Il 15 giugno 2019 è entrato in vigore il decreto legge n.53 del 2019, noto alle cronache come “decreto sicurezza bis”, in ragione della sua ideale continuità con il decreto legge n.113 del 2018 (convertito con modificazioni dalla legge n.132 del 2018), pure recante misure in materia di immigrazione e sicurezza pubblica, a sua volta noto come “decreto Salvini”.
Il testo, coordinato con la legge di conversione 8 agosto 2019, n.77, che ha apportato alcune modifiche all’impianto originario, è stato pubblicato sulla Gazz.Uff. n.186 del 9 agosto 2019 (D.L. 14 giugno 2019 n.53 conv. dalla legge n.77 del 2019)
Le novità del decreto sono riconducibili ai capi in cui è suddiviso:
- contrasto all’immigrazione illegale, ordine e sicurezza pubblica (capo I);
- potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza (capo II);
- contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive (capo III).
Le modifiche al T.U. Immigrazione
L’art.1 introduce nell’art.11 TU.Imm il nuovo comma 1-ter, che conferisce al Ministro dell’Interno – di concerto con i Ministri della difesa e dei trasporti, e informato (ma non “sentito”), il Presidente del Consiglio – il potere di emanare provvedimenti volti a vietare o limitare l’ingresso, il transito o la permanenza nelle acque territoriali di navi (escluse quelle militari o in servizio governativo non commerciale), laddove ricorrano due ordini di presupposti alternativi:
- “motivi di ordine e sicurezza pubblica”;
- concretizzazione delle condizioni di cui all’art.19, comma 2, lett. g) della Convenzione di Montego Bay, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti.
La norma richiama i contenuti delle direttive recentemente emanate dal Ministro dell’Interno nell’ambito della c.d. politica dei “porti chiusi”.
Con l’introduzione di un nuovo comma 6 bis nell’art.12 del T.U.Imm. (favoreggiamento dell’immigrazione irregolare), si prevede in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, notificato al comandante e, ove possibile, all’armatore e al proprietario della nave, una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000.
In assenza di diversa previsione, l’importo deve essere commisurato in base ai criteri generali (art.11 della legge n.689 del 1988) che prescrivono avere riguardo “alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”. E’ ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all’art.16 della legge n.689 del 1981.
In caso di “reiterazione con l’utilizzo della medesima nave” è prevista la sanzione accessoria della confisca della nave, con immediato sequestro amministrativo. Si applicano le regole generali sul sequestro cautelare e la confisca amministrativa di cui agli artt.13, 19 e 20 della legge n.689/1981.
Un’attenzione a sé merita la clausola “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisca reato”, che precede l’enucleazione delle sanzioni amministrative.
Tale disposizione comporta l’applicazione congiunta delle sanzioni amministrative e penali. Peraltro, l’art.650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) punisce con l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 206 euro chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni, ad esempio, di sicurezza pubblica o ordine pubblico, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.
La formulazione dell’art.2, che fa esplicitamente salve le sanzioni penali, determina per la medesima condotta (violazione del divieto di ingresso, transito o sosta) sia l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150 mila a un milione di euro (così elevata rispetto al testo del decreto che prevede un minimo di 10 mila e un massimo di 50 mila) sia l’applicazione della pena prevista dall’art.650 c.p..
All’irrogazione delle sanzioni, accertate dagli organi competenti al controllo, provvede il prefetto. Con modifica approvata nel corso dell’esame presso la Camera è inoltre previsto, che a seguito del provvedimento definitivo di confisca, gli oneri di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro cautelare siano imputati all’armatore e al proprietario della nave.
Il comma 6-ter specifica che le navi sequestrate, in applicazione della sanzione amministrativa accessoria, possono essere affidate in custodia dal prefetto, previa richiesta, agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto o alla Marina militare perché ne facciano uso per attività istituzionali, facendosi carico dei relativi oneri. Dunque, gli oneri del sequestro sono di norma attribuiti a proprietario e armatore, salva l’ipotesi in cui le imbarcazioni siano assegnate per fini istituzionali alle suddette amministrazioni.
Le modifiche al codice di procedura penale
L’art.3 del provvedimento modifica l’art.51 c.p.p. ed estende la competenza delle procure distrettuali (finora prevista soltanto per i reati di associazione finalizzata a commettere le ipotesi aggravate di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare di cui ai commi 3 e 3-ter dell’art. 12 T.U. imm)., anche ai casi di associazione finalizzata a commettere la fattispecie “base” di cui al comma 1 dello stesso art.12 (favoreggiamento, non aggravato, dell’immigrazione clandestina, integrata dalla mera realizzazione di atti diretti a procurare l’ingresso irregolare). Conseguentemente, sarà possibile svolgere intercettazioni preventive per l’acquisizione di notizie utili alla prevenzione di tale delitto.
L’art.3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, modifica la disciplina dell’arresto obbligatorio in flagranza di reato per prevederlo anche nei confronti di chiunque sia colto in flagranza di un delitto di resistenza o violenza contro nave da guerra, in base all’art.1100 del codice della navigazione.
Al fine di potenziare le “attività di contrasto del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, viene autorizzata per il triennio 2019-2021 una spesa complessiva 3 milioni di euro, per implementare l’utilizzo dello strumento investigativo delle operazioni di polizia sotto copertura ex art.9 della legge n.146 del 2006.
Le modifiche al T.U.L.P.S. e l’obbligo di comunicazione anche per le persone alloggiate per un periodo non superiore alle 24 ore
L’art.5 del d.l. n.53 del 2019 interviene a superare alcune incertezze interpretative insorte in merito all’obbligo di comunicare le generalità delle persone alloggiate per un periodo non superiore alle 24 ore. Poiché il D.M. 7 gennaio 2013 prevede (art.1) che nella predetta ipotesi la comunicazione alla Questura competente deve essere eseguita al momento dell’arrivo del soggetto alloggiato e tale previsione è considerata in contrasto con l’art.109 TULPS (il quale prevede più semplicemente che le generalità della persona ospitata nella struttura siano inoltrate entro le 24 ore dal suo arrivo), alcuni giudici penali hanno disposto la disapplicazione dell’art.1 del DM 7 gennaio 2013, archiviando i procedimenti penali instaurati a carico di alcuni gestori per la violazione del combinato disposto degli artt.17 e 109 TULPS.
Per risolvere i dubbi in merito, l’art.5 co.1 del d.l. n.53 del 2019 ha modificato il comma 3 dell’art.109 TULPS, il quale ora prevede che, per i soggiorni superiori alle 24 ore, la comunicazione delle generalità delle persone alloggiate debba avvenire entro le sei ore successive all’arrivo.
Per garantire la migliore applicazione di tale disposizione, il co.1 bis dell’art.5 del d.l. n.53 del 2019 prevede anche che debbano essere riviste le modalità di effettuazione delle comunicazioni delle persone alloggiate, attraverso l’adozione di un apposito decreto del Ministro dell’Interno, destinato ad apportare le necessarie integrazioni al ripetuto DM 7 gennaio 2013. Fino al varo del cennato provvedimento attuativo (e allo scadere del novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del menzionato decreto ministeriale di integrazione del D.M. 7 gennaio 2013) continua a rimanere in vigore l’art.109 co.3 TULPS nella versione antecedente al d.l. n.53 del 2019.
A regime, anche i soggiorni di durata inferiore alle 24 ore dovranno essere comunicati dalle strutture ricettive e pararicettive, utilizzando le modalità già oggi stabilite dal DM 7 gennaio 2013 ovvero con l’attivazione di un collegamento diretto tra la piattaforma informatica e i sistemi gestionali delle stesse strutture (Circ. Min. n.557/PAS/U/ 011448/12982.LEG del 16 agosto 2019).
Le modifiche alla c.d. “legge Reale”
Con l’art.6 vengono inasprite le sanzioni previste dalla c.d. legge Reale per chi utilizza caschi protettivi o qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
In primo luogo, la lettera a), modifica l’articolo 5 della citata legge, che vieta l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona:
- senza giustificato motivo in luogo pubblico o aperto al pubblico (primo periodo del primo comma);
- in ogni caso in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino (secondo periodo del primo comma).
Con la riforma, la pena edittale – che nella disciplina previgente è fissata per entrambe le modalità di commissione della contravvenzione nell’arresto da uno a due anni e nell’ammenda da 1.000 a 2.000 euro – è inasprita per l’ipotesi di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico ed è determinata nell’arresto da due a tre anni e nell’ammenda da 2.000 a 6.000 euro.
La lettera b) invece, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera, inserisce un nuovo articolo 5-bis nella citata legge n.152 del 1975, ai sensi del quale è punito, con la reclusione da uno a quattro anni, chi, nel corso delle manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere.
Si tratta della medesima condotta già punita qualora realizzata in occasione di manifestazioni sportive. Infatti, la riforma fa espressamente salva la disciplina prevista dalla legge n.401 del 1989 in materia di manifestazione sportive e, in particolare, i reati di cui agli articoli 6-bis e 6-ter della medesima legge (lancio di materiale pericoloso, scavalcamento, invasione di campo e possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive).
L’art.7 del decreto introduce una serie di modifiche al codice penale, aventi lo scopo di inasprire il trattamento sanzionatorio di fatti già previsti come reato allorché siano commessi nel contesto di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.
In particolare:
- viene prevista nel primo comma dell’articolo 339 c.p. un’ulteriore circostanza aggravante per i reati di cui agli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 338 (Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti) c.p., qualora le condotte siano poste in essere durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico;
- viene introdotta una circostanza aggravante del reato di cui all’art.340 c.p. (Interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità), nel caso in cui la condotta incriminata sia posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In questi casi è prevista la pena della reclusione fino a due anni;
- viene introdotta nell’art.419 c.p. una specifica aggravante qualora le condotte di devastazione e saccheggio vengano perpetrate nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico;
- nel delitto di danneggiamento (art.635 c.p.) l’ipotesi in cui il fatto sia commesso “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico” viene espunta dalla fattispecie base di cui al comma 1 e ricollocata, con pena significativamente superiore (da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni), nel nuovo comma 2. A tale ipotesi viene estesa la previsione di cui all’ultimo comma dell’art.635 c.p., che subordina la concessione della sospensione condizionale all’eliminazione delle conseguenze del reato o alla prestazione di lavori di pubblica utilità;
- con la modifica dell’art.341-bis c.p. viene introdotto il minimo edittale per il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale in precedenza punito con la reclusione fino a 3 anni, ed ora con pena della reclusione compresa da 6 mesi a 3 anni;
- viene introdotto il minimo edittale della reclusione di 6 mesi anche per il delitto di oltraggio a magistrato in udienza (art. 343 c.p.).
L’art.16, contenuto nel capo III e pertanto riconducibile alla tutela della sicurezza nelle manifestazioni sportive, introduce nell’art.61 c.p. la seguente nuova aggravante comune:
“11-septies) L’avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni”.
L’aggravante in esame si applica non solo qualora gli atti di violenza si siano verificati durante lo svolgimento della manifestazioni sportiva ma anche quando le condotte abbiano estrinsecato un più generico collegamento con esse, a prescinderne dalla durata.
Ai sensi dell’art.64 c.p. – in assenza di concorso di circostanze – la presenza di tale nuova aggravante comune comporta l’aumento della pena edittale fino a un terzo.
L’art.16 del decreto interviene anche sull’art.131-bis c.p., escludendo che possa ravvisarsi la particolare tenuità del fatto rispetto ai delitti puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, che siano stati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, ulteriori modifiche hanno previsto l’esclusione della particolare tenuità del fatto anche quando si procede per i delitti di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art.336 c.p.), di resistenza a pubblico ufficiale (art.337 c.p.) e di oltraggio a pubblico ufficiale (art.341-bis c.p.) commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni.
Le misure per il potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza
Il capo II del decreto racchiude una serie di disposizioni accomunate dalla finalità di “potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza”.
Per “l’eliminazione dell’arretrato relativo all’esecuzione delle sentenze penali di condanna definitive” (art.8), che comportano l’attuazione di un “programma di interventi, temporaneo ed eccezionale, finalizzato ad eliminare, anche mediante l’uso di strumenti telematici, l’arretrato relativo ai procedimenti di esecuzione delle sentenze di penali di condanna”, viene autorizzata l’assunzione, da parte del Ministero della giustizia, di un contingente fino ad 800 unità di personale amministrativo, con contratti a tempo determinato di durata annuale.
L’articolo 8-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, dispone che, per la progettazione necessaria agli enti previdenziali pubblici per la valutazione degli investimenti immobiliari, siano utilizzate le risorse disponibili a legislazione vigente iscritte nei pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze trasferite o da trasferire all’Agenzia del demanio. La norma è volta ad agevolare la destinazione di immobili pubblici a presìdi delle Forze di polizia.
L’art.8 ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, dispone l’aumento dell’attribuzione annua di ore di lavoro straordinario per il personale operativo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di 259.890 ore per l’anno 2019 e di 340.000 ore a decorrere dal 2020.
L’art.8 quater, introdotto dalla Camera dei deputati, consente, al comma 1, l’incremento di un posto di funzione dirigenziale generale nella dotazione organica del Ministero dell’interno, con la soppressione conseguente di posti di funzione dirigenziale di livello non generale.
Il comma 2 prevede la ricollocazione del personale assegnato alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, in caso di cessazione dell’attività delle stesse, presso le sedi centrali e periferiche dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno
L’art.9, rubricato “Rifissazione e proroga di termini in materia di protezione di dati personali e intercettazioni”, dispone la “ripresa vigenza” dell’abrogato art.57 del d.lgs. n.196 del 2003 fino al 31 dicembre 2019 e la rimodulazione delle discipline transitorie di cui all’art.9 del decreto legislativo n.216 del 2017 in materia di intercettazioni.
Sotto il primo profilo, l’abrogazione dell’art.57 del d.lgs. n.196 del 2003 era prevista dall’art.49 del decreto legislativo n.51 del 2018.
Con la modifica in esame ed il riacquisto della vigenza dell’articolo 57 del Codice della privacy si intende evitare un ‘vuoto’, posto che un emanando D.P.R. in materia (su cui deve essere acquisito il parere del Consiglio di Stato) deve altresì tener conto di quanto previsto dal decreto-legge n.113 del 2018 (al suo articolo 18), in materia di accesso al CED del Dipartimento di pubblica sicurezza, da parte dei Corpi e servizi di polizia municipale
In materia di intercettazioni, il termine a partire dal quale acquista efficacia la riforma della introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017, viene prorogato al 1 gennaio 2010 in quanto l’operatività della nuova disciplina è subordinata al completamento delle complesse misure organizzative in atto, anche relativamente alla predisposizione di apparati elettronici e digitali. Allo stato, infatti, le attività di collaudo dei sistemi presso i singoli uffici giudiziari delle procure della Repubblica, nonché quelle di adeguamento dei locali, risultano ancora in corso.
In particolare, è prorogato al 1 gennaio 2020 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione (art.2, co.1, lett.b del d.lgs. n.216 del 2017) che introduce un’eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (art.114 c.p.c.), tale da consentire la pubblicabilità dell’ordinanza di custodia cautelare di cui all’art.292 c.p.p..
Giova evidenziare, in estrema sintesi, come specificato nel dossier dei lavori parlamentari sul d.l. n.53 del 2019, che la riforma prevista dal decreto legislativo n. 216 del 2017:
- a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l’assistito, ne vieta la trascrizione, anche sommaria;
- prevede – con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non penalmente rilevanti o contenenti dati sensibili – che quando l’ufficiale di polizia giudiziaria ascolta una comunicazione di questa natura non la trascriva, neanche sommariamente. L’ufficiale avrà, tuttavia, un obbligo di annotazione, anche sommaria, dei contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM possa, eventualmente, compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;
- in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell’acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini. Tale fase segue una duplice procedura, a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare: nel primo caso, l’acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all’esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;
- prevede, a tutela dei difensori, che questi possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell’udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all’apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;
- stabilisce che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell’archivio riservato tenuto presso l’ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all’archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;
- per quanto riguarda l’uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell’ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia;
- dispone, poi, che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le intercettazioni utilizzate per l’adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell’archivio riservato;
- disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). I dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare e che devono assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile sono stati definiti dal decreto ministeriale 20 aprile 2018.
L’art.10 reca misure urgenti per il presidio del territorio attuato in occasione dello svolgimento dell’Universiade Napoli 2019, limitatamente ai servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, mentre l’art.10-bis reca un’autorizzazione di spesa per garantire la fruizione dei pasti al personale delle Forze di Polizia in occasione di servizi di ordine pubblico svolti fuori sede in località in cui non siano disponibili strutture adibite a mensa di servizio ovvero esercizi privati convenzionati di ristorazione.
L’art.10-ter, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento presso la Camera dei deputati, dispone l’istituzione dell’Ispettorato scuole della Polizia di Stato con funzioni di raccordo e coordinamento degli istituti, scuole e centri di formazione e addestramento del personale della Polizia.
All’Ispettorato scuole è preposto un dirigente generale “nell’ambito della dotazione organica vigente e fermo restando il numero complessivo degli uffici dirigenziali non generali, in cui si articola il Dipartimento della pubblica sicurezza”.
L’art.11 introduce nuove fattispecie di ingresso in Italia – per missione, per gara sportiva e tra quelle per le quali il permesso di soggiorno non sia necessario (in caso di soggiorni non superiori a tre mesi).
L’art.12 istituisce, presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo per le politiche di rimpatrio volto a sostenere iniziative di cooperazione o intese bilaterali per la riammissione degli stranieri irregolari presenti nel territorio nazionale e provenienti da Paesi extra-UE. Il fondo ha una dotazione iniziale di 2 milioni di euro per l’anno 2019, che potranno essere incrementati da una quota annua fino a 50 milioni di euro determinata annualmente con decreto interministeriale
L’art.12-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, reca alcune misure in favore del personale delle Forze di polizia, del Corpo dei vigili del fuoco, della carriera prefettizia e dei dirigenti dell’Amministrazione dell’interno.
Il comma 1 stanzia risorse per il miglioramento e il ricambio del vestiario del personale della Polizia di Stato.
Il comma 2 fissa a 7 euro l’importo dei buoni pasto del personale dirigente di cui all’art.46 del d.lgs.95 del 2017 che reca la disciplina dei trattamenti accessori e degli istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Il comma 3 reca l’incremento degli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e fissa un limite massimo di spesa per l’impiego di tale personale; inoltre, riduce la durata del corso di formazione per allievi vigili del fuoco, limitatamente al biennio 2019-2020, a 6 mesi di cui almeno 1 di applicazione pratica.
Il comma 4 istituisce un fondo da destinare all’incremento dei Fondi per la retribuzione di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia e del personale di livello dirigenziale contrattualizzato dell’Amministrazione civile dell’interno. Si prevede, inoltre, la possibilità di incrementare ulteriormente sia tali fondi, sia il fondo risorse decentrate del personale contrattualizzato non dirigente di cui alla legge 145 del 2018, art. 1, comma 149.
Il comma 5 incrementa il fondo da ripartire nel corso della gestione per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi.
Il comma 6 reca la copertura degli oneri derivanti da alcune delle disposizioni introdotte dall’articolo in esame.
L’art.12 ter – inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati – autorizza la spesa di 100.000 euro per l’anno 2019 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 per alimentare il Fondo risorse decentrate per la remunerazione delle maggiori attività rese dal personale contrattualizzato non dirigenziale dell’amministrazione civile dell’interno.
L’articolo 17-bis, contenuto nel capo III riduce da tre mesi a cinque settimane la durata del corso di formazione per l’accesso alla qualifica di capo squadra del Corpo nazionale dei vigili del fuoco esclusivamente per la procedura concorsuale con decorrenza 1° gennaio 2019
Le disposizioni per il contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive
Il capo III del decreto riguarda il “contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive”. Si tratta di un corposo insieme di disposizioni che intervengono tanto sul fronte della prevenzione quanto su quello della repressione dei fenomeni in questione.
In sintesi, attraverso le disposizioni di questo capo il decreto-legge:
- interviene sulla disciplina del c.d. DASPO, divieto di accesso alle competizioni sportive, per ampliarne la portata;
- estende anche agli arbitri e agli altri soggetti chiamati ad assicurare la regolarità delle competizioni sportive le tutele attualmente previste dall’ordinamento per gli addetti ai varchi di accesso agli impianti;
- estende il campo d’applicazione del divieto, per le società sportive, di corrispondere titoli di accesso o altre agevolazioni, nonché di contrattare, con i soggetti destinatari di DASPO, di misure di prevenzione o con i pregiudicati per specifici reati;
- interviene sul c.d. codice antimafia per consentire il fermo di indiziato di delitto, in deroga ai limiti di pena previsti dal codice di procedura penale, anche per coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
- stabilizza nel nostro ordinamento l’istituto dell’arresto in flagranza differita sia per reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto, sia quando per gli stessi reati, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, sia obbligatorio l’arresto;
- apporta modifiche al codice penale, volte al rafforzamento delle misure di contrasto dei fenomeni di violenza nelle competizioni sportive.
- amplia l’ambito applicativo della disciplina sanzionatoria della vendita non autorizzata di biglietti per le competizioni sportive e del cd. bagarinaggio, ossia la stessa vendita a prezzi maggiorati.
L’articolo 13 del d.l. 14 giugno 2019 n.53, in particolare, introduce una serie di modifiche alla legge n.401 del 1989 (recante, tra l’altro, disposizioni per la “tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive”), novellando la legge 13 dicembre 1989, n.401, ed il decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41.
In primo luogo, si interviene sull’articolo 6, comma 1, della legge n.401 del 1989 al fine di chiarire i presupposti applicativi del D.A.Spo. Più precisamente, il nuovo articolo 6, comma 1, lettera c), fuga ogni dubbio interpretativo sulla possibilità di applicare il divieto de quo in relazione a comportamenti posti in essere in ambiti non ricollegabili ad eventi sportivi (come, ad esempio, nel corso di manifestazioni politiche). Il D.A.Spo. sarà dunque applicabile non soltanto a coloro che hanno palesato una potenziale pericolosità per l’ordinario e pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive in occasione delle stesse, ma anche ai soggetti a carico dei quali tale pericolosità risulti aliunde, ossia dall’essere incorsi in denunzia o condanna, anche con sentenza non definitiva, per determinati reati, specificamente indicati e scelti quali indici precisi di attitudine al compimento di reati di particolare allarme sociale. La previsione normativa risponde quindi all’esigenza di evitare che soggetti coinvolti in indagini per reati in tal modo caratterizzati, per i quali è presumibile la probabilità di condotte violente, possano accedere alle manifestazioni sportive, luoghi in cui condotte analoghe potrebbero comportare una condizione di particolare rischio per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Tale incisivo intervento normativo ha risolto l’annoso contrasto sorto in giurisprudenza circa l’applicabilità del D.A.Spo. in relazione a condotte antigiuridiche poste in essere in contesti che esulano dall’ambito sportivo. Si ricordi, infatti, come ad avviso del prevalente indirizzo interpretativo l’operatività dell’art.6 comma 1, della legge n.401 del 1989, non può prescindere dal necessario collegamento tra la condotta censurata e l’evento sportivo, il cui pacifico ed ordinato svolgimento la misura preventiva è diretta ad assicurare.
In secondo luogo, l’elenco dei reati originariamente previsto dal citato art.6, comma 1, è ampliato con l’aggiunta del delitto di rissa di cui all’articolo 588 c.p., in considerazione dell’elevato rischio per la sicurezza pubblica che deriverebbe dalla realizzazione di simili condotte nell’ambito di una manifestazione sportiva.
Nello stesso articolo 6 della legge n.401 del 1989, inoltre, è inserito il comma 1-ter, che reca due diversi interventi:
- da un lato, si chiarisce che i provvedimenti analoghi al D.A.Spo., disposti dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell’Unione europea secondo i rispettivi ordinamenti nazionali, sono applicabili anche in relazione a manifestazioni sportive svolgentisi in Italia;
- dall’altro, si precisa che, ai fini dell’emanazione del provvedimento di D.A.Spo., i fatti commessi all’estero possono essere accertati non solo dall’autorità straniera competente, ma anche dalle Forze di polizia italiane: ciò consente di superare criticità che si sono verificate nell’esperienza operativa, connesse alla difficoltà spesso riscontrata nell’attuare un immediato interscambio informativo con le autorità estere.
Il d.l. 14 giugno 2019, n.53 interviene anche sulla durata del D.A.Spo. che, per i recidivi, non potrà essere inferiore a 5 anni né superiore a 10 anni (a fronte degli precedenti limiti edittali rispettivamente di cinque e otto anni). Per coloro che violano il divieto, il periodo massimo di durata della misura è innalzato dagli attuali otto a dieci anni.
Viene poi ridisegnato l’istituto della riabilitazione, disciplinato dal comma 8-bis dell’articolo 6 della legge n.401 del 1989, che il destinatario può chiedere, trascorsi 3 anni dalla cessazione del divieto, a fronte di condotte di ravvedimento operoso consistenti:
- nella riparazione dei danni causati mediante risarcimento anche in forma specifica;
- nella collaborazione con le autorità ai fini dell’individuazione di altri autori o partecipanti ai fatti che hanno determinato il DASPO;
- nello svolgimento di lavori di pubblica utilità, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività.
Ai fini dell’accoglimento della istanza assumeranno rilievo le condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, e la concreta collaborazione con l’Autorità di polizia o con l’Autorità giudiziaria per l’individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto.
Inoltre, mutuando la disciplina dell’avviso orale aggravato, ex art.3, comma 4 del d.lgs. n.159 del 2011, al disposto normativo dell’art.6 legge n.401 del 1989 è stato aggiunto un nuovo comma 8-ter, in base al quale il Questore, al momento dell’adozione del provvedimento di D.A.Spo., può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi di modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti in libera vendita in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti, non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici e altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.
Nel caso di violazione dei divieti di cui al periodo precedente, si applicano le disposizioni dell’articolo 76, comma 2, del citato decreto legislativo n. 159 del 2011.
Il comma 1 ter, introdotto nell’art.6 quater della legge n.401 del 1989 dal d.l. n.53 del 2019, stabilisce la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni a carico di chiunque commette fatti di violenza o minaccia nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. E’ prevista, infatti, l’applicazione delle pene previste per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art.336 c.p.) e di resistenza a pubblico ufficiale (art.337 c.p.).
L’ulteriore comma inserito all’art.6-quinquies della stessa legge prevede l’applicazione delle pene previste per il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (art.583-quater c.p.) quando le lesioni siano arrecate ad arbitri o ad altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. In particolare, l’art.583-quater c.p. prevede la reclusione da 4 a 10 anni in caso di lesioni gravi e la reclusione da 8 a 16 anni per le lesioni gravissime.
Infine, allo scopo di eliminare alcuni dubbi interpretativi sorti in precedenza, il decreto legge in esame interviene sull’impianto normativo dell’art.8 del decreto legge 8 febbraio 2007, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n.41 – concernente il divieto di agevolazioni nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento di cui all’articolo 6 della legge n.401 del 1989 – prevedendo che il soggetto sottoposto a D.A.Spo. non più efficace (e non destinatario di sentenza di condanna) debba ottenere la riabilitazione del Questore per poter avere accesso a sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l’erogazione a prezzo agevolato o gratuita di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio. Analogamente, si afferma la necessità della riabilitazione per la legittima stipulazione di contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti di cui all’articolo 20, commi 1 e 2, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, tra le società e i soggetti destinatari di provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge n.401 del 1989.
Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge:
- distribuisce su due distinti commi (comma 1 e comma 1-bis) i divieti di corrispondere benefici e di contrattare in precedenza disciplinati dal comma 1 dell’art.8 del decreto-legge n.8 del 2007;
- specifica che, tanto il divieto di corrispondere benefici, quanto quello di contrattare, opera nei confronti dei soggetti destinatari di DASPO non solo per la durata del provvedimento, ma anche oltre la scadenza, finché non intervenga la riabilitazione (art.6, comma 8-bis della legge n.401 del 1989);
- sostituisce il riferimento alla legge n.1423 del 1956 con quello al Codice antimafia (d.lgs. n.159 del 2011) mantenendo inalterato il campo d’applicazione del divieto, che fa sempre riferimento ai destinatari di una misura di prevenzione personale, in quanto ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica (art.6 del d.lgs. n.159 del 2011);
- specifica, anche in relazione ai destinatari di una misura di prevenzione personale, che il divieto per le società opera anche oltre la scadenza della misura, finché non intervenga la riabilitazione disciplinata dal Codice antimafia
L’art.17 ritocca la configurazione dell’illecito amministrativo di “bagarinaggio” (art.1-sexies d.l. n.28 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n.88 del 2003) e soprattutto ne dispone l’estensione agli enti rientranti nell’ambito di applicazione della legge n.231 del 2001 (attraverso il rinvio all’art.1 co.2 della stessa legge).
Ne deriva la punibilità (con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro) di tutte le condotte di vendita non autorizzata di biglietti per accedere alle manifestazioni sportive, dunque sia quelle che avvengano fuori dei luoghi interessati all’evento sportivo, sia quelle effettuate “on line”. Il divieto di vendita non autorizzata dei biglietti opera anche nei confronti di enti forniti di personalità giuridica e di società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Le modifiche al c.d. codice antimafia
L’art.14 modifica l’art.77 del c.d. codice antimafia estendendo le ipotesi speciali di fermo al di fuori dei limiti di cui all’art.84 c.p.p. anche a “coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive”.
Per procedere al fermo sarà comunque richiesto che il reato per il quale si procede sia contemplato tra quelli per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Dovranno, peraltro, ricorrere entrambi i presupposti dell’art.384 c.p.p., ossia “i gravi indizi di reato” e “il pericolo di fuga”, che costituiscono attuazione della garanzia prevista dall’art.13 Cost.
Le modifiche alle disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città
L’art.15 modifica l’art.10 del d.l. 20.2.2017, n. 14 (conv. con modif. in legge n.48 del 2017), recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, eliminando le disposizioni di cui ai commi 6-ter e 6-quater che, per taluni reati con arresto obbligatorio o facoltativo, prevedevano la temporaneità della c.d. flagranza differita (ossia l’estensione dello stato di “quasi-flagranza” ex art.382 c.p.p. anche a “colui il quale, sulla base di documentazione videofotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto”). Tale peculiare regime di flagranza diventa dunque permanente, limitatamente alle ipotesi ivi previste.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione motiva l’intervento «in considerazione del fatto che lo strumento dell’arresto differito ha rappresentato uno dei cardini del composito e complesso sistema delle misure di contrasto della violenza sportiva, rappresentando uno dei principali fattori alla base della positiva inversione di tendenza registratasi con riguardo agli episodi di violenza durante le manifestazioni sportive e, soprattutto, nell’ambito delle competizioni calcistiche».
L’articolo 16 bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede la possibilità per il sindaco di ordinare l’allontanamento dalle stazioni ferroviarie e marittime, dagli aeroporti e dalle banchine degli autobus per coloro che in tali luoghi commettono atti di bagarinaggio.
In particolare, integrando la formulazione dell’art.9, comma 2, del decreto-legge n.14 del 2017 (Sicurezza delle città), la disposizione prevede che, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla normativa vigente, il sindaco possa ordinare l’allontanamento dai citati luoghi anche di “chiunque, non appartenente alle società appositamente incaricate, vende i titoli di accesso alle manifestazioni sportive” (art.1 sexies del d.l. n. 28 del 2003).