Gli effetti della ‘riforma Cartabia sulle attività di polizia giudiziaria

D.Lgs. 10 ottobre 2022, n.150


Il decreto legislativo  n.150/2022 (cd. Riforma Cartabia), come modificato dall’art.6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n.162, ha introdotto significative novità che incidono, tra l’altro, sugli adempimenti richiesti alla polizia giudiziaria e più in generale alle articolazioni delle Forze di Polizia, anche per quanto concerne i profili inerenti il processo penale, le notificazioni degli atti e il regime sanzionatorio.

Il provvedimento, costituito da 99 articoli, modifica il sistema penale sostanziale (artt.1-3) e soprattutto processuale (artt.4-40), con interventi che attengono alle diverse fasi (indagini preliminari, dibattimento, riti alternativi, giudizi di impugnazione) fino all’esecuzione penale.

Un nutrito insieme di disposizioni transitorie e finali riguarda il regime di procedibilità dei reati, e le notificazioni al querelante, il processo penale telematico, il processo in assenza, e la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato (artt. 85-97).

Di analogo rilievo sono gli interventi sulla disciplina delle pene sostitutive delle pene detentive brevi e delle pene pecuniarie, nonché della giustizia riparativa (artt.42-67).

Numerosi interventi hanno significativi effetti discendenti sull’operato e sull’attività della polizia giudiziaria.

L’ampliamento della procedibilità a querela di parte

Il legislatore della delega ha disposto, agli artt.2 e 3 del d.lgs. n.150 del 2022, l’ampliamento delle ipotesi di reati procedibili a querela ricompresi nel Libro II e III del codice penale, con particolare riferimento ad alcuni delitti contro la persona e contro il patrimonio, ma anche per due contravvenzioni poste a tutela di beni personali e non collettivi (artt.659 e 660 c.p.).

Tra i delitti contro il patrimonio trasformati a querela di parte, si annoverano, ad esempio, molte ipotesi aggravate del reato di furto, finora procedibili d’ufficio, tra le quali quelle circostanziate ex art.61 n.7 c.p. ovvero quelle ex art.625, nn.2 e 7, quest’ultimo limitatamente del fatto commesso su cose esposte alla pubblica fede, ovvero ex art.625 n.2 c.p. (ipotesi molto frequente nella prassi).

Tra i delitti contro la persona, si annovera esemplificativamente il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art.590-bis co.1 c.p., nell’ipotesi-base non aggravata) e quello di lesioni personali (art.582 c.p.), che viene ora definitivamente “svincolato” dalla durata della malattia non superiore ai venti giorni (c.d. lesioni lievissime), con conseguente procedibilità a querela anche delle c.d. lesioni lievi (malattia compresa tra 21 e 40 giorni).

L’intervento, limitato a ipotesi che presentano un disvalore ridotto, incentiva condotte riparatorie o risarcitorie, che favoriscono la remissione della querela o l’estinzione del reato per condotte riparatorie, ai sensi dell’art.162 ter c.p. Trattandosi di fattispecie di frequente contestazione, l’effetto deflattivo sul carico giudiziario parrebbe significativo..

Di fatto, risultano modificati i seguenti articoli del codice penale: 582, 590-bis, 605, 610, 612, 614, 624, 634, 635, 640, 640-ter, 649-bis, 659, 660 .

Delitti a querela Diventano procedibili a querela di parte:

1) le lesioni personali, salvo che ricorra taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, n.11-octies), 583 e 585 (ad eccezione di quelle contro ascendente o discendente, coniuge o unito civilmente, anche separati o divorziati, convivente, fratello, sorella, padre e madre adottivi, figli adottivi o affini in linea retta, che sono a querela), ovvero salvo che la malattia abbia una durata superiore a venti giorni e la persona offesa sia soggetto incapace, per età o per infermità;

2) le lesioni personali stradali gravi o gravissime, ad eccezione dei casi in cui ricorre una delle circostanze aggravanti previste dall’art.590-bis c.p.;

3) il sequestro di persona, salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità. La dimensione personale del bene giuridico tutelato ha qui suggerito di prevedere la procedibilità a querela rispetto a ipotesi non aggravate che – come manifesta il basso limite minimo edittale della pena detentiva comminata (sei mesi) – possono presentare nella prassi, e non di rado presentano, una ridotta offensività. È questo ad esempio il caso in cui si tratti di limitazioni della libertà di durata assai breve. La giurisprudenza ritiene, infatti, configurabile il delitto di sequestro di persona anche in ipotesi in cui la privazione della libertà personale è durata pochi minuti (cfr. ad es. Cass. pen., sez.II, 10 febbraio 2022, n.12886: persona chiusa sul balcone di casa sua per dieci minuti; Cass. pen., sez.V, 14 novembre 2019, n.4455: persona sospettata di furto in uno stabilimento e chiusa in uno stanzino per dieci in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine; Cass. pen. sez.I, 8 aprile 2009, n.18186: madre chiusa in casa dal figlio per venti minuti). In simili casi il fatto può presentare un disvalore assai ridotto o essere comunque oggetto di condotte riparatorie o risarcitorie, che favoriscano la remissione della querela o l’estinzione del reato ai sensi dell’art.162 ter c.p.;

4) la violenza privata, ad eccezione dei fatti aggravati ai sensi del secondo comma dell’art.610 c.p. ovvero commessi ai danni di persona incapace, per età o per infermità. La procedibilità a querela per il delitto di violenza privata è ritenuta coerente con la natura personale del bene giuridico tutelato ed è suggerita dalla circostanza che, come risulta nella prassi ed è ancor prima testimoniato dal ridotto minimo edittale della pena detentiva (15 giorni di reclusione, ex art.23 c.p.), il fatto può presentare un disvalore assai ridotto (come ad esempio nel ricorrente caso giurisprudenziale di chi, parcheggiando impropriamente l’auto, impedisca il passaggio di auto o pedoni in aree pubbliche o condominiali) o essere comunque oggetto di condotte riparatorie o risarcitorie;

5) la minaccia, salvo che sia fatta in uno dei modi indicati nell’art.339 c.p., o sia grave e ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale diverse dalla recidiva, o la persona offesa sia incapace, per età o per infermità. Va ricordato, tuttavia, che un’ulteriore ipotesi di procedibilità d’ufficio è prevista nell’art.623-ter c.p., inserito dall’art.7 del d.lgs. 10 aprile 2018 n.36, per l’ipotesi in cui la minaccia sia grave (art.612, co.2 c.p.) e ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale. Tale ipotesi può verificarsi con frequenza, per la numerosità delle aggravanti a effetto speciale previste nell’ordinamento, nelle quali la giurisprudenza inquadra anche la recidiva, nelle ipotesi di cui all’art.99, co.2-4 (Cass. pen., sez.un. 24 settembre 2020, n.3585). Per realizzare un significativo ampliamento della sfera della procedibilità a querela della minaccia, si è ritenuto opportuno escludere che la recidiva possa determinare la procedibilità d’ufficio del delitto di minaccia. L’intervento è stato realizzato modificando il terzo comma dell’art.612 c.p. e l’art.623-ter c.p., nel quale viene meno il riferimento all’art.612 c.p.;

6) la violazione di domicilio, salvo che il fatto sia commesso con violenza alle persone, o il colpevole sia palesemente armato o il fatto sia commesso con violenza sulle cose ma nei confronti di persona incapace, per età o per infermità. Il fatto commesso con violenza sulle cose nei confronti di persona capace è ora perseguibile solo a querela di parte: si tratta, nella prassi, di un’ipotesi che spesso ricorre, essendo configurabile, come riconosce la giurisprudenza quando – come nel caso del danneggiamento di una serratura, di una porta o di una finestra – la violenza sulle cose rappresenta il mezzo per introdursi (o trattenersi) nel domicilio altrui. La condotta presenta indubbiamente una minore offensività e disvalore rispetto a quelle realizzate con violenza alla persona o con armi; il che rende ragionevole limitare a queste ultime il regime di procedibilità d’ufficio. Mancando una condotta violenta diretta verso la persona, anche attraverso l’intimidazione connessa all’uso di armi, è parso ragionevole rimettere la procedibilità all’iniziativa della persona offesa;

7) il furto, salvo che la persona offesa sia incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorra taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7 – salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede – e 7-bis) ovvero nel caso di furto di componenti metalliche di infrastrutture per l’energia o il servizio di trasporto o telecomunicazioni, gestite da soggetti pubblici o concessionari pubblici. La procedibilità a querela è stata, così, prevista anche nel caso del danno di rilevante gravità (art.61 n.7 c.p.), poiché nulla impedisce che anche tale danno possa essere risarcito o riparato, con conseguente remissione della querela ed estinzione del reato, anche ai sensi dell’art.162 ter c.p.. Di contro, la procedibilità d’ufficio è rimasta in relazione alle ipotesi connotate dal maggior disvalore penale del fatto che arreca offesa al patrimonio pubblico, come nel caso delle cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza (art.625 n.7 c.p.); ovvero se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (art.625 n.7 bis c.p.). Una dimensione pubblicistica dell’oggetto materiale della condotta e dell’offesa patrimoniale non è necessariamente propria della mera esposizione della res alla pubblica fede – situazione per la quale si prevede la procedibilità a querela: basti pensare al caso da manuale, ricorrente nella prassi, del furto di una bicicletta lasciata nella pubblica via;

8) la turbativa violenta del possesso di cose immobili, salvo che la persona offesa sia incapace, per età o per infermità. Si tratta di un delitto già punito meno severamente di quello previsto dal precedente art.633 c.p., che nell’ipotesi base è procedibile a querela;

9) il danneggiamento, ad eccezione del fatto commesso in occasione del delitto di interruzione di pubblico servizio o ai danni di persona incapace, per età o per infermità. Di fatto, mentre nel primo comma viene in rilievo un’offesa di natura spiccatamente patrimoniale e privatistica, oltre che personale (violenza/minaccia), nei successivi commi dell’art.635 c.p. spiccano ipotesi di danneggiamento di beni pubblici o, comunque, di interesse o utilità pubblica: di qui l’opportunità di conservare la procedibilità d’ufficio in tali casi. La procedibilità d’ufficio resta altresì ferma, nei casi previsti dal primo comma, quando la persona offesa è incapace per età o per infermità, nonché nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso in occasione del delitto previsto dall’art.331 c.p. (interruzione di un pubblico servizio). In tale ultima ipotesi il fatto di reato si colloca nel contesto di una dimensione pubblicistica che giustifica la procedibilità d’ufficio, prevista anche per il concorrente delitto di interruzione di pubblico servizio;

10) la truffa, purché non aggravata ai sensi del secondo comma dell’art.640 c.p.. La procedibilità a querela di parte anche quando il danno patrimoniale cagionato è di rilevante gravità è coerente con quella parallelamente inserita in tema di furto (art.624, ult. co. c.p.): invero, la rilevante gravità del danno patrimoniale non preclude la possibilità di un integrale risarcimento, consentendo la definizione anticipata del procedimento penale attraverso la remissione della querela o l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 162 ter c.p., istituto che conseguentemente vede ampliata la propria sfera applicativa, con auspicabili effetti di deflazione processuale.

11) la frode informatica, salvo non ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma, o vi sia approfittamento di circostanze della persona, anche in riferimento all’età, che ostacolano la difesa;

12) il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art.659 c.p.), salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, o sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità. La procedibilità a querela è riferita alle sole ipotesi, previste dal primo comma, in cui la contravvenzione costituisce un reato contro la persona, essendo l’offesa diretta verso “le persone” e, in particolari, verso beni personali facenti capo a individui determinati: le loro occupazioni (intellettuali o manuali) e il loro riposo (ad esempio nelle ore notturne). La scelta di rendere procedibile a querela una contravvenzione è innovativa, nel sistema italiano, essendo le contravvenzioni sempre procedibili d’ufficio (cfr. l’art.11 disp.att. c.p.). Senonché la procedibilità a querela delle contravvenzioni è frutto di una scelta del legislatore ordinario e può subire eccezioni, non essendo imposta da principi costituzionali o di sistema. La disciplina sostanziale e processuale della querela – si osserva nella relazione introduttiva – è compatibile con la procedibilità a querela delle contravvenzioni. L’art.120 co.1 c.p., in particolare, stabilisce che ha diritto di querela ogni persona offesa da un “reato” – non, si noti, da un delitto, per cui non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza”;

13) la molestia o disturbo alle persone (art.660 c.p.), ad eccezione di quando il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.

La disciplina transitoriaL’art.85 prevede una disciplina transitoria relativa alla possibilità di proporre querela da parte della persona offesa dei reati che rientrano nel catalogo di quelli sottratti all’ambito della procedibilità d’ufficio, stabilendo che, nel caso non sia ancora incardinato un procedimento penale, il termine trimestrale per proporre querela decorre dall’entrata in vigore della riforma, ovvero dalla data del 31 dicembre 2022; invece, nel caso sia già incardinato un procedimento penale relativo ad un reato originariamente perseguibile d’ufficio, la persona offesa deve essere informata dall’autorità giudiziaria della facoltà di esercitare il proprio diritto di querela, con decorrenza del termine trimestrale dalla data in cui la stessa è stata informata.

Si rammenta che la querela può essere proposta dalla persona offesa al p.m., all’ufficiale di p.g. e, nei casi espressamente previsti, dalla legge all’agente di p.g..

Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l’arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà.

È valida la querela ricevuta da un agente, anziché da un ufficiale di polizia giudiziaria come previsto dall’art.333 co.2, c.p.p., richiamato dall’art.337 co.1, c.p.p., purché la presentazione della stessa sia effettuata da un soggetto regolarmente identificato presso un ufficio sottoposto al comando di un ufficiale di polizia giudiziaria che proceda all’inoltro dell’atto all’autorità competente (Cass. pen, sez. fer., 10 agosto 2017, n.39592).

Le altre tipologie di lesioni – Le lesioni personali in danno di ascendenti e discendenti anche per effetto di adozione di minorenne, coniuge anche legalmente separato, altra parte dell’unione civile, o persona stabilmente convivente con il colpevole o ad essa legata da relazione affettiva, sebbene perseguibili a querela, dopo la sentenza della Consulta n.236 del 7 novembre 2018 non sono più di competenza del giudice di pace ma del tribunale monocratico.

Perseguibili a querela sono anche le lesioni ad opera del coniuge divorziato, di altra parte di una unione civile ove cessata, di persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate fratello, sorella, adottante o adottato ex titolo VIII c.c., affini in linea retta, padre adottivo, madre adottiva, figlio adottivo.

In entrambi i casi l’arresto in flagranza è eseguibile se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente sul posto.

Reati perseguibili d’ufficio – Restano, invece, procedibili d’ufficio (con facoltatività di arresto in flagranza):

  • le lesioni in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività.
  • le lesioni personali gravi: 1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2) se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo;
  • le lesioni personali gravissime, ossia se dal fatto deriva: 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
  • le lesioni personali lievi e non lievissime ex582 c.p. se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace per età o persona incapace per infermità;
  • le lesioni ex art.585 c.p. procurate con armi, anche improprie, sostanze corrosive, commesse da persone riunite, da persona travisata, ovvero commesse con uso materie esplodenti, gas asfissianti o accecanti;
  • le lesioni ex art.576 c.p.: 1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2 dell’articolo 61 (eseguirne o occultare altro o conseguire profitto); 2) contro l’ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 (motivi abietti o futili) e 4 dell’articolo 61 (sevizie o crudeltà verso persona) o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione; 3) dal latitante, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza; 4) dall’associato per delinquere, per sottrarsi all’arresto, alla cattura o alla carcerazione; 5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies; 5.1) dall’autore del delitto previsto dall’art.612-bis nei confronti della stessa persona offesa; 5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
  • le lesioni ex art. 577 c.p.: col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso; con premeditazione; col concorso di taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 (motivi abietti o futili) e 4 (sevizie o crudeltà verso persona) dell’art.61 c.p..

Effetti sulle competenza del giudice di pace

Le competenze del giudice di pace di cui all’art.4 del d.lgs. n.24 del 2000 variano con particolare riferimento alle lesioni personali, comprendendo i delitti consumati o tentati previsti dagli artt.581 e 582 c.p., limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall’art.577 co.2 c.p., ovvero contro il convivente.

La condanna comminata dal giudice di pace può sostanziarsi in una pena pecuniaria, nella  permanenza domiciliare (rimanere presso l’abitazione sabato e domenica o su richiesta del condannato continuativamente o altri giorni della settimana) e nel lavoro di pubblica utilità (ma solo su richiesta del condannato, per prestazione di attività non retribuita a favore della collettività)

Quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell’arresto si applica la pena pecuniaria da euro 516 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da 15 a 45 gg. o il lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a 6 mesi.

L‘arresto facoltativo in flagranza, consentito dalla lettera f) dell’art.381 c.p.p. anche in caso di lesione personale di cui all’art.582 c.p., non è ammesso per i reati giudicati dal giudice di pace.

Particolare tenuità del fatto

Con la modifica dell’art.131-bis c.p. ad opera dell’art.1 comma 1 lett. c) d. lgs. n.150 del 2022 si tende ad ampliare l’ambito di operatività dell’istituto dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in ottica di deflazione del sistema penale.

La norma si applica a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni, senza più riferimento alcuno al limite massimo di pena, con la conseguente operatività della causa di esclusione della punibilità anche per reati con pena edittale massima superiore a cinque anni di reclusione.

Nel più ampio novero di fattispecie rientrano, ad esempio, il delitto di falso di cui all’art.495 c.p., la rapina tentata di cui al co.1 dell’art.628 c.p., il furto nelle ipotesi aggravate di cui all’art.625 co.1 c.p.

Reati con offesa di non speciale tenuità –  Tuttavia, come prevede il comma 4 dell’art.131-bis, in relazione a determinati reati l’offesa non potrà mai essere considerata di speciale tenuità.

Si tratta delle seguenti categorie di reati:

a) delitti puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, quando sono commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;

b) delitti di violenza e minaccia al pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio a pubblico ufficiale (quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni), nonché per il delitto di oltraggio a magistrato in udienza;

c) la maggior parte dei delitti, consumati o tentati, contro la Pubblica amministrazione, segnatamente, il peculato di cui al primo comma dell’art.314 c.p., la concussione, le varie fattispecie di corruzione e l’indebita induzione a dare o promettere utilità;

d) incendio colposo e incendio boschivo;

e) costrizione o induzione al matrimonio;

f) lesioni personali nelle ipotesi aggravate:

– di cui agli artt.576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1 (quindi nei casi di lesioni commesse in occasione dei delitti di cui all’art.612-bis, 572, 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p.);

– di cui all’art.577, primo comma, numero 1, e secondo comma (quindi nei casi di lesioni ai danni di ascendente, discendente, coniuge – separato o divorziato – persona stabilmente convivente o legata al colpevole da relazione affettiva, fratello o sorella, affine in linea retta);

– di cui all’art.583, secondo comma (lesioni personali gravissime);

g) altri reati contro la persona quali pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, interruzione colposa di gravidanza, prostituzione minorile, pornografia minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minore, corruzione di minorenne, adescamento di minori, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, tortura;

h) alcuni reati contro il patrimonio tra cui rapina nelle sole ipotesi aggravate di cui all’art.628, terzo comma, estorsione, usura, riciclaggio e impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita;

i) delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 19 co.5 della legge 22 maggio 1978, n.194 (interruzione volontaria di gravidanza effettuata al di fuori delle ipotesi previste dalla legge);

l) reati in materia di sostanze stupefacenti di cui al D.P.R. n.309 del 1990, fatta eccezione per le ipotesi di lieve entità di cui all’art.73 co.5;

m) reati di abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato (artt.184 e 185 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58).

La valutazione della speciale tenuità dell’offesa ricomprende anche la “condotta susseguente al reato”  (art.131 bis c.p. co.2), ragion per cui il giudice potrà valorizzare le condotte risarcitorie o riparatorie poste in essere successivamente al fatto di reato

La norma è formalmente applicabile – a seguito della modifica introdotta dall’art.6 d.l. 31 ottobre 2022 n.162 che ha posticipato l’entrata in vigore della riforma introducendo il nuovo art.99-bis – a partire dal 30 dicembre 2022, sebbene la dottrina, facendo leva sul principio della legge più favorevole rispetto alla vecchia formulazione, ritiene trovare applicazione anche nel periodo di vacatio legis, ossia a partire dal 2 novembre 2022. Tale opzione interpretativa si fonda sull’assunto secondo cui la ratio di garanzia della conoscibilità della legge penale, connessa al termine di vacatio legis, è un indispensabile presupposto per l’applicazione di norme penali sfavorevoli, non anche di norme penali favorevoli all’agente.

In ogni caso, il nuovo art.131-bis c.p. è applicabile anche ai fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della riforma, in ossequio alla regola generale di cui all’art.2, comma 4, c.p., proprio perché si tratta di norma più favorevole rispetto a quella previgente.

Le notificazioni penali

La riforma prevede una disciplina organica delle notificazioni.

L’art.10 del d. lgs. n.150 del 2022 apporta diverse modifiche alla disciplina previgente, con l’obiettivo dichiarato di “snellire e rendere più celeri i relativi adempimenti, ridurre le incombenze a carico degli uffici giudiziari e incrementare l’efficienza processuale, assicurando al contempo l’effettiva conoscenza da parte del destinatario delle stesse notifiche”

Sono stati riscritti, in tutto o in parte, gli artt.148, 149, 152, 152, 153, 154, 155, 156, 157, 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 167, 168, 169, 170 e 171. All’abrogazione degli artt.150, 151 e 158 si accompagna l’introduzione degli artt.153-bis, 157-bis e 157-ter.

L’art.148 (Organi e forme delle notificazioni) fissa, come regola generale, la notifica degli atti del procedimento penale con modalità telematica, previa disponibilità da parte del destinatario di un “domicilio digitale”. E’ essenziale che le modalità telematiche assicurino la identità del mittente e del destinatario, l’immodificabilità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione.

Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (PEC) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’art.1 co.1, lettera n-ter del CAD.

Tuttavia, la relazione illustrativa invita a tenere conto anche di una importante norma specifica processuale, l’art.16-ter d.l. n.179 del 2012, che – in linea con il CAD (che vale per il processo civile, penale, amministrativo, contabile e anche per la materia stragiudiziale) – specifica come le notifiche nel processo debbano essere realizzate al domicilio digitale del destinatario reperito presso i pubblici elenchi. Del resto, il CAD all’art.2 comma 5 prevede che “le disposizioni del presente Codice si applicano […] al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico”.

Per potersi ritenere idoneo ai fini delle notificazioni processuali, il domicilio digitale deve – necessariamente – essere censito in uno dei pubblici elenchi che attualmente sono:

– per professionisti e imprese, INI-PEC (art.6-bis del CAD, richiamato dall’art.16-ter del d.l. n.179 del 2012);

– per le imprese, il Registro delle imprese (che confluisce comunque nell’INI-PEC);

– per gli utenti abilitati esterni al processo telematico, il REGINDE (gestito da Giustizia);

– per le PA, il Registro delle PA (art.16 co.12 d.l. 179/2012), nonché l’Indice delle PA, previsto dall’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82 (in virtù delle modifiche introdotte dall’art.28 del d.l. n.76 del 16 luglio 2020 che ha modificato l’art.16 del d.l. n.179 del 2012).

Per i comuni cittadini, il CAD prevede ora l’INAD, gestito dall’AGID, ovvero l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (art.6-quater). Le linee guida relative all’INAD sono state rilasciate dall’AGID a settembre 2021 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n.172 del 25 luglio 2022.

L’INAD, ai sensi del citato art.6-quater del CAD, è realizzato e gestito dall’AgID che vi provvede avvalendosi di InfoCamere S.c.p.A. quale struttura informatica delle Camere di commercio già deputata alla gestione dell’indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese di cui all’articolo 6-bis del CAD (INI-PEC).

Il comma primo dell’art.148 statuisce testualmente:

Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni degli atti sono eseguite, a cura della segreteria o della cancelleria, con modalità telematiche che, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, assicurano la identità del mittente e del destinatario, l’integrità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione”.

Se il destinatario non dispone di tale domicilio, tornano a operare le altre modalità previste dalla legge (notifica a mani, a mezzo posta, ecc.), che assumono, quindi, carattere sussidiario.

Ciò è previsto dal nuovo co.4 dell’art.148, il quale recita che “in tutti i casi in cui, per espressa previsione di legge, per l’assenza o l’inidoneità di un domicilio digitale del destinatario o per la sussistenza di impedimenti tecnici, non è possibile procedere con le modalità indicate al comma 1, e non è stata effettuata la notificazione con le forme previste nei commi 2 e 3, la notificazione disposta dall’autorità giudiziaria è eseguita dagli organi e con le forme stabilite nei commi seguenti e negli ulteriori articoli del presente titolo”.

Nelle ulteriori disposizioni il legislatore, come nella vecchia disciplina, mantiene la distinzione fra situazione dell’imputato che abbia dichiarato / eletto domicilio e quella dell’imputato che non abbia mai dichiarato/eletto domicilio.

Viene, invece, introdotta una disciplina diversificata a seconda che la notifica abbia a oggetto atti introduttivi o atti successivi, specificando che l’elezione di domicilio vale solo per i primi.

Notifica all’imputato degli atti introduttivi del giudizio

Imputato detenutoLa notifica dell’atto introduttivo all’imputato detenuto va fatta sempre a mani nel luogo di detenzione (art.156 c.p.p.), senza eccezioni, con la precisazione che ciò vale anche per le notifiche successive alla prima, in linea con quanto chiarito dalla Corte di Cassazione a sezioni unite (sentenza n.12778 del 2020), secondo cui “le notifiche all’imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all’art.156 co.1 c.p.p., mediante consegna di copia alla persona”.

Con riguardo alla detenzione in luoghi diversi da quelli penitenziari, si è esclusa (anche al di là delle regole sussidiarie dell’art.148) la possibilità del ricorso a modalità telematiche soprattutto in considerazioni delle problematiche derivanti dal possibile, variegato contenuto delle prescrizioni (tra cui ad esempio il divieto di comunicazione con terze persone) imposte con le misure restrittive diverse da quelle da eseguirsi in ambiente penitenziario.

Si è inteso prevedere, inoltre, che il regime di notifica esclusivamente caratterizzato, già nell’impianto originario della norma, dalla consegna alla persona, operi anche con riguardo alle notifiche successive alla prima, in ragione di una maggiore garanzia per l’interessato a fronte, al contempo, di un pressoché sicuro esito positivo, sin da subito, della notifica, tale da non rendere necessario il ricorso, per l’amministrazione, alle procedure sussidiarie di cui ai co.2 ss. dell’art.157.

Imputato non detenutoL’art.157 c.p.p. è oggi destinato a disciplinare solo la notifica del primo atto all’imputato, al quale non sia applicabile la notifica telematica, mentre le norme ulteriori ora aggiunte disciplinano le notifiche successive alla prima e la notifica degli atti introduttivi del giudizio, per le quali, per l’appunto, la delega prevede modalità diverse (art.157 c.p.p.).

Le innovazioni apportate all’art.157 riguardano il fatto che proprio in quanto si tratta della prima notificazione, dalla quale discendono effetti rilevanti per le successive (che dovranno sempre essere effettuate al difensore), si è per essa esclusa la possibilità che sia effettuata al domicilio eletto o dichiarato.

Nei casi di cui all’art.148 co.4 c.p.p., la prima notificazione all’imputato non detenuto, che non abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’articolo 161, comma 01, è eseguita mediante consegna di copia dell’atto in forma di documento analogico alla persona. Se non è possibile consegnare personalmente la copia, la notificazione è eseguita nella casa di abitazione o nel luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa. Nella casa di abitazione la consegna è eseguita a una persona che conviva anche temporaneamente ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci. In caso di notifica nel luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa, se non è possibile consegnare personalmente la copia, la consegna è eseguita al datore di lavoro, a persona addetta al servizio del destinatario, ad una persona addetta alla ricezione degli atti o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci.

Sul piano delle ulteriori innovazioni operative, e in connessione con la rilevanza che si è ora attribuita alla notifica del primo atto, si è previsto che con essa l’autorità giudiziaria debba avvertire l’imputato che le successive notificazioni, diverse dalla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione in giudizio ai sensi degli art.450 co.2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio.

La previsione si coordina con l’innesto effettuato all’art.161, con il nuovo comma 01, in quanto, ove l’imputato sia già stato avvisato dalla polizia giudiziaria, in occasione del primo contatto, del luogo in cui saranno effettuate le successive notifiche, non vi è ragione di richiedere il medesimo avvertimento.

Conseguente è la previsione, parimenti imposta dalla delega, che l’omessa o ritardata comunicazione del difensore al proprio assistito dell’atto notificato, imputabile al fatto di quest’ultimo, non costituisca inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale.

Il nuovo art.157 ter c.p.p. relativamente alle notifiche agli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto, nei casi in cui non abbia domicilio digitale (art.148 co.4 c.p.p.) e non abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’art.161 co.01 c.p.p. (cioè non sia stato avvertito dalla polizia giudiziaria in sede di identificazione del fatto che le notifiche successive alla prima saranno eseguite al difensore e che egli ha l’onere di comunicare a quest’ultimo un recapito telefonico o email ove possa essere contattato) va eseguita preferibilmente con consegna di copia alla persona.

Se non è possibile consegnare personalmente l’atto al destinatario, la notifica è eseguita nella casa di abitazione (a una persona che conviva anche temporaneamente ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci) o nel luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa (se non è possibile consegnare personalmente la copia al destinatario, la consegna è eseguita al datore di lavoro, a persona addetta al servizio del destinatario, ad una persona addetta alla ricezione degli atti o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci).

Prevale in ogni caso il domicilio dichiarato/eletto.

Imputato non detenuto che ha eletto domicilio (artt.161 e 157-ter c.p.p.) – Art.161 c.p.p. – Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni

01. La polizia giudiziaria nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, se è nelle condizioni di indicare le norme di legge che si assumono violate, la data e il luogo del fatto e l’autorità giudiziaria procedente, li avverte che le successive notificazioni, diverse da quelle riguardanti l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, la citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 e il decreto penale di condanna, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio. Contestualmente la persona sottoposta alle indagini o l’imputato sono avvertiti che è loro onere indicare al difensore ogni recapito, anche telefonico, o indirizzo di posta elettronica o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato, nella loro disponibilità, ove il difensore possa effettuare le comunicazioni, nonché informarlo di ogni loro successivo mutamento.

  1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto né internato lo invitano, a dichiarare uno dei luoghi indicati nell’articolo 157, comma 1, o un indirizzo di posta elettronica certificata ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450 comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna. Contestualmente avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha la persona sottoposta alle indagini o l’imputato sono avvertiti che hanno l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, nonché nel caso in cui il domicilio sia o divenga inidoneo le notificazioni degli atti indicati verranno eseguite mediante consegna al difensore, già nominato o che è contestualmente nominato, anche d’ufficio.

1-bis. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, nonché degli avvertimenti indicati nei commi 1 e 2 è fatta menzione nel verbale.

  1. Fuori del caso previsto dal comma 1, l’invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l’informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria. L’imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato.
  2. L’imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l’imputato che deve essere dimesso da un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza, all’atto della scarcerazione o della dimissione ha l’obbligo di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell’istituto, che procede a norma del comma 1. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive La dichiarazione o elezione sono iscritte nell’apposito registro e il verbale è trasmesso immediatamente il verbale all’autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.
  3. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nei casi previsti dai commi 1 e 3, se la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.

4-bis. Nei casi di cui ai commi 1 e 3 l’elezione di domicilio presso il difensore è immediatamente comunicata allo stesso.

Il legislatore mantiene la facoltà per l’indagato di dichiarare o eleggere domicilio ai fini della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, con la precisazione che il soggetto può indicare a tali fini anche un indirizzo di posta elettronica certificata oppure un servizio elettronico di recapito certificato qualificato

È prevista inoltre la facoltà di eleggere domicilio presso il difensore d’ufficio, il quale, come nel previgente regime, può non accettare l’elezione: in questo caso egli deve «attestare l’avvenuta comunicazione da parte sua all’imputato della mancata accettazione della domiciliazione o le cause che hanno impedito tale comunicazione» (art.162 co.4-bis, ultima parte, c.p.p.).

Infine, viene fatta salva la regola secondo cui, in caso di rifiuto di indicare un domicilio o di domicilio inidoneo o inesistente la notifica va eseguita mediante consegna al difensore (art.161 co.4 c.p.p.).

La polizia giudiziaria se è nelle condizioni di indicare:

  • le norme di legge violate,
  • la data e il luogo del fatto
  • l’A.G. procedente

avverte l’indagato che riceverà solo notifica

  • di avviso di fissazione dell’udienza preliminare
  • degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2 (giudizio direttissimo), 456 (giudizio immediato), 552 (citazione a giudizio) e 601 (appello) c.p.p.,
  • nonché del decreto penale

mentre tutte le altre notifiche andranno al difensore (di fiducia o d’ufficio).

La polizia giudiziaria avverte l’indagato di indicare al difensore ogni recapito, anche telefonico, o indirizzo di posta elettronica ove il difensore possa effettuare le comunicazioni (e relativi aggiornamenti). In caso di rifiuto di dichiarare/eleggere domicilio o di domicilio che sia (o divenga) inidoneo la notifica va al difensore già nominato o contestualmente nominato anche d’ufficio. Degli avvertimenti dati va fornita puntuale verbalizzazione.

Il verbale di identificazione dell’indagato va redatto riportando i dati di un documento di identità o altro equipollente, ovvero, in assenza di documenti, indicando il codice CUI.È necessario indicare nel verbale di elezione di domicilio le norme di legge che si assumono violate, con data e luogo del fatto contestato, ed i riferimenti dell’autorità giudiziaria che procede
Se la persona invitata a eleggere domicilio è uno straniero deve essere puntualmente seguito l’art.143 c.p.p. per cui, quando la conoscenza della lingua italiana non è positivamente accertata, lo straniero ha diritto ad essere assistito da un interprete; l’interprete e il traduttore sono nominati anche quando il Giudice, il Pubblico Ministero, l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare (art.143 co. 5 c.p.p.) e pertanto va sempre designato sin dal primo atto un interprete con nomina di ausiliario di p.g. ai sensi dell’art. 348 ult. co. c.p.p., e nel verbale va dato atto che alle operazioni ha partecipato l’interprete e che l’atto è stato dallo stesso integralmente tradotto all’imputato.
Allo straniero va spiegato che deve necessariamente dichiarare ovvero eleggere domicilio in Italia, essendo il domicilio all’estero inidoneo.
Gli organi di Polizia giudiziaria che procedono all’identificazione di persone nei cui confronti si debba nominare un difensore d’ufficio, chiederanno esplicitamente alle predette persone dove intendano dichiarare o eleggere domicilio.
Qualora la persona sottoposta ad indagini (italiana o straniera) intenda eleggere domicilio presso il difensore d’ufficio (identificato in base agli elenchi predisposti dal Consiglio dell’Ordine), quest’ultimo dovrà essere interpellato immediatamente dalla Polizia Giudiziaria procedente – tramite telefono o altro mezzo idoneo – perchè esprima l’accettazione ad essere indicato domiciliatario, accettazione di cui si dovrà dare atto nello stesso verbale. In tal caso la polizia giudiziaria deve fornire all‘indagato il numero telefonico dello studio del difensore (dandone atto nel verbale), informandolo che ha l‘onere di telefonare al difensore per tenersi informato sugli sviluppi e sull‘evoluzione del procedimento.

Nel caso in cui il difensore non presti l‘assenso, la polizia giudiziaria comunicherà all‘indagato l’inefficacia della elezione di domicilio, invitandolo a eleggere un diverso domicilio idoneo, avvisandolo che in caso di rifiuto o di dichiarazione insufficiente o inidonea le notifiche verranno comunque effettuate presso il difensore ai sensi dell‘articolo 161 co. 4 del codice di procedura penale.

Nel caso in cui l‘indagato decida di eleggere domicilio presso una persona diversa dal difensore (ad esempio un parente o un conoscente), la polizia giudiziaria deve procedere alla:

  • identificazione della persona indicata come domiciliatario, eventualmente anche previo contatto telefonico (di cui si darà atto nel verbale).
  • verifica dell‘effettività del rapporto intercorrente tra l‘indagato e il domiciliatario, chiedendo notizie circostanziate sulla persona.
  • indicazione del numero di telefono cellulare dell‘indagato e del domiciliatario.

Se l’identificazione e l’invito ad eleggere domicilio sono precedenti rispetto all’iscrizione della notizia di reato è opportuno provvedere all’adempimento nel modo sopra indicato in tutti i casi in cui si prospettino elementi di reato a carico della persona: la valutazione va effettuata sulla base di tutte le circostanze conosciute, tenendo presente che, se la persona dovesse rendersi irreperibile senza aver avuto conoscenza che si procede nei suoi confronti per uno specifico reato, non sarà possibile celebrare un processo in sua assenza. In tutti i casi di incertezza sulla qualificazione giuridica, ovvero in casi gravi o delicati la valutazione potrà essere effettuata anche sulla base delle indicazioni fornite dal P.M.

Particolare attenzione deve essere riservata alle situazioni gravi e/o delicate, ad esempio in materia di violenza di genere, evitando di far conoscere al potenziale aggressore l’esistenza del procedimento se non dopo aver concordato con il PM l’attività operativa e l’adozione di misure a tutela della parte offesa.

Se l’identificazione e l’invito ad eleggere domicilio sono successive all’iscrizione della notizia di reato la p.g.. procederà su delega del P.M. titolare del procedimento e nel verbale di identificazione sarà opportuno riportare, oltre alle norme violate, il numero di procedimento e il nome del P.M.
delegante.

La riforma conferma le norme secondo cui :

  • la polizia giudiziaria potrà essere investita della notifica  quando (disposizione già vigente all’art.151 co.1 c.p.p.) sia il p.m. a chiederlo  “nei casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa p.g. è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire”;
  • la “polizia penitenziaria” potrà essere parimenti impiegata per la notifica degli atti nei “procedimenti con detenuti e in quelli davanti al Tribunale del Riesame” (norma analoga al previgente art.148 co.2 cpp), soccorrendo in particolare  la competenza, in  caso di urgenza, della “polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti” (art.148 co. c.p.p. nuova formulazione).

La novità è al riguardo costituita dalla disposizione di cui all’art.157 ter (notifiche degli atti introduttivi del giudizio) co.2 c.p.p., secondo cui, quando è necessario  “per evitare la scadenza del termine di prescrizione del reato o il decorso del termine di improcedibilità di cui all’art.344-bis oppure sia in corso di applicazione una misura cautelare ovvero in ogni altro caso in cui sia ritenuto indispensabile e improcrastinabile sulla base di specifiche esigenze”, l’Autorità Giudiziaria ha il potere di disporre che la notificazione all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione a giudizio ai sensi degli articoli 450 co.2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna sia eseguita dalla polizia giudiziaria.

L’A.G. può dunque disporre che la notificazione all’imputato dell’atto introduttivo sia eseguita dalla polizia giudiziaria in tre ipotesi:

  •  quando sia necessario per evitare la scadenza del termine di prescrizione del reato o il decorso del termine di improcedibilità di cui all’art. 344-bis;
  • quando sia in corso di applicazione una misura cautelare;
  • in ogni altro caso in cui sia ritenuto indispensabile e improcrastinabile sulla base di specifiche esigenze.

Si tratta di un potere formalmente concesso solo per  gli “atti introduttivi di giudizio” e per il  decreto penale: nondimeno, in una delle fasi più delicate del procedimento (quello della vocatio in ius ovvero della statuizione di condanna inaudita altera parte) l’impiego della p.g. rappresenterà per il giudice uno strumento di velocizzazione, anche grazie alla clausola aperta delle “specifiche esigenze”,  tale da consentire al magistrato l’individuazione elastica e discrezionale, volta per volta, delle diverse ragioni giustificative della notifica a mezzo della polizia giudiziaria, in termini correlati destinata ad un aggravio delle proprie competenze, in evidente distonia con le finalità sottese alla precedente regolamentazione tracciata dall’art.9 del d.l. 18 ottobre 2001 n.374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001 n.438, che relegava il ricorso alla polizia giudiziaria  esclusivamente ai procedimenti con detenuti, in forza della riconosciuta esigenza di “liberare” la p.g. dal compito delle notificazioni e consentirle di adempiere senza distoglimenti ai suoi obblighi relativi alle investigazioni.

Notifiche successive alla prima (art.157-bis c.p.p.)

La regola generale è che tutte le notifiche successive alla prima all’imputato non detenuto sono eseguite mediante consegna di copia al difensore di fiducia o d’ufficio: infatti si precisa all’art.164 c.p.p. che la dichiarazione o l’elezione di domicilio valgono solo per la notifica dell’atto introduttivo.

La nuova disciplina può essere così schematizzata:

  •  se si tratta di difensore di fiducia le notifiche degli atti successivi al primo sono sempre eseguite mediante consegna di copia a quest’ultimo;
  •  se si tratta di difensore d’ufficio e l’atto introduttivo non è stato ricevuto dall’imputato personalmente (o da persona convivente o dal portiere) e inoltre l’imputato non ha ricevuto gli avvertimenti ex art.161 co.01 c.p.p., le notifiche successive alla prima non possono essere eseguite con consegna di copia al difensore ma andranno effettuate ai sensi dell’art.157 c.p.p.;
  •  se l’imputato è detenuto, le notifiche successive alla prima andranno sempre effettuate con consegna nel luogo di detenzione.

Tale disciplina si coordina con le nuove norme in materia di avvertimenti di cui all’art.161 co.01, c.p.p. e all’art.157 co.8-ter c.p.p. i quali prevedono espressamente che la polizia giudiziaria in sede di prima identificazione o l’autorità giudiziaria (nel caso in cui l’identificazione non abbia avuto luogo) avvertono il destinatario che le notifiche successive alla prima saranno effettuate mediante consegna di copia al difensore di fiducia o di ufficio e dell’onere di indicare al difensore ogni recapito telefonico o indirizzo email ove il difensore possa contattarlo.

In sede applicativa potrebbe porsi il problema della disciplina da applicare al verbale contenente la modifica del capo di imputazione o una nuova contestazione, poiché si tratta senza dubbio di una notifica successiva all’atto introduttivo, ma l’art.520 c.p.p. continua a prevedere che il verbale sia notificato all’imputato assente (rectius “non presente in aula” secondo la nuova dicitura dell’art.520 c.p.p.).

Le comunicazioni di cortesia – L’art.63-bis c.p.p. introduce la “comunicazione di cortesia” prevedendo che la cancelleria o la segreteria, in tutti i casi in la notificazione alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato (fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario) attesta l’avvenuta consegna dell’atto a persona fisica diversa dal destinatario, dà avviso di cortesia al destinatario dell’avvenuta notifica dell’atto tramite comunicazione al recapito telefonico o all’indirizzo di posta elettronica dallo stesso indicato ai sensi dell’art.349 co.3 c.p.p..

Domicilio del querelante e notificazioni al querelante  – L’art.153-bis c.p.p. introduce l’obbligo per il querelante, in sede di querela, di dichiarare o eleggere domicilio, specificando che a tal fine può dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Se non lo fa in sede di presentazione della querela, ha comunque la facoltà di dichiarare o eleggere domicilio in un secondo momento con deposito telematico (modalità previste dall’art.111 bis), con dichiarazione orale presso segreteria o cancelleria ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore.

Ha poi l’obbligo di comunicare il nuovo domicilio dichiarato o eletto in caso di mutamento dello stesso.

Disciplina transitoria – Le norme in materia di notificazioni entrano in vigore in modo progressivo, atteso che ai sensi dell’art.87 del decreto, la disciplina concernente “la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale” sarà applicata dopo l’adozione di un decreto del Ministro della Giustizia contenente le regole tecniche volte a assicurare la certezza del compimento dell’atto: tale decreto dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2023. Trattandosi di norme di carattere processuale, vale il principio tempus regit actum, con la conseguenza che la nuova disciplina sarà applicabile solo alle notifiche effettuate dopo l’entrata in vigore della riforma.

Il processo penale telematico

In generale, trattandosi di norme di carattere processuale, vale il principio tempus regit actum, con la conseguenza che la nuova disciplina sarà applicabile solo alle notifiche effettuate dopo l’entrata in vigore della riforma.

La digitalizzazione degli atti del procedimento, che ora costituisce la regola generale, si informa ai principi di autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità e segretezza. Il deposito telematico degli atti e l’effettuazione delle notificazioni con modalità telematiche impongono il rispetto dei princìpi di idoneità del mezzo e della certezza del compimento dell’atto

Sono individuati i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza possa avvenire a distanza ed è prevista la video-registrazione degli interrogatori che non si svolgano in udienza e delle prove dichiarative, ferma restando almeno la audio-registrazione per le dichiarazioni di persone informate sui fatti senza obbligo di trascrizione.

In tema di documentazione degli atti processuali le prove dichiarative e gli interrogatori tenuti fuori udienza (quindi senza compresenza delle parti in contraddittorio) prevedono il ricorso alla videoregistrazione, fatta salva l’indisponibilità dei mezzi necessari. Un livello intermedio è previsto per le sommarie informazioni, che richiedono l’audioregistrazione salvo particolari contingenze.

Per le attività ad iniziativa della p.g. e la verbalizzazione delle sommarie informazioni dell’indagato (a cura di un ufficiale di p.g.) o delle sue dichiarazioni spontanee (anche a cura dell’agente di p.g.) si procede con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ci non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. Per entrambe le forme di riproduzione si procede successivamente al deposito.

Il comma 4 bis dell’art.350 c.p., in tema di sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini stabilisce che quando la persona sottoposta alle indagini e il difensore vi consentono, il pubblico ministero, su richiesta della polizia giudiziaria, può autorizzare lo svolgimento dell’atto a distanza. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art.133-ter c.p.p. (ossia collegamento audiovisivo e registrazione).

Il collegamento deve essere attuato, a pena di nullità, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti all’atto o all’udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di essa di udire quanto viene detto dalle altre, che nei casi di udienza pubblica sia assicurata un’adeguata pubblicità degli atti compiuti a distanza e, infine, che dell’atto o dell’udienza sia sempre disposta la registrazione audiovisiva (art.133 ter co.2 e 3 c.p.p.).

Vengono, quindi, individuati i vari luoghi da cui le persone che, a vario titolo, intervengono all’atto o all’udienza possono o debbono collegarsi all’aula di udienza. La regola generale è che il collegamento debba avvenire, come accennato, da altro ufficio giudiziario o da un ufficio di polizia giudiziaria individuato dall’autorità giudiziaria, previa verifica della disponibilità di dotazioni tecniche e condizioni logistiche idonee per il collegamento audiovisivo (art.133 ter co.4 c.p.p.).

Sono previste tre ipotesi derogatorie:

1) la prima interessa le persone detenute, internate, sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o di fermo, le quali si collegano sempre “dal luogo in cui si trovano” e, cioè, in concreto, dal carcere o dall’istituto per l’esecuzione delle misure di sicurezza (art.133 ter co.5 c.p.p.);

2) la seconda ipotesi è rimessa al prudente apprezzamento dell’autorità giudiziaria che, sentite le parti, può autorizzare le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello individuato in via generale (art.133 ter co.6 c.p.p.);

3) la terza ipotesi di deroga, infine, riguarda i difensori, cui è riconosciuta la facoltà di collegarsi all’aula di udienza “dai rispettivi uffici o da altro luogo, purché idoneo”, fermo comunque il diritto di essere presenti nel luogo dove si trova l’assistito, o di farvi accedere propri sostituti. Allo stesso modo, è garantito il diritto dei difensori e dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l’assistito per mezzo di strumenti tecnici idonei (art.133 ter co.7 c.p.p.).

Fuori dei casi in cui l’autorità giudiziaria non disponga diversamente, all’attestazione delle generalità delle persone collegate a distanza provvede un ausiliario del giudice o del pubblico ministero ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria individuato in via prioritaria tra il personale in servizio presso le sezioni di polizia giudiziaria. Il primo potrà essere individuato anche tra gli ausiliari in servizio presso l’ufficio giudiziario ad quem, mentre la scelta del secondo non potrà cadere su un ufficiale di PG che svolga o abbia svolto “attività di investigazione o di protezione nei confronti dell’imputato o in relazione ai fatti a lui riferiti”.

In ogni caso, il soggetto designato dovrà altresì redigere verbale delle operazioni svolte a norma dell’art.136, dando atto delle circostanze finora elencate – in termini sostanzialmente corrispondenti – negli artt.146-bis co.6, e 147-bis co.2, disp. att., che vengono soppressi unitamente alle altre disposizioni ora riprodotte nella disposizione codicistica (art.133 ter co.8 c.p.p.).

Nella raccolta delle altre sommarie informazioni di cui all’art.351 c.p.p. grava sulla polizia giudiziaria l’obbligo di avvertire la persona chiamata a rendere sommarie informazioni del “diritto di ottenere, ove ne faccia richiesta, che le dichiarazioni rese siano documentate mediante riproduzione fonografica, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione”.

Anche per l’attività delegata alla p.g., in tema di interrogatori e confronti, si procede con i richiamati mezzi di riproduzione e la stessa succedaneità (preferenza per la riproduzione audiovisiva o, in mancanza, fonografica).

Ove le indagini vertano sui cc.dd. reati gravi ex art.407 co.2 lett.a) c.p.p. (ad esempio, reati di mafia, terrorismo, omicidio, strage, rapina aggravata, in materia di stupefacenti per le ipotesi aggravate, in materia di armi da guerra, violenze sessuali aggravate o di gruppo), la polizia giudiziaria ha il dovere, anche senza richiesta della persona informata dei fatti, che le dichiarazioni rese siano documentate mediante riproduzione (almeno) fonografica obbligatoria.

Per le sommarie informazioni testimoniali che occorre acquisire da minorenni o persone offese anche maggiorenni ma in condizione di particolare vulnerabilità si procede a pena di inutilizzabilità del verbale con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica.

L’art.373 c.p.p. co.2 quater, in tema di attività delegata dal p.m. alla p.g., prevede che “le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità sono documentate integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, salvo che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto”.

E’ stato aggiornato l’art.510 c.p.p. (verbale di assunzione dei mezzi di prova), qualificato come “norma centrale del sistema di redazione del verbale”, nel cui ambito si è prevista, al nuovo comma 2-bis (aggiunto dall’art.32 co.1 lett.i del d.lgs. n.150 del 2022), la necessità della registrazione audiovisiva, in aggiunta alla modalità ordinaria di documentazione, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, per tutti gli atti processuali destinati a raccogliere le dichiarazioni di persone che devono riferire sui fatti: testimoni, parti private, persone indicate nell’art.210 c.p.p., nonché periti e consulenti tecnici, nonché per gli atti di ricognizione e di confronto.

Tale modalità è altresì prevista a regime, sia per l’assunzione della prova dichiarativa in incidente probatorio (art.401 co.5 c.p.p.) che per l’integrazione probatoria nell’ambito del giudizio abbreviato (art.441, co.6, c.p.p.).

Ai sensi del comma 3-bis, anch’esso di nuova introduzione, la trascrizione della riproduzione audiovisiva è disposta solo se è richiesta dalle parti.

Le modifiche apportate all’art.510 c.p.p. avranno applicazione a decorrere da un anno dall’entrata in vigore del decreto stesso (quindi, ora, dal 30 dicembre 2023). Fino a tale data, troveranno applicazione ultrattiva le disposizioni del (pre)vigente art.510 c.p.p., con conseguente verbalizzazione riassuntiva e stenotipia.

Resta invariata la previsione del comma 2, per cui l’ausiliario che assiste il giudice documenta nel verbale lo svolgimento dell’esame, riproducendo integralmente in forma diretta le domande e le risposte delle persone esaminate

Le disposizioni generali sugli atti –  Il legislatore ha introdotto alcune previsioni nuove nel Libro II del codice di procedura penale, dedicato agli atti del procedimento, decidendo contestualmente di non introdurre nuove previsioni in materia di invalidità degli atti, ma di adattare quelle esistenti alla transizione digitale, sulla base della considerazione che un sistema, già denso di previsioni invalidanti, non necessitasse di disposizioni ulteriori.

Pertanto, l’art.110 c.p.p. individua come regola generale la forma digitale dell’atto penale, sin dalla sua formazione. Vale, in questa ottica, una condizionata libertà di forme: ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti della autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità, interoperabilità e, ove previsto dalla legge, segretezza, caratteristiche che sono diretto precipitato della normativa sovranazionale e, in particolare, europea in materia di documenti informatici.

Il comma 3 disciplina i casi di deroga alla regola della formazione degli atti penali in formato digitale: è stata prevista una formula volutamente ampia così da consentire il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento disciplinati dall’art.175-bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale (la relazione illustrativa fa come esempio la memoria redatta dall’imputato in stato di detenzione o di situazioni contingenti anche di impedimenti tecnici che non hanno le caratteristiche di un malfunzionamento nel senso dell’art.175-bis c.p.p.).

Il comma 4 dispone che gli atti redatti in forma di documento analogico siano convertiti, senza ritardo, in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, così da rendere il fascicolo penale digitale completo. Il termine “senza ritardo” comporta che trattasi di termine ordinatorio non soggetto ad alcuna nullità.

Per le definizioni di documento informatico e documento analogico, nonché per la disciplina della conversione del documento analogico in informatico e viceversa, la relazione illustrativa fa espresso richiamo al CAD (Codice Amministrazione Digitale, d.lgs. n.82 del 2005):

  • – “documento informatico” è il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;
  • – “documento analogico” è la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

E’ riconosciuta al singolo operatore di polizia giudiziaria la possibilità di redigere l’atto in modalità analogica ma grava sull’Ufficio l’obbligo di convertirlo in copia informatica.

 

Le disposizioni sul deposito telematico e sul fascicolo informatico

Le nuove disposizioni di cui agli artt.111-bis e 111-ter c.p.p. concorrono a costruire l’architrave del nuovo processo telematico.

L’art.111 bis prevede, al comma 1, l’obbligatorietà e la esclusività del deposito telematico di atti e documenti, con adozione delle modalità tecniche tali da assicurare la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione degli atti, nonché l’identità del mittente e del destinatario. A tal fine, occorrerà operare nel rispetto della normativa, sovranazionale e nazionale, anche di rango regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

I commi 3 e 4 dell’art. 111-bis c.p.p. prevedono due casi di deroga alla regola generale:

– il comma 3 precisa che la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico “non si applica per gli atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica”: la relazione illustrativa fa l’esempio dei documenti aventi contenuto dichiarativo preformati rispetto al processo penale (una scrittura privata, un testamento olografo) di cui si contesti l’autenticità o documenti, quali ad esempio planimetrie, estratti di mappa, fotografie aeree e satellitari, per i quali appare indispensabile il deposito in forma di documento analogico, posto che l’acquisizione in forma di documento informatico priverebbe di nitidezza e precisione i relativi dati, incidendo sul loro valore dimostrativo in sede processuale;

– il comma 4 attribuisce la facoltà alle parti di depositare in forma analogica gli atti che compiono personalmente. Sul punto, è stato precisato che l’utilizzo del termine “parti” appare tecnicamente inesatto in quanto certamente da questa facoltà è esclusa la “parte pubblica” e in ogni caso pare rivolgersi ai soli soggetti privati e non già, ad esempio, ai loro difensori, come si può evincere dalla dicitura “atti che le parti compiono personalmente”.

L’art.111 ter c.p.p. concerne la formazione e la tenuta dei fascicoli informatici.

La norma prevede che i fascicoli informatici del procedimento penale siano formati, conservati, aggiornati e trasmessi in modalità digitale, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché un’efficace e agevole consultazione telematica. Secondo la relazione illustrativa, la riforma, a regime, dovrebbe dunque garantire una maggiore effettività del diritto di difendersi, attraverso un accesso alle informazioni nel fascicolo veloce, completo, di facile lettura.

Al comma 2 è previsto che anche la trasmissione di singoli atti e documenti, disgiunti dal fascicolo processuale, avvenga in forma digitale.

Per gli atti depositati in modalità analogica (modalità che, come detto, è sempre possibile per il deposito operato personalmente dalle parti), si prescrive al comma 3 una pronta conversione in copia informatica ai fini del loro inserimento nel fascicolo informatico, con la stessa clausola di salvezza (questa volta ai fini specifici dell’inserimento nel fascicolo) prevista per gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica.

Tale disposizione vale, tra l’altro, ad estendere la clausola di salvezza a tutte le ipotesi e le forme di acquisizione di originali di scritti e documenti di cui all’art.234 c.p.p. Si è comunque precisato che nel fascicolo informatico debba essere inserito un elenco dettagliato di tutti gli atti e documenti che, per qualsiasi ragione, siano acquisiti in forma di documento analogico e non siano stati convertiti in copia informatica. Tale disposizione vale a preservare completezza e continuità del fascicolo processuale anche laddove parte dello stesso fascicolo sia in forma di documento analogico, al contempo offrendo alle parti uno strumento utile per comprendere, consultando telematicamente il fascicolo, quali e quanti degli atti e documenti che compongono quel fascicolo siano presenti solo in cartaceo.

Al comma 4 si è, infine, precisato che le copie informatiche, anche per immagine, degli atti e documenti processuali, redatti in forma di documento analogico, presenti nei fascicoli informatici, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale di attestazione di conformità all’originale.

In conclusione, il fascicolo penale è e rimarrà unico e non vi sarà un regime di duplicazione (uno in formato digitale e uno in formato cartaceo). Il fascicolo, però, seppure unico, potrà essere in composizione mista: ferma, difatti, la regola del fascicolo digitale (che diventa il formato ordinario), sarà possibile che alcuni atti (e in particolare i documenti analogici che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possono essere acquisiti o convertiti in copia informatica) siano conservati in formato cartaceo. Questo comporterà, come per il processo civile, di fatto un doppio binario.

L’art.172 c.p.p., che detta la disciplina generale in materia di termini processuali, è stato interpolato con l’aggiunta di due commi: il 6-bis e il 6-ter. Il primo è dettato in un’ottica di favor per il diritto di difesa e stabilisce che il termine per il deposito di atti in un ufficio giudiziario con modalità telematiche si considera rispettato se l’accettazione da parte del sistema informatico avviene entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile.

L’altro è volto a contemperare le esigenze difensive con la necessità di non compromettere l’organizzazione giudiziaria, stabilendo che il termine per provvedere sulla domanda depositata telematicamente fuori orario d’ufficio decorre dalla prima apertura successiva dell’ufficio competente.

L’art.175 bis prevede due possibili ipotesi di “malfunzionamento dei sistemi informatici”: la prima (disciplinata ai co.1 e 2 della nuova disposizione), riguarda il malfunzionamento c.d. certificato, ovvero le ipotesi di malfunzionamento generalizzato dei domini del Ministero della Giustizia: in tal caso il malfunzionamento è certificato dal direttore generale per i servizi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia. La seconda ipotesi (disciplinata al co.4) riguarda il c.d. malfunzionamento non certificato, ovvero quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario e/o in ambito locale e in questa evenienza il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio. In tali casi è consentito il deposito in formato analogico.

La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria

La previsione anche per l’attività di indagine della registrazione audiovisiva o fonografica di alcuni atti può comportare in talune ipotesi, nel caso di mancata applicazione delle norme introdotte, la sanzione di inutilizzabilità dell’atto.

Le ipotesi di interesse per la polizia giudiziaria possono essere così compendiate:

  • assunzione di informazioni quando si procede per i delitti di cui all’art. 407 co. 2 lett. a) da parte della p.g. o del PM (art. 357 comma 3-bis prima parte e 373 comma 2-ter prima parte): vi è obbligo di fonoregistrazione, salvo il caso di indisponibilità degli strumenti. Sarà necessario dunque che la polizia giudiziaria in questo caso in sede di verbale espliciti le situazioni di indisponibilità degli strumenti tecnici;
  • tutti gli altri casi di assunzione di informazioni da parte della p.g. o del PM (art.357 comma 3-bis seconda parte e art.373 comma 2-ter seconda parte): vi è obbligo di registrazione solo se il dichiarante lo richiede, salvo il caso di indisponibilità degli strumenti. In questo caso, nell’assumere le informazioni, la p.g. e il p.m. avvisano il dichiarante che ha facoltà di chiedere la registrazione (art.351 comma 1-quater e art.362 comma 1-quater). Di tale avviso deve essere dato atto nel verbale;
  • assunzione di informazioni da persona minorenne, inferma di mente ovvero in condizione di particolare vulnerabilità da parte della p.g. o del PM (art.357 comma 3-ter e art. 373 comma 2-quater): vi è sempre obbligo di riproduzione audiovisiva o di fonoregistrazione, salvo, in caso di urgenza, indisponibilità degli strumenti. La violazione è sanzionata con l’inutilizzabilità dell’atto. Sarà necessario, dunque, che la PG in questo caso in sede di verbale espliciti oltre alle situazioni di indisponibilità di cui sopra anche le ragioni di urgenza che non consentono il rinvio dell’atto: in caso contrario l’atto sarà inutilizzabile.

La trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica è disposta solo se assolutamente indispensabile, tranne che nel caso dell’esame della persona minorenne, inferma di mente o vulnerabile da parte del PM (artt.357 comma 3-quater e 373 comma 2-quinquies). La registrazione dovrà essere resa disponibile in allegato al verbale, utilizzando supporti CD-DVD, chiavette USB ovvero concordando modalità di deposito con l’A.G. (ad esempio, riversamento degli atti su PC messo a disposizione dall’A.G.).
La trascrizione verrà eventualmente effettuata previa interlocuzione della p.g. con il p.m.delegante.
A tal proposito, visto il principio generale introdotto dalla riforma che subordina la trascrizione degli atti indicati alla “assoluta indispensabilità”, la polizia giudiziaria dovrà provvedere a verbalizzazioni quanto più precise ed esaustive, specie per gli atti più complessi, al fine di evitare la successiva
necessità di trascrizione.

La riforma introduce regole differenziate di documentazione per alcuni atti di indagine svolti dalla p.g. su delega del p.m..
In base all’art 373 co. 2-bis per gli atti delegati dal PM alla p.g. (art 373 commi 1 lett B e D-bis) di:
-interrogatorio di persona sottoposta ad indagine
-confronto con persona sottoposta ad indagini (in stato di libertà)
-interrogatorio di imputato di reato connesso
devono essere seguite da parte della p.g. delegata al compimento dell’atto le regole di documentazione con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica.

Per le sommarie informazioni ex art 350 c.p.p. dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini non sono previste forme particolari di documentazione ma si introduce la possibilità di svolgere tale atto a distanza da parte della p.g., su richiesta della stessa, sempre che vi sia consenso della persona e del suo difensore e previa autorizzazione da parte del PM.

La disciplina transitoria – In materia di processo penale telematico, ulteriore pilastro della riforma, in attuazione dei criteri di delega, l’art.87 del d.lgs. n.150 del 2022 appronta una normativa transitoria facente rinvio all’emananda normativa secondaria prevedendosi che:

1) con regolamento attuativo da adottarsi entro il 31 dicembre 2023 con decreto del ministro della giustizia saranno definite le regole tecniche riguardanti i depositi, le comunicazioni e le notificazioni [esclusivamente] telematiche degli atti del procedimento penale, anche modificando, ove necessario, il regolamento di cui al d.m. giustizia n.44 del 2011, in ogni caso, assicurando la conformità al principio di idoneità del mezzo e a quello della certezza del compimento dell’atto (art.87 co.1 del d.lgs. n.150 del 2022);

2) nel rispetto delle disposizioni del d.lgs. n.150 del 2022 e dell’emanando regolamento di cui al co.1, potranno essere adottate ulteriori regole tecniche con atto dirigenziale del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia (art.87 co.2 del d.lgs. n.150 del 2022);

3) con decreto del ministro della giustizia da adottarsi entro il 31 dicembre 2023, sentiti il C.S.M. e il C.N.F., saranno individuati gli uffici giudiziari e le tipologie di atti per cui possano essere adottate anche modalità non telematiche di deposito, comunicazione o notificazione, nonché i termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione esclusivamente telematici (art.87 co.3 del d.lgs. n.150 del 2022).

Le indagini preliminari

L’intento di velocizzare le indagini è stato perseguito agendo su più istituti.

Si è richiesta una disciplina uniforme dei criteri per le iscrizioni nel registro delle notizie di reato (art.335) prevedendo anche un controllo giurisdizionale sulla tempestività dell’iscrizione.

É stato previsto che, nell’ambito di criteri generali indicati dal Parlamento con legge al fine di garantire l’efficace ed uniforme esercizio dell’azione penale, gli uffici del pubblico ministero individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati da indicare nei progetti organizzativi. Tali criteri hanno la funzione di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero di procedimenti in carico.

Si sono ridotti i termini massimi per le indagini e si è mantenuta la previsione del c.d. termine per l’azione; sono stati aumentati i controlli del giudice per le indagini preliminari sulle stasi del procedimento anche prevedendo una discovery degli atti in favore dell’indagato e della persona offesa.

É stata modificata la regola di giudizio in base alla quale il pubblico ministero deve chiedere l’archiviazione: egli deve esercitare l’azione penale soltanto quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari consentono una “ragionevole previsione di condanna”. Un simile criterio dovrebbe consentire di ridurre i casi nei quali viene esercitata l’azione penale.

Sono state ridotte le ipotesi nelle quali è obbligatoria l’udienza preliminare e in detti casi si è lasciato al pubblico ministero il potere di citare direttamente l’imputato al dibattimento qualora non vi siano rilevanti difficoltà di accertamento.

Tuttavia, nei procedimenti con citazione diretta di fronte al tribunale monocratico, si è prevista un’udienza filtro di fronte ad un giudice diverso da quello del dibattimento per bloccare imputazioni azzardate.

I criteri di priorità 

Le notizie di reato che presentano certe caratteristiche – individuate dai criteri di priorità – devono essere prese in carico (tanto per l’avvio dell’indagine quanto per la scelta sull’azione) con precedenza sulle altre: “nella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero si conforma ai criteri di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio”.

Iscrizione della notizia di reato – Le novità riguardano soprattutto l’art.335 e i ‘nuovi’ artt.335 ter e 335 quater c.p.p., ma anche i termini di durata delle indagini, che decorrono dal momento della formale, corretta iscrizione.

Per la polizia giudiziaria si evidenzia la articolare attenzione richiesta dalla predisposizione del modulo di trasmissione della notitia criminis e in generale nella predisposizione degli atti indirizzati al p.m., con dichiarazione / elezione di domicilio, approfondimento della notizia attraverso le attività investigative necessarie, ecc., onde evitare indicazioni fuorvianti o non attente, fermo restando che è comunque compito del p.m. disporre l’iscrizione corretta. In altri termini, dovrà essere attuato un controllo ancor più puntuale sulla individuazione del fatto di reato e soprattutto sulla
corretta e completa attribuzione o meno del fatto ad uno o più soggetti individuati. La cura e completezza in tale attività da parte della p.g. consentirà al p.m. puntuali iscrizioni e aggiornamenti delle stesse riducendo al minimo, in prospettiva, gli interventi giudiziali di integrazione o retrodatazione delle iscrizioni.

Per scongiurare il rischio di iscrizioni generiche, i commi 1 e 1-bis dell’art. 335 c.p.p. indicano le condizioni affinché le notizie di reato possano essere iscritte nei relativi registri:

  • se contengono la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi ad una fattispecie incriminatrice (per il modello 44);
  • se risultano indizi a carico di una persona (per il modello 21)

Non è, dunque, sufficiente l’indicazione dei soli elementi nucleari del reato (condotta e/o evento), divenendo necessario descrivere tutti gli elementi “fattuali” richiesti da una fattispecie astratta: condotta, evento, nesso causale, presupposti e modalità della condotta. I fatti esposti nella notizia devono corrispondere di per sé agli elementi astratti del reato, con esclusione dei meri indici sintomatici.

Occorre descrivere, per esempio, la finalità del profitto o la modalità abusiva della condotta, o quella violativa di norma di legge, o ancora, il metodo mafioso, e così dicendo per tutti gli elementi fattuali che denotano e connotano il nucleo essenziale del reato.

Al p.m. è rimesso l’esclusivo potere di disporre le iscrizioni (mod.21, mod.44 o mod.45), a prescindere dalle indicazioni risultanti dalla comunicazione depositata dalla polizia giudiziaria, con verifica della sussistenza di un quadro indiziario soggettivamente indirizzato (co.1 bis dell’art.335 c.p.p.). A tale scopo, il p.m. sollecita alla polizia giudiziaria gli accertamenti necessari a regolarizzare – anche successivamente – l’iscrizione.

Sarà opportuno un attento raccordo dell’A.G. con la polizia giudiziaria del circondario, per gli adempimenti di immediato corso nelle attività di compilazione degli atti ed assicurare il puntuale rispetto dell’art.335 c.p.p..

Il nuovo comma 1-bis dell’art.335 c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico, mentre il comma 1-ter  prevede che “quando non ha provveduto tempestivamente ai sensi dei commi 1 e 1 -bis , all’atto di disporre l’iscrizione il pubblico ministero può altresì indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata”.

Dal punto di vista della notizia di reato “soggettiva”, non è più sufficiente che il nome del possibile responsabile sia indicato o sia comunque identificato, occorrendo piuttosto che risultino degli indizi a suo carico.

In definitiva:

  • gli organi di polizia giudiziaria dovranno indicare in modo completo, in osservanza dell’art 347 c.p.p., nelle nuove comunicazioni/annotazioni di reato inviate in Procura, gli elementi emersi sul piano del fatto e soprattutto della riferibilità soggettiva o meno del fatto a soggetto compiutamente individuato;
  • nel caso di trasmissione successiva di seguiti, quali ad esempio annotazioni finalizzate a richieste di intercettazioni o in vista di richieste cautelari, dovranno essere evidenziate dalla p.g. sia eventuali elementi per l’attribuzione a carico di ulteriori soggetti dell’ipotesi criminosa iniziale sia elementi
    indicativi di ulteriori ipotesi di reato e la riferibilità agli stessi o ad altri soggetti;
  • se dalla attività di p.g. (indagini di iniziativa, ricezione di denunce querele) emergono notizie di fatti di reato come sopra indicati dal legislatore (un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice) già attribuibili su base indiziaria a soggetti  compiutamente identificati, la comunicazione della notizia di reato dovrà essere redatta a carico di soggetto/i noto/i e si provvederà da parte della Procura a iscrivere tale reato nel registro Noti (mod. 52);
  • l’identificazione deve essere completa, e quindi la sola indicazione del nome e del cognome del soggetto contenuta, ad esempio, in una denuncia querela del privato trasmessa dalla p.g. alla Procura non consente l’iscrizione a registro Noti (mod. 52) ma a registro ignoti (mod. 44) sino alla completa identificazione ad opera della p.g. ovvero alla certa identificazione;
  • la p.g. in caso di identificazione incompleta o parziale o comunque solo apparente (si pensi ad ipotesi di reato commesso a mezzo strumenti  nformatici o attraverso social networks in cui ad esempio il dato conosciuto è solo l’intestazione formale di una sim o il nominativo di soggetto inserito in chat) coerentemente dovrà inviare alla Procura la comunicazione della notizia di reato  a carico di soggetti ignoti per la conseguente iscrizione a mod. 44.;
  • se dalla attività di p.g., (indagini di iniziativa, ricezione di denunce querele) emergono notizie di fatti di reato come sopra qualificati non attribuibili su base indiziaria a soggetti individuati o a soggetti compiutamente identificati la comunicazione della notizia di reato  dovrà essere redatta a carico di soggetto/i ignoto/i e si provvederà a iscrivere tale reato a registro modello 44;
  • se ancora dalla attività di p.g. (indagini di iniziativa, ricezione di denunce querele) emergono notizie di fatti privi delle caratteristiche indicate (e quindi come specificato nell’art. 335 c.p.p. fatti indeterminati o inverosimili, o non riconducibili in ipotesi a una fattispecie incriminatrice) la p.g. invierà semplice annotazione o l’atto del privato (indipendentemente da come qualificato dallo stesso) alla Procura che provvederà a iscrivere tale atto a registro mod. 45;
  • per le successive iscrizioni dei nominativi di ulteriori indagati e di ulteriori ipotesi di reato e i relativi aggiornamenti nelle iscrizioni in registro nell’ambito di procedimenti già avviati spetterà al p.m. titolare del procedimento, sulla base degli atti progressivamente trasmessi dalla p.g., e in base alle risultanze di indagine via via acquisite, la puntuale e tempestiva attività di aggiornamento dei registri sul piano soggettivo e oggettivo o attraverso il meccanismo di cui all’art 335 co. 1-ter c.p.p. con eventuale indicazione della data anteriore a partire dalla quale deve intendersi effettuata l’iscrizione.

I termini delle indagini preliminari – La modifica di importanti termini processuali interessa in primo luogo la durata delle indagini preliminari (→ nuovo co.2 dell’art.405 c.p.p.):

  • un anno;
  • sei mesi, se si procede per una contravvenzione;
  • un anno e sei mesi, se si procede per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2.

Trascorsi questi termini, al P.M. è riconosciuto un ulteriore lasso di tempo (il c.d. termine di riflessione; → nuovo art.407-bis, co.2 e 3, c.p.p.), per ponderare la propria decisione, pari a:

  • tre mesi dalla scadenza del termine di cui all’articolo 405, comma 2;
  • tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all’art.415-bis, commi 3 e 4, se ha disposto la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari;
  • nove mesi nei casi di cui all’articolo 407, comma 2.

Alla polizia giudiziaria è rimesso il compito di svolgere un ruolo proattivo nei confronti del P.M. ai fini dell’individuazione tempestiva dei soggetti che potrebbero essere iscritti e dei tempi corretti per procedere all’iscrizione, evitando il rischio di richieste di retrodatazione che potrebbero riverberare i propri effetti sull’utilizzabilità degli accertamenti svolti: si pensi alle situazioni – da segnalare al P.M. – in cui dalla disamina delle operazioni intercettative svolte in materia di criminalità (organizzata o non) emerga un quadro indiziario a carico di una persona non ancora iscritta ovvero il coinvolgimento dell’indagato già in epoca precedente o successiva rispetto al periodo investigativo.

 Ulteriori modifiche al codice di procedura penale

Tra gli adempimenti previsti dall’art.349 c.p.p. in materia di identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone è ora stabilito che quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria, oltre ad invitare la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’art.161 c.p.p., deve invitarla “ad indicare il recapito della casa di abitazione, del luogo in cui esercita abitualmente l’attività lavorativa e dei luoghi in cui ha temporanea dimora o domicilio, oltre che ad indicare i recapiti telefonici o gli indirizzi di posta elettronica nella sua disponibilità”.

L’art.352 c.p.p., con la modifica del co.4, stabilisce che nei casi di perquisizione effettuata della p.g. (in caso di flagranza di reato, di evasione, di esecuzione di misura cautelare o di ordine di carcerazione nei casi indicati, di fermo di indiziato dei delitto e negli altri casi di perquisizione di iniziativa previsti dalla legislazione speciale), dopo la trasmissione da parte della polizia giudiziaria al p.m.del verbale delle operazione di perquisizione, il p.m. debba provvedere, in presenza dei presupposti legittimanti la perquisizione, non con semplice convalida ma con decreto motivato. In tale decreto il p.m. dovrà, sia pure succintamente, indicare le ragione della legittimità dell’atto di perquisizione di iniziativa svolto dalla polizia giudiziaria.
L’emissione da parte del p.m. del decreto motivato sarà naturalmente richiesta anche nell’ipotesi di non convalida della perquisizione per mancanza dei presupposti legittimanti la stessa.
In secondo luogo, si prevede, con il comma 4-bis appositamente inserito, la possibilità – nel caso che alla perquisizione non segua il sequestro – di un inedito potere di opposizione rispetto al decreto di convalida del p.m. da esercitarsi avanti al Giudice entro dieci giorni dalla conoscenza del decreto di convalida. L’opposizione può essere proposta da parte della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e della persona nei cui confronti la perquisizione è stata disposta o eseguita.

Il giudice accoglie l’opposizione quando accerta che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge, con possibili effetti ai sensi dell’art.609 c.p. in materia di perquisizione arbitraria. In proposito, giova aggiungere come la soluzione appena indicata, calibrata in modo da soddisfare l’interesse dell’opponente all’accertamento dell’illegittimità della perquisizione subìta, senza tuttavia sfociare nell’invalidazione processuale del decreto oggetto di opposizione (e/o delle relative risultanze), è parsa altresì funzionale alla conferma dell’incontroverso orientamento giurisprudenziale secondo cui “l’eventuale illegittimità dell’atto di perquisizione compiuto ad iniziativa della polizia giudiziaria non comporta effetti invalidanti sul successivo sequestro del corpo del reato […], o delle cose pertinenti al reato, che costituisce un atto dovuto a norma dell’art.253 co.1 c.p.p.; né effetti invalidanti sulla utilizzabilità del medesimo atto in funzione probatoria”.

Il complesso della modifica normativa richiede che l’atto di perquisizione operato dalla p.g. contenga sempre una motivazione sia pure succinta ma puntuale sulle ragioni che legittimano la perquisizione in relazione alle norme incriminatrici che si assumono o risultano violate e alle finalità dell’atto, in modo di consentire la redazione, in caso positivo, di un decreto di convalida adeguatamente motivato da parte della Procura e per cui si riducano i margini di opponibilità.

Tale norma in materia di perquisizione ad opera della p.g. trova corrispondenza, quanto ai poteri di perquisizione disposta direttamente dal p.m., nella nuova disposizione di cui all’articolo 252-bis, co. 3 c.p.p., che prevede in relazione a tale ultimo atto un analogo potere di opposizione da parte dei medesimi soggetti contro il decreto di perquisizione emesso dal pubblico ministero e per il quale è previsto che il giudice accolga l’opposizione quando accerta che la perquisizione è stata disposta fuori dei casi previsti dalla legge.

Identificazione di alcune categorie di persone sottoposte al procedimento penale, con specifico riguardo agli apolidi e persone assimilate –  L’art.2, commi 7 – 10, ha introdotto specifiche disposizioni volte ad assicurare la più compiuta identificazione di alcune categorie di persone sottoposte al procedimento penale, con specifico riguardo agli apolidi, alle persone della quali è ignota la cittadinanza, ai cittadini di uno Stato non appartenente all’Unione europea o cittadini dell’Unione europea privi del codice fiscale o che sono attualmente, o sono stati in passato, titolari anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea.

Estensione dell’obbligo di comunicare al difensore nominato determinate richieste dell’imputato arrestato – L’art.2, comma 14, ha preso in considerazione la facoltà, spettante all’imputato detenuto o in stato di arresto o di detenzione domiciliare o custodito in un luogo di cura, di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste, che devono essere immediatamente comunicate all’autorità competente. Attraverso l’inserimento del nuovo comma 2-bis nell’art.123 c.p.p. si è esteso l’obbligo di contestuale comunicazione delle suddette dichiarazioni e richieste anche al difensore nominato.

Ulteriori atti che devono essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento – La legge n.134 del 2021 (art.2 co.9) ha previsto che tra gli atti da inserire nel fascicolo per il dibattimento debba esservi anche una copia del cartellino foto-dattiloscopico con indicazione del codice univoco identificativo (cui) quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea o di un cittadino dell’Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente (o è stato in passato) titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea (art. 431, co.1, lett. g).

 Obbligo di procedere a rilievi dattiloscopici, fotografici ecc. nei confronti di un indagato apolide o situazioni assimilate – Le legge n.134 del 2021 ha previsto che i rilievi dattiloscopici, fotografici ecc. debbano essere sempre eseguiti quando si procede nei confronti di un apolide, di una persona della quale è ignota la cittadinanza, di un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea o di un cittadino dell’Unione europea privo del codice fiscale o che è attualmente (o è stato in passato) titolare anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea (art.349 co.2, nuovi periodi aggiunti). La polizia giudiziaria deve trasmettere al pubblico ministero copia del cartellino foto-dattiloscopico e comunicare il codice univoco identificativo (Cui) della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. Il Cui confluirà poi nel fascicolo per il dibattimento ai fini della sicura riferibilità del procedimento all’imputato straniero, a prescindere dalle generalità dichiarate.

Tra i doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo il nuovo comma 1.ter dell’art.386 c.p.p. prevede che la comunicazione scritta di cui al co.1 viene allegata agli atti in forma di documento informatico. Se l’originale è redatto in forma di documento analogico, si osservano l’obbligo di convertire il documento analogico in copia informatica.

Tutela della vittima e ruolo della polizia giudiziaria

Estensione della portata applicativa delle norme sostanziali e processuali relative al c.d. codice rosso ai delitti di violenza domestica e di genere commessi in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio – L’art.2, commi 11 – 13, ha integrato le disposizioni a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n.69 del 2019 (c.d. codice rosso) estendendone la portata applicativa altresì ai delitti di violenza domestica e di genere commessi anche in forma tentata e alle vittime di tentato omicidio, cui si applicano:

  • l’art.90-ter1-bis c.p.p., che riguarda le comunicazioni relative ai provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, nonché dell’evasione dell’imputato effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato (co.11 lett.a); la comunicazione dell’evasione e della scarcerazione dell’imputato o del condannato deve effettuarsi sempre alla persona offesa, anche qualora non ne abbia fatto espressa richiesta, e al suo difensore, se nominato. La persona offesa ha facoltà di dichiarare o eleggere domicilio, può indicare un indirizzo PEC o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato ed ha facoltà di svolgere un programma di giustizia ripartiva;
  • l’art.659 co.2-bisp.p. per cui, quando a seguito di un provvedimento del Giudice di Sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato, il Pubblico Ministero che cura l’esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della Polizia Giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore (co.11, lett.d).
  • l’art.362 co.1-terp.p., che onera il Pubblico Ministero ad attivarsi entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art.335 c.p.p., al fine di assumere informazioni dalla persona offesa e da chi abbia presentato denuncia, querela o istanza salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa (co.11, lett.b).
  • l’art.370 co.2-bisp.p., che rimette alla polizia giudiziaria il compito di procedere senza ritardo al compimento di atti di indagine delegati dal Pubblico Ministero e a trasmettere, sempre senza ritardo, allo stesso la documentazione dell’attività espletata (co.11, lett.c);

Il comma 12 dell’art. 2 estende, altresì, alle fattispecie di tentato omicidio e ai delitti di violenza domestica e di genere in forma tentata la disposizione di cui all’art.64-bis disp. att. c.p.p., il quale prevede che determinati provvedimenti penali siano trasmessi, senza ritardo, in copia, al giudice vivile ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all’esercizio della potestà genitoriale.

I provvedimenti penali che devono essere tempestivamente trasmessi in copia al giudice civile sono le ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il provvedimento con il quale è disposta l’archiviazione e la sentenza emessa nei confronti di una delle parti.

Il comma 13 dell’art.2 estende anche alle fattispecie di tentato omicidio e ai delitti di violenza domestica e di genere in forma tentata la disposizione di cui all’art.165 co.5 c.p., che subordina la sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Il giudice stabilisce in sentenza il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

Dalle norme che precedono, che guardano anche alle ipotesi di mero tentativo nel catalogo delle violenze di genere, si evince una rinnovata attenzione agli adempimenti da curare per la specifica vigilanza delle persone ammesse a misure alternative alla detenzione e alla protezione delle vittime, con oneri informativi più stringenti.

Nuove ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza – L’art.2 co.15 della legge n.134 del 2021 ha integrato la lettera l-ter del comma 2 dell’art.380 c.p., che attualmente già consente l’arresto obbligatorio in flagranza dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art.572 c.p.) e di atti persecutori (art.612-bis c.p.), e ha esteso l’obbligo di arresto ai delitti di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all’art. 387-bis c.p..

Il giudice che ha disposto le misure violate (allontanamento dalla casa familiare o divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’offeso), può, in base all’art.280 co.3 c.p.p., applicare la carcerazione cautelare a prescindere dai limiti di pena previsti nel medesimo articolo. Ma ciò può avvenire in un diverso procedimento e da parte di un giudice che è differente da quello della convalida dell’arresto.

Le misure in argomento vanno utilmente correlate alla necessità del mantenimento di un efficace raccordo collaborativo tra le istituzioni per un attento monitoraggio delle situazioni a rischio e per intervenire tempestivamente, anche mediante strumenti e misure di prevenzione, nei confronti dei soggetti che continuano a manifestare profili di pericolosità sociale.

Tale aspetto è evincibile, peraltro, dalla precedente modifica dell’art.659 c.p.p. in materia di esecuzione dei provvedimenti del giudice di sorveglianza e dalla previsione di stringenti obblighi di comunicazione nei confronti della persona offesa e, ove nominato, al suo difensore, “in caso di scarcerazione del condannato per uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale”.

Nell’ottica di promuovere un costante scambio informativo che implementi le forme di collaborazione in aggiunta a quanto già previsto dai doveri di comunicazione stabiliti dal codice di procedura penale e dall’ordinamento penitenziario, gli Istituti di pena presenti sul territorio di competenza sono invitati a dare informazione all’Autorità di P.S. con congruo anticipo sulla data di scarcerazione dei detenuti per i reati previsti dall’art.659 c.p.p. e che, in ragione della loro residenza o domicilio, si presume facciano rientro nei territori di rispettiva competenza al termine dell’espiazione delle relative condanne.

L’obiettivo, per i soggetti già sottoposti ovvero eventualmente da sottoporre a misure di prevenzione, è anche quello di consentire all’Autorità di P.S., di ricostruire la pericolosità del soggetto e adottare le forme di tutela della vittima ritenute più opportune.

Tale circostanza rileva soprattutto allorché occorra rivalutare in termini urgenti ed antecedenti alla scarcerazione del soggetto, che abbia sofferto più di due anni di detenzione per espiazione di pena, e che sia destinatario della sorveglianza di pubblica sicurezza, i profili della pericolosità sociale già in precedenza dimostrata.

Qui la tempestiva notizia, da parte del competente ufficio matricola della casa circondariale in merito all’imminente scarcerazione del soggetto, eventualmente corredata da elementi di rilievo e di interesse sulla condotta intramuraria e sugli eventuali profili di pericolosità ivi manifestati, consente di rendere al competente Tribunale tutti gli elementi utili per l’attualizzazione del giudizio sulla pericolosità sociale.

L’obiettivo è realizzare una sinergia tra le competenze dell’Autorità giudiziaria e quelle dell’Autorità provinciale di P.S., nel rispetto delle specifiche attribuzioni.

 


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