Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata (art.10 T.U.L.P.S.).

Dai poteri discrezionali conferiti dalle leggi di pubblica sicurezza alla P.A. in tema di autorizzazioni di polizia discende anche il potere di quest’ultima, in caso di accertato abuso, di sospenderle o revocarle.

La revoca sanzionatoria di cui all’art.10 T.U.L.P.S.:

  1. ha natura essenzialmente sanzionatoria e non cautelare;
  2. si differenzia dalla revoca di cui all’art.21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n.241;
  3. non va confusa con il potere di revoca di portata generale di cui all’art.11 ultimo comma T.U.L.P.S., che non ha natura sanzionatoria;
  4. deve, inoltre, trattarsi di un abuso che è stato accertato e non di un’ipotesi non acclarata e documentata o di una mera probabilità o possibilità di abuso, tenuto conto del principio de minimis non curat lex.

Tramite l’istituto della sospensione o della revoca di cui all’art.10 T.U.L.P.S. si sospende o si ritira, a solo titolo di mera sanzione, un’autorizzazione di polizia quando il beneficiario non ha ottemperato ai doveri che ineriscono al rapporto instaurato attraverso quest’ultima con l’autorità che l’ha rilasciata; quando, in altri termini, non ha osservato le prescrizioni, permissive e proibitive, che discendono dalla stessa autorizzazione di polizia.

L’art.10 T.U.L.P.S. è espressione di una norma sanzionatoria in bianco, nella quale sospensione e revoca sono apparentate in quanto riconducibili ad un accertato abuso commesso dal titolare dell’autorizzazione, che è stato ritenuto dalla pubblica amministrazione più o meno grave in relazione all’attività che è stata precedentemente autorizzata.

“L’autorità di P.S. dispone, nell’esercizio del potere di cui all’art.10 T.U.L.P.S., di un ambito di apprezzamento di certo discrezionale, dovendo identificare i fatti idonei a configurare l’abuso dell’autorizzazione, in quanto utilizzata in modo difforme dalla disciplina dell’attività, e dovendone valutare la rilevanza al fine del giudizio sulla permanenza dell’affidabilità del titolare dell’autorizzazione” (Cons. Stato, sez.VI, 4 maggio 2009, n.2778).

Naturalmente, in analogia con quanto dispone l’art.1218 cod. civ. (il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui imputabile), la sospensione o la revoca non operano quando il soggetto dimostra che l’abuso è stato determinato da impossibilità dell’osservanza delle prescrizioni derivante da causa a lui non imputabile ed è necessario anche che la pubblica amministrazione tenga conto di quanto previsto dall’art.3 della legge n.689 del 1981, cioè della necessità della ricorrenza dell’elemento soggettivo (nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa).

 

I poteri inibitori del Sindaco

Generalmente provvede alla revoca o alla sospensione la medesima autorità che ha provveduto al rilascio dell’autorizzazione, e ciò avviene in base ad un atto motivato nel quale vengono indicati i fatti che hanno determinato l’adozione di tali misure.

Una parziale deroga a questo principio è contenuta nell’art.19 co.4 del D.P.R. n.616 del 1977, che ha trasferito al Sindaco la facoltà di rilasciare varie autorizzazioni di polizia amministrativa ed ha previsto l’obbligo per la medesima autorità di annullare, sospendere o revocare l’autorizzazione su richiesta motivata del Prefetto, laddove in occasione dell’espletamento di funzioni di polizia amministrativa, da parte dei comuni emergano esigenze di pubblica sicurezza.

Tale disposizione di ‘chiusura’, nell’ambito dei poteri inibitori in materia di esercizi pubblici, connessi alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, permette di strutturare, così come evidenziato dal Ministero dell’Interno con circolare del 19 dicembre 2022, una sinergia collaborativa con gli Enti locali in quelle situazioni, non definite a priori, suscettibili di incidere sulla prevenzione di attività illecite e sulla percezione di tranquillità della comunità.

Essa, come emerge anche dalla giurisprudenza di merito, è stata positivamente sperimentata da talune Prefetture con provvedimenti adottati all’esito di sospensioni già disposte ai sensi dell’art.100 T.U.L.P.S. senza che la situazione di pregiudizio riscontrata – riguardante, ad esempio, la consumazione in tali luoghi di reati quali spaccio di sostanze stupefacenti – fosse stata accolta.

Al fine di irrobustire la cornice motivazionale di ciascun provvedimento potrà rivelarsi utile l’apporto informativo del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Diverse pronunce giurisprudenziali sono, peraltro, concordi nel definire lo strumento di cui al richiamato art.19 del DPR n.616 del 1977 come una forma di tutela preventiva dell’ordine pubblico, la cui attivazione può essere collegata anche ad elementi indiziari, o risalenti nel tempo, ma aventi comunque una valenza sintomatica, tale da indurre l’Autorità preposta a ritenere, ragionevolmente, che la revoca della licenza salvaguardi le primarie esigenze di cui si discute (Cons. Stato, sez.III, n.1681 del 2016).

Nell’alveo di operatività del meccanismo collaborativo delineato dal citato art.19, assume altresì rilievo la finalità di contrasto alla capacità pervasiva delle organizzazioni criminali da inserirsi nell’economia reale del Paese e di riciclare in attività commerciali gli ingenti profitti illeciti, condividendo con l’informazione antimafia una forte potenzialità di tutela preventiva rispetto al rischio infiltrativo.

 

Casistica

Tra le ipotesi che sono state ritenute idonee a legittimare la revoca della licenza possono essere citati:

  • il caso in cui il titolare dell’autorizzazione se ne serva per svolgere un’attività diversa da quella autorizzata (Cons. Stato, 19 novembre 1955 n.1400);
  • il caso del titolare consente ad un altro soggetto che non ha ottenuto l’approvazione alla nomina di rappresentante di condurre un’attività precedentemente autorizzata (TAR Lombardia, sez.III, 2 novembre 2010, n.332);
  • il caso in cui sia stata accertata la presenza in un locale adibito a trattenimenti danzanti di un numero di persone superiore a quello massimo consentito (Cons. Stato, sez.V, 13 giugno 2000, n.456);
  • il caso del titolare di una licenza per il commercio di armi che detiene all’interno del proprio esercizio un numero superiore di armi rispetto al limite massimo previsto in licenza;
  • il caso di un soggetto autorizzato alla vendita di uniformi militari e di accessori destinati all’equipaggiamento delle Forze armate e di polizia ai sensi dell’art.28 T.U.L.P.S. che ha venduto divise militari senza provvedere alla loro registrazione;
  • il caso di un privato, autorizzato al commercio di oggetti preziosi, che non ha compiuto le previste operazioni su cose antiche ed usate se non con le persone provviste di documenti di identificazione, ed in altri casi simili;
  • il caso in cui il titolare della licenza di porto d’armi sia stato colto in un’autovettura in compagnia di un noto pregiudicato appartenente alla criminalità organizzata (TAR Campania 1994 n.456);
  • l’ipotesi di svolgimento di attività autorizzata in mancanza di previa voltura dell’autorizzazione in favore di soggetti agenti (TAR Abruzzo 1993 n.847);
  • l’affidamento informale di un esercizio pubblico ad altra persona non autorizzata (TAR Lazio 1995 n.196);
  • il caso del titolare di autorizzazione al commercio di preziosi arrestato per ricettazione di oggetti di valore (TAR Sardegna 1994 n.1499).
  • deve ritenersi legittima, in quanto rispettosa del principio di proporzionalità, nonché fondata su valide ragioni, una ordinanza dirigenziale con la quale è stata disposta la definitiva revoca di una licenza commerciale per somministrazione di alimenti e bevande, che sia motivata con riferimento al fatto che il relativo titolare ha reiteratamente inosservato il divieto di somministrare bevande alcoliche ai minori (Tar Liguria, sez.II, sentenza 7 giugno 2021, n.524).

In sostanza, l’ipotesi di abuso del titolo comprende ogni violazione di legge, di regolamenti o di ordini dell’Autorità, indipendentemente dalla qualificazione come reato del comportamento sanzionatorio (Cons. Stato, sez.IV, 27 settembre 1997 n.772), ravvisabile anche nella irregolare tenuta del registro delle operazioni giornalmente compiute sul quale l’art.128 T.U.L.P.S. impone siano annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono effettuate e le altre indicazioni prescritte dal regolamento (TAR Campania, sez.III, 24 maggio 2007 n.6119).

Quel che appare incontestabile è che la sospensione o la revoca sono legittime tutte le volte che il beneficiario non abbia osservato anche le eventuali prescrizioni particolari imposte dall’Autorità di P.S. ai sensi dell’art.9 T.U.L.P.S., il quale dispone che “oltre le condizioni stabilite dalla Legge, chiunque ottenga un’autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse” (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 27 maggio 2006 n.4009, ove si specifica che la comminatoria di revoca dell’autorizzazione in caso di mancata osservanza delle condizioni in essa imposte è previsione che si collega al potere assegnato dall’art.9 T.U.L.P.S. all’Autorità di P.S.. di introdurre prescrizioni aggiuntive al contenuto tipico dell’atto autorizzatorio per il perseguimento di quello specifico interesse rappresentato dalle finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica).

Il mancato adempimento delle condizioni ivi imposte integra, all’evidenza, l’ipotesi di ‘abuso della persona autorizzata’, in presenza del quale può essere esercitato il potere di revoca dell’atto abilitativo.

 

Le altre tipologie di revoca

Il potere di cui all’art.10 T.U.L.P.S. si differenzia dalla revoca prevista dall’art.21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n.241 per i provvedimenti amministrativi discrezionali con efficacia durevole, che l’autorità amministrativa può adottare “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, quindi al fine di garantire la perdurante corrispondenza tra l’azione della pubblica amministrazione e l’interesse pubblico di volta in volta da questa perseguito.

La revoca di cui all’art.10 T.U.L.P.S. assume, invece, carattere sanzionatorio e presuppone necessariamente la commissione di un illecito da parte del destinatario del provvedimento o, comunque, il mancato rispetto di un onere impostogli dalla legge o, comunque, dall’autorità che ha emesso il provvedimento. In assenza di una mirata valutazione degli interessi pubblici, qui prevale il riferimento all’inadempimento degli obblighi facenti capo al privato nell’ambito del rapporto sorto dal provvedimento.

L’ipotesi di cui all’art.10 T.U.L.P.S. si differenzia, inoltre, dalla revoca di cui al successivo art.11 comma 3 T.U.L.P.S., ai sensi del quale “le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’autorizzazione”.

Questa tipologia di revoca, a differenza del provvedimento sanzionatorio di cui all’art.10 T.U.L.P.S., non attiene ad abusi del titolo ma alla sussistenza o permanenza delle condizioni soggettive che devono sempre far capo al titolare dell’autorizzazione, senza che rilevi, a tal fine, l’eventuale o accertato abuso della stessa.


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