Il fulcro del “decreto sicurezza bis” (d.l. 14 giugno 2019 n.53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n.77) è da individuarsi, oltre che nelle norme per concernenti l’immigrazione illegale (contenute nel capo I), nelle previsioni per il contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive
Queste ultime, in buona misura contenute nel capo III del provvedimento, determinano modifiche significative al codice penale, al c.d. codice antimafia, alle norme emanate con d.l. n.14 del 2017 per garantire la sicurezza nelle città e, naturalmente, alla legge n.401 del 1989 (recante, tra l’altro, disposizioni per la “tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive”) e al decreto legge 8 febbraio 2007, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41.
Le modifiche all’art.6 della legge n.401 del 1989
Le disposizioni in esame incidono tanto sul fronte della prevenzione quanto su quello della repressione, determinando in primo luogo l’ampliamento della portata del c.d. DASPO, ossia del divieto di accesso alle competizioni sportive
In primo luogo, si interviene sull’articolo 6, comma 1, della legge n.401 del 1989 al fine di chiarire i presupposti applicativi del D.A.Spo. Più precisamente, il nuovo articolo 6, comma 1, lettera c), fuga ogni dubbio interpretativo sulla possibilità di applicare il divieto de quo in relazione a comportamenti posti in essere in ambiti non ricollegabili ad eventi sportivi (come, ad esempio, nel corso di manifestazioni politiche). Il D.A.Spo. sarà dunque applicabile non soltanto a coloro che hanno palesato una potenziale pericolosità per l’ordinario e pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive in occasione delle stesse, ma anche ai soggetti a carico dei quali tale pericolosità risulti aliunde, ossia dall’essere incorsi in denunzia o condanna, anche con sentenza non definitiva, per determinati reati, specificamente indicati e scelti quali indici precisi di attitudine al compimento di reati di particolare allarme sociale. La previsione normativa risponde quindi all’esigenza di evitare che soggetti coinvolti in indagini per reati in tal modo caratterizzati, per i quali è presumibile la probabilità di condotte violente, possano accedere alle manifestazioni sportive, luoghi in cui condotte analoghe potrebbero comportare una condizione di particolare rischio per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Tale incisivo intervento normativo risolve l’annoso contrasto sorto in giurisprudenza circa l’applicabilità del D.A.Spo. in relazione a condotte antigiuridiche poste in essere in contesti che esulano dall’ambito sportivo. Si ricordi, infatti, come ad avviso del prevalente indirizzo interpretativo l’operatività dell’art.6 comma 1, della legge n.401 del 1989, non può prescindere dal necessario collegamento tra la condotta censurata e l’evento sportivo, il cui pacifico ed ordinato svolgimento la misura preventiva è diretta ad assicurare.
In secondo luogo, l’elenco dei reati originariamente previsto dal citato art.6, comma 1, è ampliato con l’aggiunta del delitto di rissa di cui all’art.588 c.p., in considerazione dell’elevato rischio per la sicurezza pubblica che deriverebbe dalla realizzazione di simili condotte nell’ambito di una manifestazione sportiva.
Il ridisegnato ambito di applicazione soggettivo del provvedimento, tanto per la durata quanto per i destinatari della misura, comporta che ora il Daspo può essere emesso nei confronti di :
a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
Qui ricorrono, in genere, i delitti di lesioni personali, ex art.582 e di danneggiamento aggravato ex art.635 c.p.. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “devono ricomprendersi tra le condotte commesse a causa di manifestazioni sportive, non solo quelle tenute direttamente in occasione di competizioni sportive, ma anche quelle a queste collegate da un rapporto di diretta e stretta causalità” (Cass. Sez. III, n.44621 del 2016). In particolare, la Corte di cassazione ha ritenuto legittimo l’operato del G.I.P., il quale ha convalidato un D.A.Spo. con prescrizioni emesso dal Questore in relazione ad alcune condotte di intemperanza realizzate nei pressi di un centro sportivo da alcuni ultras, che, con fare minaccioso e violento, richiedevano ai calciatori un maggiore impegno e risultati sportivi adeguati alle loro aspettative. L’A.G. ha ritenuto innegabile, in tale circostanza, il collegamento tra la finalità della condotta e le manifestazioni sportive
b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a)
L’ipotesi è stata introdotta dal d.l. n.119 del 22 agosto 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.146 del 2014.
Qui si procede indipendentemente da una eventuale denuncia o condanna, sulla base di una valutazione del futuro comportamento di alcuni soggetti (c.d. Daspo preventivo).
L’aggravamento della misura del divieto di accedere a manifestazioni sportive con relativo obbligo di presentazione all’autorità di polizia (DASPO), consistente nella proroga del termine di durata, disposta ai sensi dell’art. 6, comma quinto, legge 13 dicembre 1989, n. 401, in caso di violazione del divieto avvenuta all’estero, non presuppone l’accertamento dei fatti ad opera dell’autorità straniera, come invece previsto dall’art. 6, comma primo, ultima parte, della stessa legge, (come modificato dal D.L. 22 agosto 2014, n. 199, convertito con modifiche in legge 17 ottobre 2014, n. 146), qualora i fatti rilevanti per l’emissione del decreto siano stati commessi all’estero (nella specie, la violazione del divieto era stata accertata da personale della Polizia di Stato al seguito dei sostenitori di una squadra impegnata all’estero: Cass. pen., sez.III, sentenza n.5623 dell’8 luglio 2016, dep. 7 febbraio 2017 rv.269242).
Il Daspo, sulla base delle modifiche già introdotte dal d.l. n.119 del 22 agosto 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.146 del 2014, ricorre anche in caso di “introduzione o esposizione all’interno degli impianti sportivi di striscioni e cartelli ovvero altre scritte o immagini che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce”.
In genere, si tratta di condotte (come di fattispecie di reato) che, soprattutto in base all’esperienza maturata in questi ultimi anni, si associano frequentemente a comportamenti suscettibili di creare situazioni di pericolo per l’ordine pubblico e la pubblica incolumità durante lo svolgimento di manifestazioni sportive (ed in tutti quei contesti spazio-temporali interessati dalla «sosta, transito o trasporto» dei tifosi), avendo generato tanto disvalore penale, anche per il grande rilievo mediatico rivestito da tali eventi.
c) nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni per uno dei seguenti reati:
- reati di cui all’art.4, commi 1 e 2 della legge 18 aprile 1975 n.110 (porto d’armi od oggetti atti ad offendere);
- reati di cui all’art.5 della legge 22 maggio 1975 n.152 (uso di caschi protettivi od altro mezzo idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona);
- reati di cui all’art.2, comma 2 del decreto legge 26 aprile 1993 n.122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.205 (esposizione o introduzione di simboli o emblemi discriminatori o razzisti);
- reati di cui all’art.6 bis, commi 1 e 2 e all’art.6 ter della legge 13 dicembre 1989 n.401 (lancio di oggetti idonei a recare offesa alla persona, indebito superamento di recinzioni o separazioni dell’impianto sportivo, invasione di terreno di gioco e possesso di artifizi pirotecnici);
- reati di cui all’articolo 2 bis del decreto legge 8 febbraio 2007 n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007 n.41 (divieto di introduzione ed esposizione negli impianti sportivi di striscioni e cartelli ovvero altre scritte o immagini incitanti alla violenza);
- delitti contro l’ordine pubblico e di comune pericolo mediante violenza di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale. Si tratta di reati quali istigazione a delinquere (ex 414 c.p.), istigazione a disobbedire alle leggi (ex art.415 c.p.), associazione per delinquere (ex art.416 c.p.), devastazione e saccheggio (ex art.419 c.p.), attentato ad impianti di pubblica utilità (ex art.420 c.p.), pubblica intimidazione (ex art.421 c.p.), strage (ex art.422 c.p.), attentati alla sicurezza dei trasporti (ex art.432 c.p.) e alla sicurezza degli impianti (ex art. 433 c.p.), altri disastri dolosi (ex art.434 c.p.), fabbricazione o detenzione di materiale esplodente (ex art.435 c.p.). Questa ipotesi è stata introdotta dal d.l. n.119 del 22 agosto 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.146 del 2014.
- commissione del delitto di rissa (art.588 c.p.). L’elenco dei reati d.l. 15 giugno 2019 n.53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto n.77 del 2019 è stato ampliato con l’aggiunta del delitto di rissa in considerazione dell’elevato rischio per la sicurezza pubblica che deriverebbe dalla realizzazione di simili condotte nell’ambito di una manifestazione sportiva;
- commissione di uno dei delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettera f) e lettera h), del codice di procedura penale (ossia i reati di rapina ed estorsione ed i reati in materia di stupefacenti di cui al D.P.R. n.309 del 1990, esclusi gli episodi di lieve entità di cui al V comma dell’art.73 d.p.r. 309 del 1990). Si tratta di ipotesi introdotta dal d.l. n.119 del 22 agosto 2014, convertito con modificazioni dalla legge n.146 del 2014. La norma, dopo la modifica operata d.l. 15 giugno 2019 n.53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto n.77 del 2019, precisa espressamente che ai fini dell’emissione del DASPO tali reati non devono essere stati commessi necessariamente in occasione o a causa di manifestazioni sportive. In verità, già l’art.8 della legge n.401 del 1989 prevede l’arresto in flagranza differita per reati commessi con violenza alle persone o alle cose ‘in occasione o a causa di manifestazioni sportive’, per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto ai sensi degli artt.380 e 381 c.p.p., ragion per cui la nuova previsione era già correttamente intesa nel senso della non necessaria connessione dei reati di rapina, estorsione e reati in materia di stupefacenti con lo stadio (cfr. circ. n.555/OP/ 0002664/2014/CNIMS datata 28 agosto 2014, a firma del sig. Capo della Polizia – Direttore Generale della P.S., p.2 nota 1).
La disposizione è stata estesa dall’art.2 co.3 del d.l. 26 aprile 1993 n.122 anche ai seguenti casi:
- alle persone denunciate o condannate per uno dei reati previsti dall’art.3 della legge 13 ottobre 1975 n.654 in materia di discriminazione razziale;
- alle persone denunciate o condannate per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967 n.962, recante norme sulla prevenzione e repressione del delitto di genocidio;
- alle persone denunciate o condannate per un reato aggravato ai sensi dell’art.3 del d.l. 24 giugno 1993 n.122 recante norme in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa;
- alle persone sottoposte a misura di prevenzione perché ritenute dedite alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica.
In questi casi, introdotti dal d.l. n.122 del 1993, il divieto conserva efficacia per un periodo di cinque anni, salvo che venga emesso provvedimento di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, provvedimento di revoca della misura di prevenzione ovvero se è concessa la riabilitazione.
d) nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ossia agli “indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’articolo 270-sexies del codice penale”.
Di fatto la disposizione in parola, introdotta con il decreto sicurezza del 2018 per evidenti esigenze di prevenzione, consente l’adozione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive anche nei confronti di un quadruplice gruppo di soggetti:
coloro che siano indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3- quater c.p.p.;
coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei seguenti reati:
- delitti contro l’incolumità pubblica di cui al Libro II, Titolo VI, capo I del Codice Penale;
- insurrezione armata contro i poteri dello Stato (art. 284 c.p.);
- devastazione, saccheggio e strage (art.285 c.p.);
- guerra civile (art.286 c.p.);
- banda armata (art.306 c.p.);
- epidemia (art.438 c.p.);
- avvelenamento di acque o di sostanza alimentari (art.439 c.p.):
- sequestro di persona semplice e a scopo di estorsione (artt.605 e 630 c.p.).
coloro che, operando in gruppo o isolatamente, pongono in essere atti preparatori o esecutivi con finalità di terrorismo anche internazionale;
coloro che, operando in gruppo o isolatamente, pongono in essere atti preparatori o esecutivi volti a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’artt.270-sexies c.p..
e) nei confronti di soggetti minori di 18 anni che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale (ex art.6 co.1 bis)
Ai sensi del co.1 ter, introdotto dal d.l. 14 giugno 2019, n.53 (c.d. “Decreto Sicurezza bis”), il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero, specificamente indicate. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia può essere disposto anche dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell’Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti. Per fatti commessi all’estero, accertati dall’autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.
L’intervento riformatore qui opera in due direzioni:
- da un lato, si chiarisce che i provvedimenti analoghi al D.A.Spo., disposti dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell’Unione europea secondo i rispettivi ordinamenti nazionali, sono applicabili anche in relazione a manifestazioni sportive svolgentisi in Italia;
- dall’altro, si precisa che, ai fini dell’emanazione del provvedimento di D.A.Spo., i fatti commessi all’estero possono essere accertati non solo dall’autorità straniera competente, ma anche dalle Forze di polizia italiane: ciò consente di superare criticità che si sono verificate nell’esperienza operativa, connesse alla difficoltà spesso riscontrata nell’attuare un immediato interscambio informativo con le autorità estere.
Il decreto-legge n.8 del 2007 (convertito in legge con modificazioni) commina (art.5) il divieto di acceso agli impianti sportivi anche nei seguenti casi:
- per la vendita abusiva dei titoli di accesso (art.1 sexies, legge 24 aprile 2003 n.88, di conversione del d.l. n.28 del 2003), effettuata alle manifestazioni sportive (questa formula onnicomprensiva ha sostituito, ai sensi dell’art.17 del d.l. n.53 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n.77 del 2019, il precedente enunciato “nei luoghi in cui si svolge la manifestazione sportiva o nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alla manifestazione medesima”). Il provvedimento può essere adottato anche nel caso di pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa prevista per la violazione. Le disposizioni del comma 1, primo e secondo periodo, si applicano anche ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231 (art.1 sexies);
- per la violazione delle disposizioni del regolamento d’uso dell’impianto sportivo, qualora il contravventore sia recidivo ossia risulti già sanzionato per violazione commessa nella stagione sportiva in corso (art.1 septies del d.l. n.28 del 2003, convertito dalla legge 24 aprile 2003 n.88). Il provvedimento può essere adottato anche nel caso di pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria, e ciò in deroga al principio di reiterazione di cui alla legge n.689 del 1981. La durata del DASPO comminato per reiterate violazioni del regolamento d’uso degli impianti sportivi è stata aumentata nel minimo (non inferiore ad un anno) e nel massimo (non superiore a tre anni) dal d.l. n.119 del 2014. La norma base (art.1 septies2 del d.l. n.28 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n.88 del 2003) non richiede esplicitamente che la violazione riguardi la stessa violazione del regolamento d’uso già trasgredita, dovendosi prendere in considerazione la medesima condotta violativa di una qualsiasi disposizione del regolamento d’uso, purché avvenuta sempre nell’ambito dello stesso campionato.
L’art.1 septies, comma 2, del D.L. n.28 del 2003, convertito dalla legge n.88/2003, prevede il D.A.Spo. della durata da uno a tre anni, nei casi di reiterazione di violazioni del regolamento d’uso degli impianti sportivi commesse nella stessa stagione sportiva. In particolare, la disposizione in questione stabilisce che la violazione regolamento d’uso dell’impianto sportivo comporta l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro, incrementabile fino alla metà del massimo qualora il contravventore risulti già sanzionato per la medesima violazione, commessa nella stagione sportiva in corso, anche se l’infrazione si è verificata in un diverso impianto sportivo. La medesima disposizione, nei successivi due commi, stabilisce che “Il pagamento in misura ridotta, ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, non esclude l’applicazione del divieto e delle prescrizioni di cui al comma 2” (Consiglio di Stato ordinanza n.6026 del 2018 reg. prov. cau. del 13 dicembre 2018) e che “le sanzioni amministrative di cui al presente articolo sono irrogate dal prefetto della provincia del luogo in cui insiste l’impianto.
Il d.l. 14 giugno 2019 n.53, intervenendo anche sulla durata del D.A.Spo., ha previsto che, per i recidivi, passa dal minimo di cinque al massimo di dieci anni, a fronte dei precedenti cinque e otto anni (il testo originario del decreto che aumentava anche il minimo, da cinque a sei anni, è stato ulteriormente modificato e si è deciso di aumentare solo il limite edittale massimo). Per coloro che violano il divieto, il periodo massimo di durata della misura è innalzato a dieci anni (il limite precedente era otto anni).
In giurisprudenza è stato precisato che, affinché possa configurarsi la reiterazione delle violazioni richiesta ai fini della irrogazione del provvedimento di D.A.Spo., ai sensi dell’art.1 septies, comma 2, d.l. n.28 del 2003, non è sufficiente la mera contestazione di violazione da parte dell’organo accertatore, ma è necessario che l’iter procedurale si sia perfezionato con l’emanazione del provvedimento sanzionatorio da parte del Prefetto (TAR Lombardia sentenza nr.01567 del 2015). Da ultimo, tuttavia, il Consiglio di Stato ha chiarito che la tesi, secondo cui il D.A.Spo. può essere disposto solo a fronte delle sanzioni amministrative da parte dell’autorità prefettizia, contrasta con il chiaro tenore letterale della disposizione e con la sua stessa ratio, che non esclude affatto, ma anzi ammette la possibilità di ricorrere alla misura preventiva in discorso anche a fronte del pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta, che consente all’autore delle condotte vietate dall’art.1, comma 2, del d.l. n.28 del 2003 di attenuare le conseguenze sanzionatorie, sul piano pecuniario, di dette condotte, poste in essere in violazione del regolamento d’uso dell’impianto sportivo (Consiglio di Stato, sez.III, sentenza n.04490 del 2019).
Il fatto che il Daspo possa essere emesso sulla base di una semplice denuncia e non necessariamente dopo una condanna penale, ha comportato molti rilievi di incostituzionalità. In realtà, la Corte Costituzionale, nella sentenza n.512 del 2002, inquadra la misura del Daspo tra quelle di prevenzione, che possono essere inflitte anche in attesa del processo ed essere poi revocate in caso di assoluzione. La lunghezza dei processi in Italia comporta, tuttavia, che, nella normalità dei casi, la persona sottoposta al Daspo sconti per intero la “diffida” senza che il processo che ad essa ha dato origine venga celebrato, compromettendo di fatto alcune libertà fondamentali come quella personale (art.13 Cost.) e di circolazione (art.16 Cost.).
Deve essere formulato un giudizio di pericolosità con specifico riferimento alle condotte delittuose che possono essere realizzate nell’ambito di manifestazioni sportive, non essendo consentito l’utilizzo di tali misure se non per prevenire episodi illeciti in tale ambito. L’accertamento della sussistenza degli ordinari presupposti della misura (riconducibilità alla categoria di pericolosità, pericolosità concreta e sua attualità) deve intervenire sulla base di elementi di fatto (C. Cass., sentenza n.15505 del 2011).
Il Daspo viene emesso dal questore o dall’A.G. (con la sentenza di condanna per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, come sopra specificati) e la sua durata può variare da uno a cinque anni, nel primo caso, o da due a otto anni, se emesso dall’ag (in base alle modifiche del decreto Amato del febbraio 2007 – prima la durata prevista ex lege era da un giorno ad un anno nel primo caso e fino a 3 anni nel secondo).
In caso di condotta di gruppo, la durata del DASPO non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione, mentre deve essere ricompresa tra cinque e otto anni nel caso di soggetti già destinatari in passato di analoga misura.
L’interessato può chiedere e ottenere – trascorsi almeno tre anni dalla scadenza del divieto – la piena riabilitazione. La cessazione è richiesta al Questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l’interessato sia stato destinatario di più divieti, al Questore che ha disposto l’ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto si è concretamente attivato con ravvedimento operoso, risarcimento del danno o lavori di pubblica utilità (in base alle modifiche apportate nell’art.6 co.8 bis della legge n.401 del 1989 dal decreto sicurezza bis del 2019) e ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive.
Il provvedimento può prevedere come prescrizione ulteriore l’obbligo di presentazione in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni specificatamente indicate. Tale prescrizione, comportando una limitazione della libertà personale dell’interessato, è sottoposta alla procedura di convalida del provvedimento stesso davanti al gip competente, sulla base del luogo dove ha sede l’ufficio del questore che ha emesso il provvedimento.
Di particolare impatto sono le modifiche all’istituto della riabilitazione “amministrativa”, disciplinato dal comma 8-bis dell’articolo 6 della legge n.401 del 1989, che il destinatario può chiedere, trascorsi 3 anni dalla cessazione del divieto, a fronte condotte di ravvedimento operoso consistenti:
- nella riparazione dei danni causati mediante risarcimento anche in forma specifica;
- nella collaborazione con le autorità ai fini dell’individuazione di altri autori o partecipanti ai fatti che hanno determinato il DASPO;
- nello svolgimento di lavori di pubblica utilità, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività.
Va osservato che la “prova effettiva di buona condotta”, per i connotati generici che presenta, è destinata ad essere fonte di costante contenzioso.
L’espressione è mutuata dall’art.70 del d.lgs. n.159 del 2011 e dall’art.179 c.p. che, nel dettare le condizioni per la riabilitazione, richiedono che l’interessato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Ma quali sono i comportamenti indicativi di “effettiva buona condotta”?
Secondo una giurisprudenza datata non è necessario che il condannato abbia compiuto atti positivi di valore morale rappresentativi di redenzione dal delitto commesso e capaci di riscattarne il passato (Cass. pen., sez.I, 19 giugno 1998). Perciò la buona condotta si presume fino a quando non siano stati accertati elementi specifici e concreti dimostrativi di una cattiva condotta, e l’istante non può essere chiamato a dare una prova negativa (Cass. pen., sez.V, 16 febbraio 1999, n.5751).
Più di recente la Suprema Corte ha assunto un diverso orientamento, ritenendo che la prova costante ed effettiva di buona condotta, necessaria per la concessione della riabilitazione, implichi una valutazione della personalità non già sulla base della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma di fatti e comportamenti sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, quale espressione del recupero dell’interessato ad un corretto modello di vita (Cass. pen., sez.II, n.35545 del 25 giugno 2008; Cass. pen., sez.V, 23 ottobre 2013 n.43383). I
In tale ottica, mentre il totale silenzio dell’istante risulta insufficiente, qualsiasi nota negativa in ordine al comportamento può essere apprezzata come prova di valenza contraria a quella richiesta dal legislatore (Cass. pen., sez.I, 6 novembre 1998 n.5470; Cass. pen., sez.I, 7 dicembre 2001 n.5944; Cass. pen., sez.I, 13 gennaio 2009 n.1063). Nel caso in cui all’art.70 del d.lgs. n.159 del 2011 o dell’art.179 c.p. il giudice può, entro i predetti limiti, desumere la condotta ostativa alla concessione del beneficio da qualsiasi elemento utile, con un apprezzamento di fatto, discrezionale, che, se sostenuto da congrua e logica motivazione è insindacabile in sede di legittimità. In sede di DASPO le medesime valutazioni competono al questore il cui provvedimento amministrativo è ricorribile secondo i principi generali.
Analoghe perplessità accompagnano la nuova formulazione, che richiede l’adozione delle condotte di ravvedimento operoso, anche in forma risarcitoria, ovvero la collaborazione con le autorità ai fini dell’individuazione di altri autori o partecipanti ai fatti che hanno determinato il DASPO, ovvero lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività.
Si tratta di condotte risarcitorie o collaborative da far valere non prima dei tre anni dalla cessazione del divieto, e quindi in riferimento a processi già celebrati, magari con sopravvenuta prescrizione
Al disposto normativo dell’art.6 legge n.401 del 1989 è stato aggiunto un nuovo comma 8-ter, mutuando la disciplina dell’avviso orale aggravato, ex art.3, comma 4 del d.lgs. n.159 del 2011, in base al quale il Questore, al momento dell’adozione del provvedimento di D.A.Spo., può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi di modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti in libera vendita in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti, non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici e altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.
Nel caso di violazione dei divieti di cui al periodo precedente, si applicano le disposizioni dell’articolo 76, comma 2, del citato decreto legislativo n. 159 del 2011.
Il comma 1 ter, introdotto nell’art.6 quater della legge n.401 del 1989 dal d.l. n.53 del 2019, stabilisce la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni a carico di chiunque commette fatti di violenza o minaccia nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. E’ prevista, infatti, l’applicazione delle pene previste per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art.336 c.p.) e di resistenza a pubblico ufficiale (art.337 c.p.).
Inoltre, l’ulteriore comma inserito all’art.6-quinquies della stessa legge prevede l’applicazione delle pene previste per il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (art.583-quater c.p.) quando le lesioni siano arrecate ad arbitri o ad altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive. In particolare, l’art.583-quater c.p. prevede la reclusione da 4 a 10 anni in caso di lesioni gravi e la reclusione da 8 a 16 anni per le lesioni gravissime.
Le modifiche all’art.8 del d.l. n.8 del 2007
Il decreto sicurezza bis interviene anche sull’impianto normativo dell’art.8 del decreto legge 8 febbraio 2007, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n.41 – concernente il divieto di agevolazioni nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento di cui all’articolo 6 della legge n. 401 del 1989 – prevedendo che il soggetto sottoposto a D.A.Spo. non più efficace (e non destinatario di sentenza di condanna) debba ottenere la riabilitazione del Questore per poter avere accesso a sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l’erogazione a prezzo agevolato o gratuita di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio. Analogamente, si afferma la necessità della riabilitazione per la legittima stipulazione di contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti di cui all’articolo 20, commi 1 e 2, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, tra le società e i soggetti destinatari di provvedimenti di cui all’articolo 6 della legge n.401 del 1989.
Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge:
- distribuisce su due distinti commi (comma 1 e comma 1-bis) i divieti di corrispondere benefici e di contrattare in precedenza disciplinati dal comma 1 dell’art.8 del decreto-legge n.8 del 2007;
- specifica che, tanto il divieto di corrispondere benefici, quanto quello di contrattare, opera nei confronti dei soggetti destinatari di DASPO non solo per la durata del provvedimento, ma anche oltre la scadenza, finché non intervenga la riabilitazione (art.6, comma 8-bis della legge n.401 del 1989);
- sostituisce il riferimento alla legge n.1423 del 1956 con quello al Codice antimafia (d.lgs. n.159 del 2011) mantenendo inalterato il campo d’applicazione del divieto, che fa sempre riferimento ai destinatari di una misura di prevenzione personale, in quanto ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica (art.6 del d.lgs. n.159 del 2011);
- specifica, anche in relazione ai destinatari di una misura di prevenzione personale, che il divieto per le società opera anche oltre la scadenza della misura, finché non intervenga la riabilitazione disciplinata dal Codice antimafia
Le modifiche all’art.1 sexies del d.l. n.28 del 2003
L’art.17 ritocca la configurazione dell’illecito amministrativo di “bagarinaggio” (art.1-sexies del d.l. n.28 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n.88 del 2003) e soprattutto ne dispone l’estensione agli enti rientranti nell’ambito di applicazione della legge n.231 del 2001 (attraverso il rinvio all’art.1 co.2 della stessa legge).
Ne deriva la punibilità (con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro) di tutte le condotte di vendita non autorizzata di biglietti per accedere alle manifestazioni sportive, dunque sia quelle che avvengano fuori dei luoghi interessati all’evento sportivo, sia quelle effettuate “on line”. Il divieto di vendita non autorizzata dei biglietti opera anche nei confronti di enti forniti di personalità giuridica e di società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Le modifiche al codice penale
Per i fatti già previsti come reato allorché siano commessi nel contesto di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico l’art.7 del decreto sicurezza bis introduce una serie di modifiche al codice penale, aventi lo scopo di inasprire il trattamento sanzionatorio.
In particolare:
- viene prevista nel primo comma dell’articolo 339 c.p. un’ulteriore circostanza aggravante per i reati di cui agli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 338 (Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti) c.p., qualora le condotte siano poste in essere durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico;
- viene introdotta una circostanza aggravante del reato di cui all’art.340 c.p. (Interruzione di ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità), nel caso in cui la condotta incriminata sia posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In questi casi è prevista la pena della reclusione fino a due anni;
- viene introdotta nell’art.419 c.p. una specifica aggravante qualora le condotte di devastazione e saccheggio vengano perpetrate nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico;
- nel delitto di danneggiamento (art.635 c.p.) l’ipotesi in cui il fatto sia commesso “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico” viene espunta dalla fattispecie base di cui al comma 1 e ricollocata, con pena significativamente superiore (da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni), nel nuovo comma 2. A tale ipotesi viene estesa la previsione di cui all’ultimo comma dell’art.635 c.p., che subordina la concessione della sospensione condizionale all’eliminazione delle conseguenze del reato o alla prestazione di lavori di pubblica utilità;
- con la modifica dell’art.341-bis c.p. viene introdotto il minimo edittale per il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale in precedenza punito con la reclusione fino a 3 anni, ed ora con pena della reclusione compresa da 6 mesi a 3 anni;
- viene introdotto il minimo edittale della reclusione di 6 mesi anche per il delitto di oltraggio a magistrato in udienza (art. 343 c.p.)
L’art.16, contenuto nel capo III e pertanto riconducibile alla tutela della sicurezza nelle manifestazioni sportive, introduce nell’art.61 c.p. la seguente nuova aggravante comune:
“11-septies) L’avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni”.
L’aggravante in esame si applica non solo qualora gli atti di violenza si siano verificati durante lo svolgimento della manifestazioni sportiva ma anche quando le condotte abbiano estrinsecato un più generico collegamento con esse, a prescinderne dalla durata.
Ai sensi dell’art.64 c.p. – in assenza di concorso di circostanze – la presenza di tale nuova aggravante comune comporta l’aumento della pena edittale fino a un terzo
L’art.16 del decreto interviene anche sull’art.131-bis c.p., escludendo che possa ravvisarsi la particolare tenuità del fatto rispetto ai delitti puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, che siano stati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, ulteriori modifiche hanno previsto l’esclusione della particolare tenuità del fatto anche quando si procede per i delitti di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art.336 c.p.), di resistenza a pubblico ufficiale (art.337 c.p.) e di oltraggio a pubblico ufficiale (art.341-bis c.p.) commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni.
Le modifiche al c.d. codice antimafia
L’art.14 modifica l’art.77 del c.d. codice antimafia estendendo le ipotesi speciali di fermo al di fuori dei limiti di cui all’art.84 c.p.p. anche a “coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive”.
Per procedere al fermo sarà comunque richiesto che il reato per il quale si procede sia contemplato tra quelli per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Dovranno, peraltro, ricorrere entrambi i presupposti dell’art.384 c.p.p., ossia “i gravi indizi di reato” e “il pericolo di fuga”, che costituiscono attuazione della garanzia prevista dall’art.13 Cost.
Le modifiche alle disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città
L’art.15 modifica l’art.10 del d.l. 20.2.2017, n. 14 (conv. con modif. in legge n.48 del 2017), recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, eliminando le disposizioni di cui ai commi 6-ter e 6-quater che, per taluni reati con arresto obbligatorio o facoltativo, prevedevano la temporaneità della c.d. flagranza differita (ossia l’estensione dello stato di “quasi-flagranza” ex art.382 c.p.p. anche a “colui il quale, sulla base di documentazione videofotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto”). Tale peculiare regime di flagranza diventa dunque permanente, limitatamente alle ipotesi ivi previste.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione motiva l’intervento «in considerazione del fatto che lo strumento dell’arresto differito ha rappresentato uno dei cardini del composito e complesso sistema delle misure di contrasto della violenza sportiva, rappresentando uno dei principali fattori alla base della positiva inversione di tendenza registratasi con riguardo agli episodi di violenza durante le manifestazioni sportive e, soprattutto, nell’ambito delle competizioni calcistiche».
L’articolo 16 bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede la possibilità per il sindaco di ordinare l’allontanamento dalle stazioni ferroviarie e marittime, dagli aeroporti e dalle banchine degli autobus per coloro che in tali luoghi commettono atti di bagarinaggio.
In particolare, integrando la formulazione dell’art.9, comma 2, del decreto-legge n.14 del 2017 (Sicurezza delle città), la disposizione prevede che, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla normativa vigente, il sindaco possa ordinare l’allontanamento dai citati luoghi anche di “chiunque, non appartenente alle società appositamente incaricate, vende i titoli di accesso alle manifestazioni sportive” (art.1 sexies del d.l. n. 28 del 2003).
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Art.6 Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive
Il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di:
a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza;
b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a);
c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n.122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, agli articoli 6-bis, commi 1 e 2, e 6-ter della presente legge, per il reato di cui all’articolo 2-bis del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l’ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all’articolo 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettere f) e h), del codice di procedura penale, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive;
d) soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
1 bis – Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche nei confronti di soggetti minori di 18 anni che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età. Il provvedimento è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale.
1-ter. Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero, specificamente indicate. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia può essere disposto anche dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell’Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti. Per fatti commessi all’estero, accertati dall’autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.
2. Alle persone alle quali è notificato il divieto previsto dal comma 1, il questore può prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell’obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto di cui al comma 1.
2 bis. La notifica di cui al comma 2 deve contenere l’avviso che l’interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida del provvedimento.
3. La prescrizione di cui al comma 2 ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica all’interessato ed è immediatamente comunicata al procuratore della Repubblica presso il tribunale o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, se l’interessato è persona minore di età, competenti con riferimento al luogo in cui ha sede l’ufficio di questura. Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2.
4. Contro l’ordinanza di convalida è proponibile il ricorso per cassazione. Il ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza.
5. Il divieto di cui al comma 1 e l’ulteriore prescrizione di cui al comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni. La prescrizione di cui al comma 2 è comunque applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione video fotografica o di altri elementi oggettivi, che l’interessato ha violato il divieto di cui al comma 1. Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello stesso può essere aumentata fino a otto anni.
6. Il contravventore alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 40.000 euro. Le stesse disposizioni si applicano nei confronti delle persone che violano in Italia il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive adottato dalle competenti Autorità di uno degli altri Stati membri dell’Unione europea.
7. Con la sentenza di condanna per i reati di cui al comma 6 e per quelli commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni il giudice dispone, altresì, il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 e l’obbligo di presentarsi in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni sportive specificamente indicate per un periodo da due a dieci anni, e può disporre la pena accessoria di cui all’articolo 1, comma 1 bis, lettera a), del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205. Il capo della sentenza non definitiva che dispone il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1 è immediatamente esecutivo. Il divieto e l’obbligo predetti non sono esclusi nei casi di sospensione condizionale della pena e di applicazione della pena su richiesta.
8. Nei casi di cui ai commi 2, 6 e 7, il questore può autorizzare l’interessato, per gravi e comprovate esigenze, a comunicare per iscritto allo stesso ufficio o comando di cui al comma 2 il luogo di privata dimora o altro diverso luogo nel quale lo stesso interessato sia reperibile durante lo svolgimento di specifiche manifestazioni agonistiche.
8-bis Decorsi almeno tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, l’interessato può chiedere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del medesimo divieto. La cessazione è richiesta al Questore che ha disposto il divieto o, nel caso in cui l’interessato sia stato destinatario di più divieti, al Questore che ha disposto l’ultimo di tali divieti ed è concessa se il soggetto se il soggetto » e prima delle parole: «ha dato prova» sono inserite le seguenti: «ha adottato condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, o la concreta collaborazione con l’autorità di polizia o con l’autorità giudiziaria per l’individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto di cui al comma 1 o lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e senza oneri a carico della finanza pubblica, consistenti nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività presso lo Stato, le regioni, le province e i comuni, e ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive.
8-ter. Con il divieto di cui al comma 1 il questore può imporre ai soggetti che risultano definitivamente condannati per delitti non colposi anche i divieti di cui all’articolo 3, comma 4, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, avverso i quali può essere proposta opposizione ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 3. Nel caso di violazione dei divieti di cui al periodo precedente, si applicano le disposizioni dell’articolo 76, comma 2, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011.