Rientra nella fattispecie di deturpamento e imbrattamento di cose altrui ex art. 639 c.p. l’affissione mediante uso di colla di manifesti su un monumento di alto valore storico-artistico.

Cass.pen., sentenza n.845 del 9 gennaio 2013

A completamento della disciplina tracciata nell’art. 635 c.p., il legislatore del 1930 sanziona come ipotesi residuale (art.639 c.p.) il fatto di colui che “deturpa o imbratta cose mobili altrui”.

La norma in esame, posta a tutela dell’interesse pubblico all’inviolabilità del patrimonio, incrimina le condotte di deturpamento ed imbrattamento che ledono l’estetica e la forma esteriore delle cose, comunque determinando una menomazione – ancorché lieve – della situazione patrimoniale del soggetto passivo.

Con la riformulazione della norma, operata dalla legge n.94 del 2009, gli interessi garantiti hanno assunto una fisionomia sostanzialmente diversa, dovuta all’individuazione di un ambito di tutela più ampio e variegato, riconducibile alla salvaguardia del decoro urbano e riferito alle cose mobili, agli immobili ed anche ai mezzi di trasporto pubblici e privati.

Ciò trova conferma in una recente sentenza della Suprema Corte, avente ad oggetto l’affissione di manifesti mediante uso di colla su un monumento cittadino di alto valore storico e artistico.

Nella fattispecie in esame, la nozione di imbrattamento viene interpretata in modo rigoroso dai giudici della Suprema Corte “proprio tenendo conto dell’alto valore storico e artistico della cosa, che trova corrispondenza peraltro nella previsione di una mirata circostanza aggravante che sottolinea della relativa condotta il particolare disvalore giuridico – sociale”.

La condotta di imbrattamento è ravvisabile nel pregiudizio arrecato sul versante della pulizia, con l’insudiciamento della superficie, ancorché di facile e completa eliminazione.

Il fatto non sarebbe riconducibile all’ipotesi disciplinata all’art. 639 c.p. qualora il degrado, apportato all’integrità socio-economica del bene pubblico o privato, richiedesse interventi impegnativi e relativamente costosi per il ripristino.

L’elemento psicologico viene individuato nella coscienza e volontà di cagionare il deturpamento o l’imbrattamento: sussiste anzi un dolus in re ipsa “per il fatto che l’uso della colla imbratta, secondo la ricostruzione normativa, per definizione la superficie sulla quale è apposta”.

Giova evidenziare che la condotta in esame si differenzia dalla previsione dell’art. 113 T.U.L.P.S. che vieta, tra l’altro, l’affissione di scritti o disegni senza l’autorizzazione dell’autorità di P.S. e le affissioni fuori dei luoghi destinati dall’autorità competente.

Per completezza si osserva che il co.4 dell’art. 3 della legge 15 luglio 2009 n. 94, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, ha introdotto un nuovo illecito amministrativo relativo alla materia in argomento, stabilendo che “chiunque vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di diciotto anni è punito con la sanzione amministrativa fino a 1.000 euro”. Il co. 6 dell’art. 3 della citata legge prevede che le sanzioni amministrative pecuniarie dettate da regolamenti ed ordinanze comunali per chiunque insozzi le pubbliche vie non possano essere inferiori a 500 euro.


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