L’utilizzo per fini personali di utenza telefonica assegnata per ragioni di ufficio integra il peculato d’uso, realizzandosi un’interversione momentanea del possesso dell’apparecchio seguita da una restituzione immediata.
Cass Sez. Unite 20-12-2012 dep 3-5-2013, n. 19054, Pres. Lupo, Est. Cortese
Negli ultimi anni la giurisprudenza di legittimità si è più volte confrontata con la necessità e l’obiettivo di qualificare correttamente l’utilizzo per fini privati di beni strumentali, quali il telefono cellulare, il computer, la fotocopiatrice, l’automobile, in dotazione al pubblico ufficiale per ragioni di servizio.
Tali condotte, ove non ricondotte al di fuori dell’alveo penalistico (ad esempio per irrilevanza o esiguità del fatto, ovvero per carenza di offensività), possono integrare, sulla base degli orientamenti che si sono di volta in volta succeduti o affiancati, ipotesi di peculato d’uso, peculato ordinario o di abuso d’ufficio.
In particolare, relativamente all’uso del telefono:
– uso del telefono e abuso d’ufficio (Cass., sez.VI, 29 luglio 2008, in Cass. pen. 2009, 1007). Si tratta di un indirizzo minoritario, non configurando la condotta in esame una violazione di legge o di regolamento (cfr. Cass., sez.VI, 29 gennaio 1998, in Giust. pen. 1998, II, 645);
– uso del telefono d’ufficio e peculato d’uso per “interversione momentanea del possesso dell’apparecchio seguita da una restituzione immediata” (Cass., sez.VI, 18 gennaio 2001, in Guida dir. 2001, n.9, 68);
– uso del telefono d’ufficio e peculato comune per utilizzazione non tanto dell’apparecchio, quanto piuttosto dell’energia occorrente per le conversazioni, non “restituibile” con l’eventuale rimborso del costo delle chiamate che varrebbe solo come “ristoro del danno cagionato” (per tutte, Cass., sez.VI, 15 dicembre 2000, in Riv. pen. 2001, 256).
Il rigore del trattamento sanzionatorio per il delitto di peculato ha indotto a cercare differenti approcci interpretativi.
In tale ottica si spiega la sostenuta ammissibilità della previsione di una deroga al divieto d’uso dell’utenza telefonica da parte del pubblico dipendente in casi eccezionali, con informazione al dirigente dell’ufficio (v. art.10 del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni previsto dall’art.58 bis del d.lgs. 3 febbraio 1993 n.29, approvato con D.M. Funzione Pubblica 31 marzo 1994, attuato con decreto con D.M. Funzione Pubblica 28 novembre 2000, ora sostituito dall’art.72 del d.lgs. n. 165 del 2001).
L’eccezionalità della condotta, connotata in termini di necessità/urgenza e caratterizzata da sporadicità ed episodicità lascerebbe sussistere, se del caso, una responsabilità eventualmente sanzionabile sotto il profilo disciplinare (per tutte, cfr. Cass., sez.IV, 14 febbraio 2003, in Guida dir. 2003, n.31, 77).
Non sono mancate, peraltro, pronunce orientate a riconoscere – a certe condizioni – l’irrilevanza penale del fatto ovvero la carenza di offensività:
– uso del telefono e irrilevanza penale del fatto per carenza del requisito di “appropriazione”, necessario per la configurabilità del reato di peculato (indirizzo ricorrente soprattutto nella giurisprudenza di merito: per tutte, Trib. Trento 29 marzo 2000, in Riv. pen. 2000, 801). La dottrina, tuttavia, opta per la configurabilità del requisito in esame nella fattispecie di peculato allorquando l’uso indebito della res avvenga con modalità e intensità tali da sottrarla alla disponibilità del legittimo proprietario o della pubblica amministrazione. Viceversa, l’uso indebito che non comporti una ‘spoliazione di fatto’ della pubblica amministrazione con conseguente lesione patrimoniale potrebbe integrare l’irrilevanza penale della condotta;
– uso del telefono o internet e carenza di offensività ove ricorrano tariffe all inclusive a canone fisso e assenza di costi aggiuntivi per l’amministrazione;
– uso privato del cellulare di servizio e insussistenza del peculato nei casi riconducibili all’appropriazione di cose di valore esiguo, in quanto l’applicazione della sanzione può essere giustificata dall’ordinamento solo quando la rigorosa afflizione stabilita dalla norma sia proporzionata al fatto commesso, nella prospettiva di una effettiva esigenza di rimproverabilità e punibilità dell’agente. Il bene giuridico tutelato è, infatti, l’integrità patrimoniale della P.A. e dei privati, con l’effetto che, se la cosa ha un valore economico molto modesto, il reato non può profilarsi, mancando una effettiva lesione patrimoniale (Cass. pen., sez.VI, 25 novembre 2010, n.41709).
Le Sezioni Unite hanno da ultimo optato per l’inquadramento dell’utilizzo per fini personali di utenza telefonica assegnata per ragioni di ufficio nell’ambito del c.d. peculato d’uso, ravvisando la sussistenza dell’interversione momentanea del possesso dell’apparecchio seguita da una restituzione immediata” piuttosto che di una condotta distrattiva o fraudolenta, rispettivamente inquadrabile nel delitto di abuso di ufficio o in quello di truffa aggravata a danno dello Stato.
“La condotta del pubblico agente che, utilizzando illegittimamente per fini personali il telefono assegnatogli per ragioni di ufficio, produce un apprezzabile danno al patrimonio della pubblica amministrazione o di terzi o una concreta lesione alla funzionalità dell’ufficio, è sussumibile nel delitto di peculato d’uso di cui all’art.314, comma secondo, cod. pen.”.
In altri termini, ciò che rileva a giudizio della Corte per la qualificazione in termini di peculato d’uso è l’utilizzo non di un servizio non dovuto (la connessione e la comunicazione telefonica in sé), ma di un bene di proprietà dello Stato, quale è il telefono.
Il margine di apprezzamento rimesso al giudice riguarda l’entità dell’effettiva lesione ed il concreto grado di offensività della condotta.