IN POCHE PAROLE …

Dal perimetro legale di abilitazione dei magistrati a portare armi pur senza l’ordinaria licenza  sono esclusi  coloro che svolgono funzioni di magistrato onorari.


Consiglio di Stato, sez.5, sentenza n.1062 del 4.2.2021

Il beneficio eccezionale del porto d’ami senza licenza ex art. 7 della  L. n. 36 del 1990 è usufruibile solo da coloro che esercitano professionalmente e stabilmente le funzioni giurisdizionali, anche se temporaneamente collocati fuori del ruolo organico.


A margine

Il Consiglio di Stato, sez.5, con sentenza n.1062 del 4.2.2021, si è pronunciato sulla questione della legittimità del porto d’armi senza licenza da parte dei giudici ausiliari di Corte d’Appello, dei giudici onorari di pace e dei vice procuratori onorari.

Va premesso che il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – Direzione generale dei magistrati con circolare 18 gennaio 2018 n.11799 ha disposto il ritiro dei tesserini di riconoscimento in corso di validità dei magistrati onorari al fine della loro sostituzione con nuovi modelli non recanti la dicitura “valido ai fini del porto d’arma senza licenza – art.7 legge 21.2.1990,  n.36”.

La sentenza del TAR Lazio

Il ricorso in primo grado al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio presentato da alcuni magistrati onorari era stato respinto con la sentenza della sezione I del 4 marzo 2019, n.2800, non ravvisandosi alcun “diritto acquisito al porto d’armi” maturato in ragione delle precedenti circolari interpretative che tale diritto riconoscevano ai magistrati onorari poiché previsto da normativa primaria e, dunque, spettante solo in presenza delle condizioni ivi stabilite.

Tale sentenza, inoltre:

– confermava la qualificazione dell’art. 7  L. n. 36 del 1990 nella parte in cui prevede il porto d’armi senza licenza per i “magistrati dell’ordine giudiziario” come norma eccezionale alla regola che fa divieto di portare armi e, come tale insuscettibile di applicazione analogica, tanto più che la predetta locuzione risultava adoperata dal legislatore anche in altre disposizioni sempre con solo riferimento alla magistratura ordinaria;

– riteneva applicabile ai soli magistrati professionali il richiamato art. 7 della l. n. 36 del 1990 anche per una sua lettura teleologica: la norma intende attribuire in via eccezionale un beneficio a coloro che esercitano professionalmente e stabilmente le funzioni giurisdizionali; essa, dunque, è collegata allo status di magistrato e non anche all’esercizio concreto delle funzioni come dimostrato dalla esplicita previsione della sua applicazione anche a coloro che sono temporaneamente collocati fuori ruolo;

– giudicava irrilevanti ai fini della decisione della controversie le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione alle disposizioni del d.lgs. n. 116 del 2017 riguardanti l’esclusione della costituzione di un rapporto di pubblico impiego, l’indennità riconosciuta ai magistrati onorari, la disciplina degli oneri previdenziali, le sanzioni disciplinari e l’ambito di competenza dei giudici di pace.

La sentenza di appello

Queste argomentazioni sono state sostanzialmente riconfermate dal Consiglio di Stato, chiamato a verificare se, con gli atti impugnati, il Ministero della giustizia abbia legittimamente identificato il perimetro legale di abilitazione dei magistrati a portare armi pur senza l’ordinaria licenza, escludendone coloro che svolgono funzioni di magistrato onorario.

La disputa, in buona sostanza, verte sulla facoltà, di cui all’art.7, comma 1, l. 21 febbraio 1990, n.36 (Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati) che così dispone: «Ai soli fini della difesa personale è consentito il porto d’armi senza la licenza di cui all’articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , oltre che alle persone contemplate dall’articolo 73 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante regolamento di esecuzione del citato testo unico, ai magistrati dell’ordine giudiziario, anche se temporaneamente collocati fuori del ruolo organico, al personale dirigente e direttivo dell’Amministrazione penitenziaria».

La norma – posta in tempi di particolare esposizione dei magistrati all’aggressione terroristica o della criminalità organizzata – estende a tutti i magistrati dell’ordine giudiziario la facoltà a suo tempo attribuita ai soli magistrati con funzioni requirenti o istruttorie (i «Pretori e i magistrati addetti al pubblico Ministero o all’ufficio di istruzione») dal menzionato art.73 r.d. n.635 del 1940 (Regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S.).

“Il riferimento normativo ai «magistrati dell’ordine giudiziario» va intenso nel senso dei soli soggetti di cui al ricordato art.4, comma 1, r.d. n. 12 del 1941. A ciò porta sia la ratio legis (l’attribuzione della facoltà è in ragione della potenziale esposizione a pericolo per l’esercizio delle funzioni giudiziarie: circostanza che normalmente non si realizza per gli affari minori cui sono addetti i magistrati onorari), sia la rivelatrice precisazione per la quale la facoltà permane anche nel periodo eventualmente trascorso in posizione di fuori ruolo, cioè indipendentemente dal rapporto organico in un ufficio giudiziario, dunque con radicamento piuttosto nel rapporto di servizio. Del resto, solo il magistrato professionale può essere collocato in posizione di fuori ruolo senza con questo perdere la collocazione nell’ordine giudiziario”.

La norma è di stretta interpretazione perché fa eccezione al generale divieto di porto delle armi (art.699 c.p. e art. 4, primo comma, l. n. 110 del 1975).

Da tutto questo consegue che, per volontà della legge, è consentito il porto d’armi senza licenza ai soli magistrati di professione (cfr. Cass. pen., I, 28 maggio 2015, n. 22567, secondo cui l’esonero dall’obbligo di denuncia di detenzione e l’autorizzazione al porto d’armi non si riferisce ai magistrati onorari), a coloro cioè che stabilmente e istituzionalmente esercitano funzioni giurisdizionali.

“Diversamente, bene rileva il Ministero, in pratica sarebbe consentito il porto d’armi senza licenza a chi svolge in via principale non l’attività di magistrato (onorario) ma un’altra attività lavorativa e professionale. Anche a voler ipotizzare che un analogo esercizio di funzioni giudiziarie possa esporre i magistrati onorari ai medesimi rischi per aggressioni dei magistrati ordinari (il che nella media non è), non v’è un’illogica disparità di trattamento perché il diverso statuto professionale degli uni e degli altri legittima trattamenti differenziati nei termini indicati: tanto più che, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, il porto d’armi senza licenza non è correlato in via diretta allo svolgimento in concreto della funzione magistratuale”; l’accostamento dei magistrati onorari ai giudici popolari è effettuato al solo scopo di marcare la differenza tra i magistrati che compongono l’ordine giudiziario e quelli che vi appartengono per le funzioni temporaneamente svolte e, in questi termini, non è illogica: entrambi, pur con competenze diverse, sono in funzione della partecipazione popolare all’amministrazione della giustizia (art.102, comma 3, Cost.)”.


Stampa articolo