Il rilascio delle certificazioni di idoneità alla detenzione e al porto d’armi da parte dei medici militari e della Polizia di Stato ha costituito oggetto di frequenti mutamenti di indirizzo sulla base dei pronunciamenti degli organi di giustizia amministrativa. Il nodo interpretativo riguarda, da un lato, la possibilità o meno dei medici di rilasciare le certificazioni de qua al di fuori delle strutture sanitarie dalle quali dipendono e, dall’altro, la destinazione e la portata dell’esercizio del potere certificatorio espletato all’interno di dette strutture sanitarie.
Alla descritta problematica si accompagna, peraltro, la questione concernente la possibilità o meno, per i medici, di rilasciare dette certificazioni non solo in servizio ma anche in quiescenza.
Il piano normativo – In origine, la disciplina di settore (DM Sanità del 14 settembre 1994) consentiva di ritenere validi i certificati forniti dai singoli sanitari anche al di fuori delle strutture sanitarie di appartenenza: il certificato poteva essere rilasciato da “strutture sanitarie militari o della Polizia di Stato o da singoli medici del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato o da medici militari in servizio permanente e in attività di servizio”.
Di fatto, la competenza al rilascio era del medico e non della struttura sanitaria militare, per cui il medico militare era nelle condizioni di rilasciare il certificato sia operando fisicamente nella struttura militare, sia extra moenia (ad esempio nel proprio ambulatorio privato).
L’art.3 del successivo decreto del Ministro della Sanità del 28 aprile 1998 ha invece previsto la validità di dette certificazioni solo se rilasciate nell’ambito della struttura di appartenenza. In tal caso la competenza è chiaramente rimessa agli uffici medico-legali, ai distretti sanitari delle Unità sanitarie locali e alle “strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato”.
I sanitari della Polizia di Stato, fermo restando quanto disposto dall’articolo 6, lettera z), della legge 23 dicembre 1978, n.833, hanno le seguenti attribuzioni (art.44 del d.lgs. n.334 del 2000, rubricato “attribuzioni dei direttivi e dei dirigenti medici“):
a) provvedono all’accertamento dell’idoneità psicofisica dei candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli della Polizia di Stato ed alla verifica, anche collegiale, della persistenza dei requisiti psicofisici per il personale in servizio;
b) provvedono all’assistenza sanitaria e di medicina preventiva del personale della Polizia di Stato;
c) in relazione alle esigenze di servizio, e limitatamente alle proprie attribuzioni, possono essere impiegati in operazioni di polizia ed in operazioni di soccorso in caso di pubbliche calamità ed infortuni;
d) svolgono attività di medico nel settore del lavoro nell’ambito delle strutture dipendenti dal Ministero dell’interno e, coloro che hanno esercitato per almeno quattro anni tali attribuzioni, espletano altresì le attività di sorveglianza e vigilanza, nonché quella di medico competente, previste dalle disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, nell’ambito delle citate strutture e di quelle di cui all’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626 e successive modifiche ed integrazioni;
e) rilasciano certificazioni di idoneità psicofisica anche con le stesse attribuzioni degli ufficiali medici delle Forze armate;
f) provvedono all’istruttoria delle pratiche medico legali del personale della Polizia di Stato e partecipano, con voto deliberativo, alle commissioni di cui agli articoli 1 e 5 della legge 11 marzo 1926, n. 416 e successive modificazioni, allorché vengono prese in esame pratiche relative a personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato;
g) partecipano al collegio medico legale di cui all’articolo 1 della legge 22 dicembre 1980, n.913;
h) svolgono, presso gli istituti di istruzione della Polizia di Stato, attività didattica nel settore di competenza;
i) fanno parte delle commissioni mediche locali di cui all’articolo 119, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285 e all’articolo 319 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.495, e di quelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n.1092;
j) svolgono le funzioni già previste per i soppressi ruoli dei direttori e dei dirigenti tecnici medico legali;
k) non possono esercitare l’attività libero-professionale nei confronti degli appartenenti all’Amministrazione della pubblica sicurezza.
Ai fini dell’espletamento delle attività previste dal comma precedente, l’Amministrazione della pubblica sicurezza può stipulare particolari convenzioni con strutture sanitarie pubbliche.
Sul piano normativo, quindi, per gli aspetti qui di interesse, i medici militari, i medici della Polizia di Stato e quelli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono rilasciare, legittimamente a qualsiasi cittadino, anche fuori dalle strutture sanitarie delle amministrazioni di appartenenza, il certificato di idoneità psicofisica per il rilascio del nulla osta all’acquisto di armi e munizioni, che in termini pratici poco si differenzia dalla licenza per il porto d’arma.
Il piano giurisprudenziale – In ambito giurisprudenziale rilevano due importanti pronunciamenti:
1) il TAR Lazio – sezione 1 bis – sentenza 8 gennaio/16 marzo 2016 n.5654 dep. 12 maggio 2016 formula interessanti considerazioni a sostegno della piena legittimità delle limitazioni introdotte, sia in ordine all’appartenenza al regime pubblicistico dell’accertamento dei requisiti psicofisici per il rilascio e il rinnovo del porto d’armi e del relativo potere certificatorio, sia in ordine all’impossibilità di configurare un potere certificatorio in regime libero professionale dei medici militari che operino al di fuori delle strutture sanitarie militari. Sotto il primo profilo, si osserva che la struttura sanitaria pubblica è in grado di assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti, che investono non solo la sfera psichica ma anche tutta una serie di requisiti (uditivi, visivi, motori ecc.) per scongiurare il rischio di incidenti e abusi nell’uso delle armi. In quest’ottica, tale attività certificativa viene distinta da quella, meno complessa, prevista per il rilascio del nulla osta all’acquisto di armi di cui all’art.35 TULPS – titolo limitato dalla validità temporale limitata e che viene ritirato dall’armiere al momento della vendita – che riguarda il solo aspetto mentale dell’istante. Sotto il secondo profilo, il TAR osserva che al di fuori delle ipotesi espressamente previste non è consentito al medico militare di rilasciare certificati. Di conseguenza, non è possibile configurare un potere certificatorio in regime libero professionale dei medici che operino al di fuori delle strutture sanitarie militari: basti pensare alle previsioni contenute nell’art.209 co.4 del d.lgs. n.66 del 2010, che vieta di eseguire visite e redigere certificati al di fuori dei casi previsti e della previa autorizzazione del ministero della Difesa.
TAR Lazio – sentenza n.5654 del 2016
2) il Consiglio di Stato con sentenza 5 dicembre 2017 n.5884, conferma le previsioni dell’art.3 del DM Sanità 28 aprile 1998 ribadendo il grave rischio per la sicurezza pubblica di affidare ad un singolo sanitario operante come libero professionista la delicata e complessa valutazione dell’idoneità del soggetto che richiede di girare armato e della necessità di disporre di una struttura in cui assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti.
“Con il decreto in questione, invero, non si è inteso esentare i medici militari dalla attività certificatoria in materia ma, piuttosto si è stabilito che essa debba essere disimpegnata in strutture sanitarie pubbliche, con tutte le garanzie dalle stesse offerte in termini qualitativi, potendo il medico certificatore disporre di collaborazione delle altre professionalità sanitarie presenti. Sulla base di tali presupposti va inquadrata la determinazione dello Stato di far effettuare gli accertamenti sanitari, non in studi privati, ma in luoghi che consentono di assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti – che investono non solo la sfera psichica, ma anche tutta una serie di requisiti fisici (uditivi, visivi, motori, ecc.). Dal punto di vista letterale, invero, il riferimento ad uffici medico-legali esclude che possano essere presi in considerazione gli ambulatori privati, dovendosi trattare di uffici pubblici, come è reso manifesto dalle strutture abilitate, tutte inserite nell’ambito degli apparati di una pubblica amministrazione e tale previsione risulta in linea con la ratio e con l’impianto sistematico della disciplina in esame”.
Consiglio di Stato – sentenza n.5884 del 2017
Tale indirizzo è condiviso dalla Suprema Corte: “per ovvie ragioni legate alla delicatezza della funzione esercitata, è intrisa di cadenze procedimentali pubblicistiche che vanno, appunto, dal luogo pubblico in cui viene effettuato l’accertamento del requisito, alla veste che deve conseguentemente avere il medico certificatore, dalla necessità di avvalersi di strutture sanitarie pubbliche per effettuare gli accertamenti medici necessari alle comunicazioni degli esiti alle autorità di pubblica sicurezza, sino al giudizio finale che, avverso l’eventuale attestato negativo, è demandato a un collegio medico costituito presso l’U.S.L. competente, di norma a livello provinciale, composto da almeno tre medici, pubblici dipendenti, con individuate specializzazioni”(cfr. Cassazione Civile, sez. lav. 30 maggio 2016 n. 11130).
Relativamente all’esercizio dell’attività certificazione in servizio e non in quiescenza, va menzionata la sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, sez.I, 20 novembre 2014 n.2848, per la parte in cui si evidenzia che la possibilità di rilascio di certificati attestanti il possesso di requisiti psicofisici necessari ai fini del conseguimento di autorizzazioni amministrative da parte di medici in quiescenza deve risultare da una espressa disposizione normativa, così come ad esempio il legislatore ha fatto con l’art.119 C.d.S..
Le circolari ministeriali – Sul piano della prassi applicativa vanno menzionate alcune circolari ministeriali, che dimostrano quanto le competenze in materia siano tutt’altro che chiare:
Ministero della Difesa – circolare n.559/C28180.10100A(1) del 1 giugno 1999: in linea con l’ordinanza n.1217 del 3 settembre 1998, con la quale il TAR Veneto aveva sospeso cautelarmente l’efficacia dell’art.3 del DM Sanità del 1998, facendo così ‘rivivere’ il precedente enunciato del 1994, la Direzione generale della sanità militare precisa che “è parere di questo ufficio che deve ritenersi applicabile il precedente decreto del ministero della Sanità del 14 settembre 1994, limitatamente alla parte oggetto dell’impugnativa (art.3), ovvero devono ritenersi validi i certificati forniti dai singoli sanitari” (…) nella considerazione che un decreto ministeriale non può abrogare una norma di legge tuttora vigente (art.35 del Tulps)”, ragion per cui “tutti i medici militari in servizio permanente e in attività di servizio, possono rilasciare le certificazioni in argomento che, comunque, come sempre dovranno essere redatte secondo gli inderogabili dettami suggeriti da scienza e coscienza e avvalendosi, se del caso, anche della consulenza di specialisti”.
Ministero dell’Interno – circolare n.557PASI/002255 del 17 febbraio 2014 – “La potestà certificatoria dei medici militari per le licenze di porto d’armi è riconosciuta valida anche al di fuori delle strutture sanitarie dalle quali dipendono, in virtù dell’applicazione del D.M. Sanità del 14 settembre 1994”.
Ministero dell’Interno – circolare n. 557PASI/009323 del 28 maggio 2014 – Il Dipartimento della P.S. – Ufficio per gli Affari della Polizia Amministrativa e Sociale, in ragione del pronunciamento del TAR Lazio del 16 aprile 2014 (che dichiarava perento il ricorso sulla base del quale era stata confermata l’applicazione del D.M. Sanità del 14 settembre 1994 limitatamente alla parte in cui consente di ritenere validi i certificati forniti dai singoli sanitari anche al di fuori delle strutture sanitarie) formula specifico quesito in merito all’applicabilità – nella vicenda in esame – dell’art.3 D.M. Sanità 1998, che non prevede ipotesi di rilascio dei certificati da parte degli Ufficiali medico-legali e dei medici della Polizia di Stato – al di fuori delle strutture sanitarie.
Ministero dell’Interno – circolare n.559/A/2/755M/7.23715 del 28 novembre 2014 – Con questa circolare la Direzione Centrale per gli Affari Generali del Dipartimento della P.S. conferma l’applicabilità dell’art.3 D.M. Sanità 1998 e chiarisce, pertanto, che il rilascio dei certificati in questione compete agli ufficiali medico-legali o ai distretti sanitari delle unità sanitarie locali e della Polizia di Stato, ribadendo che detta attività “non può essere svolta privatamente dai medici ma solo presso la struttura di appartenenza, attesa la natura istituzionale dell’attività certificativa dei medici della Polizia di Stato prevista dall’art.44 del d.lgs. n.334 del 2000, recante il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della polizia di Stato“. “Il rilascio di tali certificazioni rientra, peraltro, tra le prestazioni sanitarie già erogate a favore del personale della Polizia di Stato in servizio e dei relativi familiari, ai sensi della Convenzione stipulata tra il Fondo Assistenza per il personale della Polizia di Stato e la Direzione Centrale di Sanità. Nel rispetto del quadro normativo esistente, l’attività certificativa de qua dovrà essere svolta a titolo gratuito dai medici della Polizia di Stato, presso l’Ufficio Sanitario di appartenenza, a favore del personale della Polizia di Stato in servizio e dei relativi familiari.. In un’ottica di massima economicità gestionale e di razionalizzazione delle risorse disponibili, le attività sopradescritte devono essere assolte oltre che dagli Uffici Sanitari Provinciali anche dalle altre strutture sanitarie della Polizia di Stato presenti nella provincia, secondo modalità organizzative individuate localmente”.
Ministero dell’Interno – circolare n.559/A/2/755M/7.274 del 15 gennaio 2015 – Il Dipartimento della P.S. riconferma la validità dei certificati forniti dai singoli sanitari anche al di fuori delle strutture sanitarie, preso atto del provvedimento datato 22 dicembre 2014 con il quale il Tar Lazio revocava il precedente decreto di perenzione del 16 aprile 2014, determinando una sorta di reviviscenza del D.M. Sanità del 14 settembre 1994.
Circolare Min. Int. 15 gennaio 2015
Ministero dell’Interno – circolare n.0008204 del 6 giugno 2016 – Viene ancora ribaltato il precedente indirizzo, in forza del nuovo pronunciamento del TAR Lazio (sentenza n.5654/2016 del 16 maggio 2016) e chiarito che il rilascio dei certificati in questione compete agli ufficiali medico-legali o ai distretti sanitari delle unità sanitarie locali e della Polizia di Stato, “ritenendo di salvaguardare in tal modo gli interessi superiori di pubblica sicurezza, considerati prevalenti rispetto all’interesse meramente economico dei medici militari a poter svolgere l’attività libero-professionale di rilascio a pagamento, nell’attività privata, dei relativi certificati”. Viene nuovamente specificato, pertanto, che l’attività in questione non può essere svolta privatamente dai medici “ma solo presso la struttura di appartenenza”, attesa la natura istituzionale dell’attività certificativa dei medici della Polizia di Stato prevista dall’art.44 del d.lgs. n.334 del 2000, recante il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della polizia di Stato. In un’ottica di massima economicità gestionale e di razionalizzazione delle risorse disponibili, le attività sopradescritte devono essere assolte oltre che dagli Uffici Sanitari Provinciali anche dalle altre strutture sanitarie della Polizia di Stato presenti nella provincia, secondo modalità organizzative individuate localmente”.
Circolare Min. Int. 6 giugno 2016
Ministero dell’Interno – circolare n. 0008609 del 14 giugno 2016 – Con circolare n.8609 del 14 giugno 2016 il Dipartimento della P.S. – Direzione Centrale per gli Affari Generali precisa che in forza del pronunciamento del TAR Lazio del 16 maggio 2016 non è possibile configurare un potere certificatorio in regime libero professionale dei medici che operino al di fuori delle strutture sanitarie militari; pertanto, nel rispetto del quadro normativo esistente, “l’attività certificatoria de qua dovrà essere svolta dai medici della Polizia di Stato solo presso l’Ufficio Sanitario di appartenenza”.
Analogo discorso vale per gli ufficiali medici dei comandi militari. Al fine di agevolare l’attività di verifica potrebbe essere opportuno, pertanto, che sulla certificazione rilasciata l’Ufficiale medico inserisca la dicitura “certificato redatto all’interno della struttura di appartenenza“.
Ministero dell’Interno – circolare n.850/A-A9/3-8374 del 26 ottobre 2016 – La Direzione Centrale di Sanità del Dipartimento della P.S. specifica che le certificazioni medico-legali per il rilascio dell’idoneità al porto d’armi e per la patente nautica “potranno essere rilasciate dai sanitari della Polizia di Stato esclusivamente durante l’attività di servizio presso le strutture di appartenenza, A tal fine sarà cura degli Uffici dotarsi di un apposito registro nel quale risultino le generalità della persona a cui è stata rilasciata la certificazione, la data e il numero di protocollo progressivo nonché la firma della medesima”.
I termini della questione dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n.104 del 2018
Allo stato attuale, pertanto, il medico militare, della Polizia di Stato o dei Vigili del Fuoco non potrebbe “da solo” rilasciare certificazioni di idoneità alla licenza di porto d’armi. La riserva operata a favore delle strutture della sanità pubblica e militare dei relativi controlli è ora considerata ‘ragionevole’ in quanto insita nel grave rischio per la sicurezza pubblica di affidare a un singolo sanitario operante come libero professionista la delicata e complessa valutazione dell’idoneità del soggetto che richiede di girare armato. Tale indirizzo trova autorevole conforto nella menzionata sentenza n.5654/2016 del TAR Lazio, che di fatto impedirebbe di configurare un potere certificatorio in regime libero professionale dei medici militari che operino al di fuori delle strutture sanitarie militari.
Questione chiusa? Niente affatto!
Il decreto legislativo 10 agosto 2018 n.104, recante “Attuazione della direttiva Ue 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 91/477/Cee del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”, torna ad ampliare la platea dei soggetti abilitati al rilascio del certificato medico previsto dal D.M. 28 aprile 1998 per il conseguimento della licenza di porto d’armi.
L’art.12 co.3 stabilisce, infatti che tale certificato può essere rilasciato – oltreché dai settori medico-legali delle ASL e dalle strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato – anche dai singoli medici della Polizia di Stato, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dai medici militari in servizio permanente ed in attività di servizio.
In base alla riformulazione dell’art.38 TULPS “chiunque detiene armi comuni da sparo, senza essere in possesso di alcuna licenza di porto d’armi, ad eccezione di coloro che sono autorizzati dalla legge a portare armi senza licenza e dei collezionisti di armi antiche, è tenuto a presentare ogni cinque anni la certificazione medica prevista dall’articolo 35, comma 7”.
Fino all’adozione del decreto regolamentare previsto dall’art.6 co.2, del decreto legislativo 26 ottobre 2010 n.204, i detentori devono presentare un certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere.
Nulla viene specificato in ordine alla possibilità o meno di svolgere l’attività certificatoria anche al di fuori delle strutture medico sanitarie di appartenenza, anche se risulta abbastanza chiaro l’intento di consentire al medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il rilascio del certificato non solo all’interno delle loro strutture di competenza, ma anche come professionisti individuali.
Relativamente alla questione che fa da corollario al tema sopra esposto, molti sostengono che per i meri detentori di armi (e a differenza di quanto esplicitato per il rilascio del porto d’armi) il certificato medico, al pari di quanto avviene per la patente di guida, possa essere rilasciato anche da medici in quiescenza o in congedo, visto che nel decreto non vengono specificati requisiti particolari sullo stato di servizio. In realtà, la norma riproduce nella sostanza e con gli opportuni adeguamenti il testo dell’art.35 co.7, T.U.L.P.S., relativo al certificato richiesto per il nulla osta all’acquisto di armi.
Detta norma – si legge nella circolare interpretativa del Ministero dell’Interno n.557/PA5/U/012670/10900(27)9 del 12 settembre 2018 – è sempre stata interpretata nel senso che la potestà di certificazione ivi richiesta è riservata al medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in servizio e non in quiescenza, vieppiù a seguito dell’autorevole avallo della giurisprudenza amministrativa (sentenza n.2848/2014 del T.A.R. Puglia).
L’impraticabilità di una diversa interpretazione discende anche dalla considerazione che nel caso di medici in quiescenza, la norma dovrebbe contemplare le modalità che devono sussistere affinché i medici pur in quiescenza possano rilasciare tali certificati.