IN POCHE PAROLE…

Le “disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” recano significative modifiche al codice di rito per rendere più efficaci le azioni di protezione delle vittime di violenza.

L. n. 168 del 2023


Informazioni alla persona offesa dal reato e obblighi di comunicazione

Viene estesa, con la modifica del primo comma dell’art.90 ter c.p.p.  la previsione dell’immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o contro le donne, di tutte le notizie inerenti alle misure cautelari disposte nei confronti dell’autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, comprese l’evasione, la scarcerazione o la volontaria sottrazione dell’internato all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva.

Art.90 -ter (Comunicazioni dell’evasione e della scarcerazione).

  1. Fermo quanto previsto dall’articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l’ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva emessi nei confronti dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell’internato, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell’internato all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all’articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l’autore del reato.

1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per il delitto previsto dall’articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609 -bis , 609 -ter , 609 -quater , 609 -quinquies , 609 -octies e 612 -bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583 -quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

La norma è volta a rafforzare la disciplina della tutela specifica introdotta dalla legge 19 luglio 2019, n.69 (c.d. Codice rosso) e richiesta dalla Direttiva 2012/29/UE, per garantire alle vittime di violenza domestica o di genere i più adeguati livelli di informazione e sostegno, assistenza e protezione adeguata, in ogni stato e grado del procedimento.

Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena

L’art. 15 co.1 della legge n.168 del 2023 è intervenuto sull’art.165 c.p., in materia di sospensione condizionale della pena, andando a sostituire il comma 5 e modificando gli obblighi ai quali il condannato deve soggiacere per accedere al beneficio, richiedendosi non solo la partecipazione a specifici percorsi di recupero ma anche il superamento degli stessi con esito favorevole, accertato dal giudice. Viene altresì previsto che qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168 co.1 n.1 c.p..

Art. 165 co.5 c.p. – Obblighi del condannato

Nei casi di condanna per il delitto previsto dall’articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612- bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164. Del provvedimento che dichiara la perdita di efficacia delle misure cautelari ai sensi dell’articolo 300, comma 3, del codice di procedura penale è data immediata comunicazione, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini delle tempestive valutazioni concernenti l’eventuale proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali previste nel libro I, titolo I, capo II, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 59, fermo restando quanto previsto dall’articolo 166, secondo comma, del presente codice. Sulla proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali ai sensi del periodo precedente, il tribunale competente provvede con decreto entro dieci giorni dalla richiesta. La durata della misura di prevenzione personale non può essere inferiore a quella del percorso di recupero di cui al primo periodo. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione personale deve essere comunicata senza ritardo al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero 1).

La norma, tuttavia, non individua alcuna istituzione pubblica che possa fornire al giudice la consulenza necessaria sia per individuare gli enti o le associazioni presso cui svolgere i programmi riabilitativi, sia per supervisionare l’effettivo svolgimento dei percorsi di recupero.

Trattandosi di un provvedimento afferente all’area penale, si è ritenuto che la struttura di elezione per tale compito sia l’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE), in particolare per ciò che concerne il monitoraggio e la verifica dell’effettiva partecipazione ai percorsi di recupero da parte dei condannati per i reati di violenza domestica e del loro esito, con la corretta esecuzione degli obblighi previsti.

Tra i compiti dell’U.E.P.E. l’art.72 della legge 26 luglio 1975, n.354 (c.d. ordinamento giudiziario) ricomprende quelli concernenti le proposte all’autorità giudiziaria relative al programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare (co.2 lett.c) e il controllo / accertamento / monitoraggio, riferendone gli esiti all’autorità giudiziaria e proponendo eventuali interventi di modificazione o di revoca sull’esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative (co.2 lett.d)

L’art.15 co.2 della legge in esame modifica, al contempo, l’art.18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, in modo da prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e, nel caso di inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi imposti, ne dia immediata comunicazione al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza, il quale attiverà conseguentemente il procedimento di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena. Per garantire la tempestiva informazione in ordine ad eventuali inadempimenti, gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero forniranno immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero.

Anche da questa modifica si desume che il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna per individuare gli enti o le associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per reati di violenza domestica e di genere e gli specifici percorsi di recupero previsti dalla stessa norma.

Ad ogni modo, sulla proposta di sorveglianza speciale avanzata ai sensi del nuovo art.165 co.5 c.p., il tribunale deve decidere entro 10 giorni, e la durata della misura di prevenzione non può essere inferiore a quella del percorso di recupero disposto dal giudice con la sospensione condizionale della pena.

Inoltre, qualsiasi violazione della misura di prevenzione deve essere comunicata al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, al fine della revoca della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n.1, c.p..

Accelerazione dei processi, anche nella fase cautelare

In forza dell’art.3 della legge n.168 del 2023 il rapido e prioritario svolgimento dei processi in materia di violenza contro le donne viene ora esteso anche ad altre fattispecie, quali la costrizione o induzione al matrimonio; la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; lo stato di incapacità procurato mediante violenza; le lesioni personali, in alcune ipotesi aggravate (per esempio quando il fatto è commesso contro i genitori, i figli o i coniugi/partner).

Nei casi indicati dall’articolo 132 -bis , comma 1, lettera a -bis ), delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come sostituita dall’articolo 3 della legge in esame  assicurata priorità anche alla trattazione delle richieste di misura cautelare personale (art.4 della legge n.168 del 2023).

art.132 bis co.1 norme att. coord. e trans. c.p.p.

lett.a-bis): ai delitti previsti dagli articoli 387 -bis , 558 -bis , 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583 -quinquies , 593 -ter , da 609-bis a 609 octies , 612 -bis , 612-ter e 613, terzo comma, del codice penale

Attribuzioni del Procuratore della Repubblica

L’art.5 della legge n.168 del 2023 prevede l’obbligo (e non più la mera facoltà), per il Procuratore della Repubblica, di individuare uno o più procuratori aggiunti o uno o più magistrati addetti all’ufficio per la cura degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica.

Termini per la valutazione delle esigenze cautelari

L’art.7 della legge n.168 del 2023 inserisce, nel codice di procedura penale, un nuovo articolo (art.362 bis, rubricato misure urgenti di protezione della persona offesa), con la previsione che il pubblico ministero, “qualora si proceda per il delitto di cui all’articolo 575, nell’ipotesi di delitto tentato, o per i delitti di cui agli articoli 558 -bis , 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583 -bis , 583 -quinquies , 593 -ter , da 609 -bis a 609 -octies , 610, 612, secondo comma, 612 -bis , 612 -ter e 613, terzo comma, del codice penale, consumati o tentati, commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato della parte dell’unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti”, effettuate le indagini ritenute necessarie, abbia un massimo di 30 giorni dall’iscrizione della persona indagata nell’apposito registro per valutare se richiedere l’applicazione delle misure cautelari.

Ulteriori 30 giorni al massimo saranno a disposizione del giudice per la decisione sull’istanza. Anche qualora il pubblico ministero non ravvisi i presupposti per la richiesta delle misure cautelari, dovrà proseguire le indagini preliminari. Il giudice avrà 20 giorni dal deposito dell’istanza cautelare presso la cancelleria per decidere in ordine alla richiesta del P.M.

Ai sensi dell’art.8 della legge n.168 del 2023 rubricato (“Rilevazione dei termini”) e del nuovo comma 1 bis introdotto all’articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989 n.271, “il procuratore generale presso la corte di appello acquisisce ogni tre mesi dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all’articolo 362 -bis del codice di procedura penale e invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale”.

Violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari

L’art.9 della legge in esame reca un’armonizzazione degli effetti penali della violazione delle misure coercitive ex artt. 282-bis e 282-ter c.p.p. e della violazione degli ordini di protezione emessi ex art.342-ter, co.1 c.c..

L’art.387-bis c.p. prevede il reato di violazione delle misure cautelari adottate dal giudice penale dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nonché di violazione del provvedimento di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare adottato dalla polizia giudiziaria previa autorizzazione del pubblico ministero.

Tale reato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e sei mesi. Per lo stesso delitto, l’art.380, comma 2, lettera l-ter) c.p.p.  come modificato dall’art.2, comma 15, della legge 27 settembre 2021 n.134, prevede l’arresto obbligatorio in flagranza. La medesima disciplina viene estesa alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile, attualmente sanzionata dall’art.388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032, 1.032, senza la previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza.

“Considerato che l’ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all’articolo 342-ter, primo comma, del codice civile presuppone una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all’esito di una compiuta istruttoria, appare ragionevole equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento: in entrambi i casi, infatti, l’autore della violazione ha posto previamente in essere una condotta ai danni del convivente tale da dover essere allontanato dall’abitazione (con eventuale prescrizione anche del divieto di avvicinamento) e ha poi dimostrato di non essere in grado di autodeterminarsi, eludendo il provvedimento dell’autorità giudiziaria”.

Arresto in flagranza differita

L’art.10 introduce nel codice di procedura penale un nuovo art.382-bis, che configura un’ipotesi di arresto in flagranza differita.

La nuova disposizione stabilisce che, nei casi di cui agli articoli 387-bis (violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 572 (maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 612-bis (atti persecutori) del codice penale, “si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione videofotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto”.

La misura permette di procedere all’arresto anche se il soggetto, al momento di arrivo delle forze dell’ordine, si è allontanato, così ovviandosi a problematiche di carattere procedurale oggetto di differente interpretazione da parte della Suprema Corte.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n.39131/16 del 24 novembre 2015 ha stabilito che non possa “procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”, escludendo in concreto la legittimità dell’atto allorché si verifichi l’ipotesi del c.d. inseguimento investigativo il quale ricorre quando l’autore non viene trovato sul luogo della consumazione del reato ma viene rintracciato sulla base delle informazioni assunte (è il caso tipico del maltrattante il quale normalmente si allontana prima dell’intervento della polizia giudiziaria).

La formulazione della norma ricalca quella di cui all’articolo 8 della legge n.401 del 1989, come modificata nel 2003, per i reati commessi con violenza alle persone in occasione delle manifestazioni sportive. Considerata l’equiparazione del trattamento penale del divieto di allontanamento previsto in sede civile con quello adottato in sede cautelare penale, anche in quella ipotesi si consente l’arresto differito.

Un effetto indiretto di questa misura riguarda la concreta messa in protezione della vittima, che “viene normalmente collocata in una casa rifugio in attesa che venga emessa una misura cautelare a carico dell’aggressore con una evidente distorsione dell’intervento che costringe la vittima a nascondersi quando dovrebbe essere l’autore del reato ad essere messo in una condizione di limitazione della sua libertà personale tale da consentire alla donna di sentirsi protetta mediante un intervento di polizia giudiziaria assolutamente efficace e risolutivo” (così Roia F., Audizione Commissione Giustizia Senato dell’11 giugno 2019, contributo consultabile su www.senato.it).

Disposizioni in materia di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare

L’art.11 della legge in esame, attraverso la modifica dell’art.384 bis c.p.p., potenzia l’istituto dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, prescindendo dal pericolo di fuga e dalla flagranza quando si procede nei confronti della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 387 bis, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, e 612 -bis del codice penale o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

Secondo la precedente formulazione, nel caso della violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, eseguito l’arresto ed in assenza di un tempestivo provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero, conseguiva l’immediata liberazione dell’arrestato.  Con la deroga ai limiti di pena ex art.391 co.5 secondo periodo ultima parte c.p.p. si è inteso ovviare a questa limitazione.

Pertanto la disposizione, nell’ottica di una pronta ed efficace tutela dell’incolumità della persona offesa, consente l’intervento tempestivo alla polizia giudiziaria qualora l’urgenza della situazione, valutata sulla base di specifici elementi, non permetta di attendere il provvedimento cautelare del giudice.

La nuova misura viene prevista per categorie di reati, quali i maltrattamenti in famiglia, le lesioni e lo stalking, che normalmente preludono alla commissione di condotte criminose più gravi o comunque delitti commessi con minaccia e violenza, anch’essi sintomatici di una condotta aggressiva e violenta dell’autore, in ordine alla quale è necessario un intervento tempestivo per evitare che la vita o l’incolumità della persona offesa sia posta in pericolo con la commissione di delitti con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.

«Art. 384 -bis (Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare)

  1. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l’allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’articolo 282 -bis , comma 6, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa. La polizia giudiziaria provvede senza ritardo all’adempimento degli obblighi di informazione previsti dall’articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni.
  1. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti del presente titolo. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 381, comma 3. Della dichiarazione orale di querela si dà atto nel verbale delle operazioni di allontanamento. 

2-bis .Fermo restando quanto disposto dall’articolo 384, anche fuori dei casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l’allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei delitti di cui agli articoli 387 -bis, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, e 612 -bis del codice penale o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice. 

2-ter. Entro quarantotto ore dall’esecuzione del decreto di cui al comma 2 -bis , il pubblico ministero richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo nel quale il provvedimento di allontanamento d’urgenza è stato eseguito. 

2-quater. Il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore. 

2-quinquies. Il provvedimento di allontanamento d’urgenza diviene inefficace se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 2 -ter . 

2-sexies. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti del presente titolo

Rafforzamento delle misure cautelari e dell’uso del braccialetto elettronico

L’art.12 della legge in esame interviene sulla disciplina delle particolari modalità di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di cui all’articolo 275-bis c.p.p., nei casi previsti dagli articoli 282-bis e 282-ter c.p.p. ed ai fini dell’applicabilità della misura coercitiva degli arresti domiciliari, anche in sostituzione di quella della misura cautelare in carcere, nonché sulle trasgressioni delle prescrizioni e degli obblighi derivanti dall’applicazione delle misure cautelari disposte in relazione al verificarsi di fatti riconducibili a episodi di violenza domestica o di genere: a tutte queste misure, infatti, può essere abbinata – come condizione per la loro concessione – anche una modalità di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.

E’ soppresso l’obbligo, ora vigente in capo al giudice procedente, di verificare in via preventiva la disponibilità degli apparati necessari da parte della polizia giudiziaria. Questa previsione, di per sé, non è parsa idonea a risolvere i problemi finora riscontrati in ordine all’approvvigionamento e al corretto funzionamento dei dispositivi, forniti dal gestore aggiudicatario del vigente contratto di appalto (nella Relazione tecnica, cit., p.14, si evidenzia, invece che “alla data del 31 ottobre 2021, è stato registrato un numero complessivo di “attivazioni” pari a 14.907, comprensivi del novero di dispositivi attivati in conseguenza delle pertinenti disposizioni straordinarie adottate in relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19, con una media mensile, calcolata sui mesi di esecutività dell’atto negoziale in parola (35 mesi), pari a circa 426 unità, ampiamente inferiore rispetto alla quota massima di 1.200 attivabili (1.000 di base + aumento di ulteriore 20%)”.

Si richiede, pertanto, analogamente a quanto specificato per le misure di prevenzione con uso del braccialetto elettronico e in luogo della verifica sulla disponibilità dello strumento, un “previo accertamento della relativa fattibilità tecnica da parte della polizia giudiziaria

L’applicazione della misura cautelare in carcere è ora prevista, in forza della modifica dell’art.276 co.1 ter c.p.p., non solo nel caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari ma anche nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari o con le misure di allontanamento dalla casa familiare o divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

L’art.2 co.1 lettera c), tramite la modifica dell’art.282 bis co.6 c.p. stabilisce che, nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con le modalità di controllo previste all’art.275-bis c.p.p., il giudice prevede altresì l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi.

Si estendono al tentato omicidio e alla deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (qualora commessi in danno dei prossimi congiunti o del convivente) le fattispecie per le quali è consentita l’applicazione della misura dell’allontanamento anche al di fuori dei limiti di pena previsti e si prevede il controllo del rispetto degli obblighi tramite il braccialetto elettronico e la prescrizione di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a 500 metri, dalla casa familiare o da altri luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla persona offesa, “salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale caso, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni”;

Con la successiva lettera d), si registrano due distinti interventi sulla disciplina del provvedimento di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

In forza del riformulato comma 1 dell’art.282 ter c.p.p., “con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275 -bis . Nei casi di cui all’articolo 282 -bis, comma 6, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275 -bis . Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi

Le distanze vengono rideterminate nel co.2 dell’art.282-ter c.p.p. in misura comunque non inferiore a cinquecento metri, con l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis c.p.p..

Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive

Le modifiche agli articoli 275 e 280 c.p.p. apportate dall’art.13 della legge in esame, derogano ai limiti edittali precedenti per consentire di applicare la custodia cautelare in carcere, al ricorrere delle condizioni previste dalla legge, anche per il reato di lesioni personali (articolo 582 del codice penale), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.

Si tratta delle aggravanti già valorizzate, per il medesimo reato di lesioni personali, dalla legge 19 luglio 2019 n.69, in relazione alle modifiche introdotte in materia di obbligo di riferire la notizia del reato (articolo 347 c.p.p.), di assunzioni di informazioni (art.362 c.p.p.), di compimento di atti diretti e delegati dal pubblico ministero (articolo 370 c.p.p.), di sospensione condizionale della pena (art.165 c.p.), di obblighi informativi (art-64-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie c.p.p. e articoli 90-bis e 190-bis c.p.p.): l’avere commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell’articolo 61 del codice penale o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premedita-zione (articolo 576, primo comma, numero 2, del codice penale); l’avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale (articolo 576, primo comma, numero 5, del codice penale); l’essere stato il fatto commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale nei confronti della persona offesa (articolo 576, primo comma, numero 5.1, del codice penale); l’avere commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (art.577 co.1 n.1 c.p.); l’avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l’altra parte dell’unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del co-dice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (art.577 co.2 c.p.).

Le aggravanti suddette, per effetto della disposizione di cui all’art.585 c.p., fanno scattare l’aumento della pena da un terzo alla metà nei casi dell’art.576 c.p. e di un terzo nei casi dell’art.577 c.p. e giustificano, in tal senso, una deroga alla disposizione di cui all’articolo 275, comma 2-bis, c.p.p. (secondo cui, di regola, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni di reclusione), a fronte di un reato, quale quello di lesioni, che nelle ipotesi non aggravate è punito con una pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Pure a fronte dei maggiori oneri di controllo sul rispetto delle misure e delle prescrizioni “si assicura che le attività conseguenti le modifiche apportate (…) potranno essere espletate attraverso il rafforzamento delle forme di collaborazione già esistenti tra gli organi preposti alla verifica dell’esecuzione delle misure impartite e all’accertamento dei fatti e delle condotte oggetto di trasgressione, tanto presso gli uffici giudiziari che presso gli uffici delle Forze dell’ordine interessate” (cfr. Relazione tecnica, cit., p.15: “la norma ha carattere precettivo – ordinamentale ed è diretta a rafforzare la prevenzione del verificarsi di eventi ancora più gravi, inibendo la libertà personale o di circolazione di coloro che hanno dimostrato comportamenti antisociali e un’indole comunque propensa alla reiterazione della condotta per la quale risultano perseguiti. Pertanto, si tratta di un efficientamento delle misure di prevenzione e contrasto di un fenomeno dilagante diretto a creare una sinergia di interventi tra le amministrazioni coinvolte – Interno e Giustizia – che già sono impegnate nella repressione delle violenze ciascuna nell’ambito di competenza e funzioni istituzionali. Pertanto, l’attuazione dell’intervento normativo, non comporta nuovi o maggiori oneri atteso che le attività, svolte tramite l’adozione di opportune misure organizzative, di riprogrammazione della spesa e di miglioramento delle forme di collaborazione già esistenti, potranno essere fronteggiate con l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”).

Va osservato, tuttavia, che l’impegno richiesto alle forze di Polizia per la verifica sull’osservanza delle prescrizioni imposte deve coniugarsi con gli ulteriori oneri derivanti dalle misure di vigilanza dinamica che saranno disposte dal Prefetto in relazione ai procedimenti per i delitti di cui all’art.362, comma 1-ter, c.p.p. (tentato omicidio ovvero, nelle forme consumate o tentate, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, nonché talune ipotesi aggravate di lesioni personali e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso), in relazione ai casi di estinzione o revoca delle misure coercitive ovvero di sostituzione con misura meno grave comunicati dall’A.G., ma anche in presenza di “concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta”, segnalati dall’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela.

 Modifiche in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti

L’art.13 della legge 7 luglio 2016 n.122 opera anche in caso di omicidio nei confronti del coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dell’altra parte di un’unione civile, anche se l’unione è cessata, o di chi è o è stato legato da relazione affettiva e stabile convivenza

Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime

L’art.17 della legge in esame introduce, con il nuovo art.13 bis della legge 7 luglio 2016 n.122, una provvisionale a titolo di ristoro “anticipato”, in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno.

Si supera anche il limite della necessità dell’acquisizione della sentenza di condanna, attualmente previsto quale elemento indissolubile per il riconoscimento e la conseguente elargizione dell’indennizzo. La disposizione anticipa il momento della richiesta alla fase delle indagini preliminari, sulla base degli atti del procedimento penale previo parere del pubblico ministero competente.

La provvisionale può esser corrisposta a condizione che:

  • la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi al medesimo;
  • la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p. e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
  • la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quello dovuto in base alle disposizioni di cui all’articolo 11. In caso di morte della vittima in conseguenza del reato, tali condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima, anche con riguardo agli aventi diritto indicati all’articolo 11, comma 2-bis (comma 2 dell’articolo 13-bis).

Qualora, decorso il termine di termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale, non venga presentata domanda di indennizzo ovvero questa venga respinta o dichiarata inammissibile, il Comitato dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato.

L’istanza è presentata al prefetto della provincia di residenza, che entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza, verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia.

Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all’articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, acquisiti gli esiti dell’istruttoria dal prefetto, provvede entro centoventi giorni dalla presentazione dell’istanza. La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell’importo dell’indennizzo determinato secondo quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 11, comma 3.

Il Comitato dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato nei seguenti casi:

a) qualora non sia presentata domanda di indennizzo nel termine di cui all’articolo 13, comma 2, ovvero questa sia respinta o dichiarata inammissibile;

b) qualora, decorso il termine di due anni dalla concessione della provvisionale e con cadenza biennale per gli anni successivi, in assenza delle condizioni per la presentazione della domanda di indennizzo, non sia prodotta autocertificazione sulla non definitività della sentenza penale o della procedura esecutiva o sulla mancata percezione di somme in connessione al reato.

Riconoscimento e attività degli enti e delle associazioni organizzatori di percorsi di recupero destinati agli autori di reato

L’art.18 della legge in esame stabilisce che “ai fini e per gli effetti degli articoli 165, quinto comma, del codice penale e 282 -quater, comma 1, terzo periodo, del codice di procedura penale”, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, “il Ministro della giustizia e l’Autorità politica delegata per le pari opportunità stabiliscono, con proprio decreto, i criteri e le modalità per il riconoscimento e l’accreditamento degli enti e delle associazioni abilitati a organizzare percorsi di recupero destinati agli autori dei reati di violenza contro le donne e di violenza domestica e adottano linee guida per lo svolgimento dell’attività dei medesimi enti e associazioni”.


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