni e C. coli, mentre meno frequenti sono quelle causate dalle specie C. lari, C. fetus e C. upsaliensis.

La campylobatteriosi è una delle malattie batteriche gastrointestinali più diffuse al mondo e il suo tasso di incidenza ha superato in alcuni Paesi europei quello relativo alle salmonellosi non tifoidee. La sua diffusione negli ultimi dieci anni ha, infatti, registrato un incremento e rappresenta un problema di salute pubblica di impatto socio-economico considerevole.

Nella maggior parte dei casi la trasmissione dell’infezione all’uomo avviene tramite prodotti alimentari crudi o poco cotti, o tramite contatto diretto con animali infetti. Nei Paesi industrializzati la modalità più comune di acquisizione dell’infezione è rappresentata dall’ingestione di pollame contaminato non cotto a sufficienza (dal 50 al 70% dei casi); altre modalità di trasmissione sono rappresentate dall’ingestione di latte non pastorizzato o di acqua non potabile e dal contatto con animali domestici infetti. Spesso l’infezione si acquisisce durante viaggi nei Paesi in via di sviluppo e solo occasionalmente tramite contatto con feci di persone infette.

Le infezioni si registrano in tutto il corso dell’anno, anche se l’incidenza aumenta durante l’estate ed agli inizi dell’autunno. Vengono interessati soggetti di tutte le età. Clinicamente si può osservare febbre (tipo tifoide), artrite reattiva e, di rado, convulsioni febbrili, sindrome di Guillain-Barré e meningite. Alcuni casi simulano il quadro dell’appendicite acuta. Molte infezioni decorrono in forma asintomatica.

Il periodo di incubazione varia 2 a 5 giorni, con un range di 1-10 giorni, in relazione alla quantità di microrganismi ingeriti. Spesso vi è una fase prodromica caratterizzata da febbre, malessere, dolori muscolari e cefalea; i sintomi più comuni della fase intestinale, che si manifesta da 12 a 48 ore dopo l’insorgenza dei prodromi, sono rappresentati da diarrea, dolori crampiformi addominali e febbre.

L’intensità della diarrea varia da diverse scariche di feci liquide sino a feci francamente ematiche; la maggior parte dei pazienti che si rivolge al medico accusa più di 10 scariche al giorno. Tali manifestazioni sono generalmente a risoluzione spontanea; tuttavia i sintomi persistono per più di una settimana nel 10-20% dei casi, e si possono verificare recidive nel 5-10% dei soggetti non trattati.

Episodi epidemici di infezione da Campylobacter sono stati associati prevalentemente al consumo di acqua o latte contaminati, alimenti a rischio consumati crudi (oltre che ovviamente alla carne di pollo).

La trasmissione del Campylobacter attraverso il latte può essere facilmente controllata tramite la pastorizzazione e quella attraverso l’acqua con un sicuro sistema di potabilizzazione. Carni di maiale e di ruminanti sono generalmente considerate a basso rischio, tuttavia le frattaglie crude di questi animali sono a rischio piuttosto elevato di trasmissione. Inoltre anche frutta e verdura potrebbero venir contaminati dal microrganismo.

Questa malattia è diffusa in tutte le parti del mondo (rappresenta il 5%-l4% dei casi di diarrea) colpisce soggetti di tutte le età, con una maggiore incidenza nei bambini. I Campylobacter sono un’importante causa di “diarrea del viaggiatore”. La fonte di infezione nei casi epidemici è rappresentata sostanzialmente dal cibo, soprattutto pollo poco cotto, latte non pastorizzato e acqua non clorata. Le epidemie si verificano in primavera e autunno, mentre i casi, nelle zone a clima temperato aumentano nei mesi più caldi.

In Italia

Nel 2006, 476 isolamenti di Campylobacter da campioni clinici umani sono stati segnalati dai laboratori della rete Enter-net. Nel 73,9% dei casi i laboratori hanno effettuato l’identificazione di specie e C. jejuni è risultata la specie più frequentemente isolata. Il 35,5% dei ceppi sono stati isolati da pazienti in età pediatrica al di sotto dei 6 anni, soprattutto nei mesi estivi. La presenza di ceppi resistenti agli antimicrobici è elevata in particolare per chinoloni e fluorochinoloni.

In Europa

I casi di campylobatteriosi registrati negli ultimi anni in Europa sono circa 150 mila all’anno, ma si pensa che il loro numero sia notevolmente sottostimato, poiché non tutti i casi vengono diagnosticati in laboratorio. L’incidenza della malattia dipende da diversi fattori: le diverse aree geografiche, le stagioni, il clima, le modalità di consumo del cibo, il consumo di acqua non potabile, i sistemi di produzione alimentare e il grado di controllo delle condizioni igieniche in generale. Nel Nord Europa la campylobattteriosi ha una forte stagionalità il cui picco viene raggiunto d’estate.

Secondo la relazione annuale dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) relativa al 2005, i casi di infezioni da Campylobacter sono aumentati del 7,8% rispetto al 2004, superando le salmonellosi. Il tasso d’incidenza delle campylobatteriosi è molto variabile a seconda del Paese considerato, ma è stato stimato essere pari a circa 51,6 ogni 100 mila persone, per un totale di 197.363 infezioni documentate. Nonostante il generale incremento della diffusione del Campylobacter spp, nel 2005 si osserva un decremento delle infezioni in Austria, Danimarca, Francia, Ungheria, Lituania e Spagna.

Di fatto, gran parte della carne cruda di pollo è contaminata con questo batterio. Tuttavia, per varie ragioni non del tutto note, i principali vettori sono il pollo crudo o poco cotto, in quanto molti polli sani portano questo batterio nel tratto intestinale. In uno studio recente (2003), il 42% dei polli testati negli USA erano contaminati da Campylobacter, su un campione di 600 polli. In ogni caso, una cottura completa del pollo (o di altri alimenti contaminati) elimina completamente il microrganismo. La trasmissione da persona a persona è invece rara.

Come sempre nella sicurezza alimentare, ruolo chiave è rappresentato dalla prevenzione al problema. Il pollame rappresenta uno dei principali serbatoi delle diverse specie di Campylobacter. In Europa la quota di pollai risultati positivi alle indagini microbiologiche effettuate è variabile da Paese a Paese e, precisamente, da un minimo del 5% a un massimo del 90%.

Le conoscenze sulle vie di contaminazione del pollo sono ancora incomplete, ma i fattori maggiormente correlati alla diffusione del Campylobacter sono il livello di biosicurezza, la stagione, l’età del pollame, le modalità di somministrazione dei mangimi, i trasferimenti dei capi da un allevamento a un altro, le condizioni di trasporto del pollame, l’acqua e i medicinali somministrati agli animali.

La contaminazione della carne avviene durante la macellazione, attraverso il contatto con il materiale fecale o tramite il contenuto intestinale degli animali in macellazione. Il lavaggio della carne dopo la macellazione riduce il rischio di contaminazione, così come il congelamento dei prodotti alimentari. Misure di controllo in tutti i settori della catena alimentare, dalla produzione alla preparazione domestica del cibo, contribuiscono a ridurre il rischio di infezione. L’unico metodo efficace per eliminare il Camplylobacter dai cibi contaminati è quello di introdurre un trattamento battericida come il riscaldamento (cottura o pastorizzazione) o l’irradiazione (raggi gamma).

Inoltre è molto utile:

  • Cuocere in maniera adeguata tutti gli alimenti derivati da fonte animale, in particolare il pollame.
  • Evitare di contaminare nuovamente gli alimenti dopo la cottura (contaminazioni crociate).
  • Applicare misure igieniche negli allevamenti di polli e nelle fattorie (pulizia, disinfezione, cambio di calzari e abiti) in modo da prevenire la diffusione dell’infezione.
  • Il riconoscimento e il controllo dell’infezione da Campylobacter tra gli animali domestici e tra i cuccioli in particolare sono da considerare importanti strumenti di prevenzione.
  • Eseguire un accurato lavaggio delle mani dopo ogni contatto con animali, materiale o alimenti potenzialmente infetti.

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