Non ricorre l’obbligo di licenza ex art.115 TULPS per il recupero stragiudiziale dei crediti svolto nell’esercizio della professione legalePer “agenzie pubbliche (o uffici pubblici) di affari” si intendono le imprese, comunque organizzate, che si offrono come intermediarie nell’assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta.

Competenza al rilascio delle licenze

 Ai sensi dell’art.115 T.U.L.P.S. non possono aprirsi o condursi agenzie di prestiti su pegno o altre agenzie di affari, quali che siano l’oggetto e la durata, anche sotto forma di agenzie di vendita, di esposizioni, mostre o fiere campionarie e simili, senza licenza del questore.

Ricadono in questo ambito anche l’esercizio del mestiere di sensale o di intromettitore, nonché le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.

Con la modifica all’art.115 T.U.L.P.S. introdotta dall’art.1 del d.l. 9 febbraio 2012 n.5, convertito dalla legge 4 aprile 2012 n.35, l’obbligo della licenza per le agenzie di affari è stato sostituito con una semplice comunicazione, eccezion fatta per le agenzie di recupero crediti, per le quali rimane inalterato l’obbligo del rilascio della licenza da parte del questore.

Tale assetto conferma quanto delineatosi già con l’art.163 co.2 lett.c) del decreto legislativo 31 marzo 1998 n.112 e l’attribuzione ai comuni, ai sensi dell’art.128 Cost., della competenza al rilascio delle licenze concernenti le agenzie d’affari, che non hanno modificato le originarie competenze statali in merito all’attività di recupero crediti, sempre soggetta all’art.115 ss. T.U.L.P.S. e al relativo regolamento di esecuzione.

La necessità di mantenere invariato l’originario impianto legislativo discende dalle peculiari funzioni svolte dalle richiamate agenzie, per loro natura esposte a “difficili rapporti con le problematiche dei tassi usurai ed a forme di coercizione del debitore non sempre coerenti con le garanzie apprestate dall’ordinamento” (parere del Consiglio di Stato n.881 del 2003).

Soggetti

Possono svolgere l’attività di recupero crediti solo i soggetti muniti di apposita licenza, nonché eventuali loro rappresentanti che, ai sensi dell’art.8 T.U.L.P.S., abbiano i medesimi requisiti soggettivi richiesti per il titolare della licenza ed abbiano ottenuto, altresì, l’approvazione del questore.

“I soggetti individuati come rappresentanti sono abilitati al compimento di ogni operazione di gestione dell’agenzia in luogo del titolare, sia nei confronti dei soggetti privati che di amministrazioni pubbliche”, per cui sono soggetti all’accertamento dei medesimi requisiti previsti per il conseguimento del titolo autorizzativo. Per tale ragione, il nominativo dei rappresentanti è inserito nella licenza ovvero in un atto che ne faccia parte integrante e ne abbia le stesse caratteristiche e non nell’elenco degli agenti.

Gli agenti sono invece i collaboratori esterni all’agenzia e risultano delegati a compiere ed effettuare unicamente “le attività materiali di recupero del credito che comportino qualsiasi rapporto (telefonico, epistolare, telematico, domiciliare o altro) con l’obbligato, ovvero nel rispetto della normativa sulla riservatezza con congiunti e terzi in genere”. Non possono collaborare con soggetti privi di licenza ex art.115 né prendere mandati diretti dai creditori, dalle banche o da soggetti terzi non muniti di licenza per il recupero crediti. Possono, invece, prestare la propria attività presso più agenzie, nel qual caso il nominativo deve essere ricompreso negli elenchi allegati alle licenze di polizia di ciascuna di esse.

Atteso che l’art.115 T.U.L.P.S. non indica specificamente natura e caratteristiche del rapporto di lavoro o di subordinazione inerente alla rappresentanza, va rilevato che la nuova disciplina del lavoro prevede anche rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che possano intercorrere per tutti i settori e le attività lavoristiche, con alcune eccezioni (professioni intellettuali, rapporti occasionali, ecc., art.61 d.lgs. n.276 del 2003) che non paiono riguardare il settore (circ. Min. Int. n.559/C.22103.12015-1 del 2 luglio 1996).

La Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha precisato che “la nozione di coordinamento può essere utile a giustificare la responsabilità del committente per l’attività svolta dal collaboratore nell’ambito del rapporto contrattuale in riferimento”, ragion per cui non può essere escluso, a priori, che anche il titolare di licenze ex art.115 T.U.L.P.S. si avvalga, quale proprio rappresentante, di un collaboratore inquadrato nell’ambito di un contratto di lavoro a progetto. Resta fermo anche in questa circostanza il rispetto dei requisiti di cui agli artt.8 e 11 ss. T.U.L.P.S. e il necessario possesso della prescritta licenza, in mancanza della quale ricorre l’esercizio abusivo dell’attività di recupero crediti.

Natura della licenza

La licenza di recupero crediti è personale e viene rilasciata al rappresentante legale dell’agenzia, che può chiedere l’autorizzazione per la nomina di uno o più rappresentanti ai sensi dell’art.115 co.4 T.U.L.P.S..

La licenza è, inoltre, un atto separato dall’elenco degli agenti e quindi non è soggetta a rinnovo al variare nell’elenco dei nominativi degli agenti.

Tale indicazione tiene conto della mutevolezza della composizione dell’elenco, che può variare in modo più o meno sensibile e rapido, in relazione all’andamento delle commesse ricevute dalle agenzie, senza necessità di rilasciare una nuova licenza ogniqualvolta vi sia una modifica.

Nell’ipotesi di diniego dell’inserimento nell’elenco degli agenti o della nomina come rappresentante, la Questura fornisce all’agenzia solo la notizia del rifiuto, in conformità alla normativa in tema di protezione dei dati personali (d.lgs. n.196 del 2003). Le motivazioni vengono comunicate – dietro presentazione di specifica richiesta – solo al soggetto escluso, in aderenza alle norme generali sulla trasparenza degli atti amministrativi e nei limiti consentiti da oggettive necessità di riservatezza, “in relazione ai superiori interessi pubblici relativi all’ordine ed alla sicurezza ovvero a motivi di giustizia”.

Ambito territoriale

La regolamentazione territoriale dell’attività delle agenzie di recupero crediti prevedeva inizialmente l’onere per le agenzie di disporre di singole autorizzazioni per l’esercizio delle attività in ciascuna provincia di interesse e di disporre di locali nel territorio oggetto dell’autorizzazione.

Tale disciplina è risultata in contrasto con le disposizioni fondamentali del Trattato istitutivo delle Comunità europee (cfr. sentenza della Corte di giustizia resa in data 12 gennaio 2006) ed ha determinato per l’Italia una procedura di infrazione.

La problematica è stata risolta ai sensi dell’art.4 del decreto-legge 8 aprile 2008 n.59, recante “disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, convertito con legge 6 giugno 2008 n.101, che ha modificato l’art.115 T.U.L.P.S. nel senso di prevedere che la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall’autorità.

art.4 Decreto-legge 8 aprile 2008, n.59

Restano, in ogni caso, ferme le norme in materia di identificazione e registrazione dei clienti e delle relative commissioni, di cui agli artt.219 e 220 del regolamento di esecuzione al T.U.L.P.S. e delle connesse disposizioni specificamente finalizzate alla prevenzione del riciclaggio di cui al d.lgs. n.231 del 21 novembre 2007, che ha assorbito, per la parte di interesse, le disposizioni dei precedenti decreti legislativi 25 settembre 1999 n.374 e 20 febbraio 2004 n.56, adottati in materia.

Ne consegue la necessità per i titolari delle licenze in argomento di rendere note, in prima rilevazione e prima dell’avvio dell’attività di recupero crediti, le località in cui intendono svolgere il servizio, nonché i luoghi fisici (uffici aperti al pubblico) o virtuali (strutture non aperte al pubblico e mezzi telefonici o telematici) attraverso cui intendono offrire la propria attività, indicandone i responsabili, propri rappresentanti, e di confermare la sede, indicata nella licenza, presso la quale siano disponibili, agli organi di pubblica sicurezza ed agli altri organi di controllo antiriciclaggio, le prescritte registrazioni, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica” (circolare Min.Int. n.557/PAS/ 11858.12015-1 del 2 gennaio 2008).

I registri e la documentazione afferente l’attività in parola devono essere conservati nella sede principale, che deve rispondere ai requisiti previsti dalla legge. Conseguentemente, i controlli vanno esperiti presso la sede principale per verificare la completezza delle informazioni registrate nonché la tenuta degli atti secondo quanto disposto dal T.U.L.P.S. e dal relativo regolamento di esecuzione.

Circ_Min.Int_557_PAS-6909-12015 del 10-1-2011

Circ_Min.Int_557-PAS-U-014680-12015-34 del 9-8-2012

Attività di recupero crediti ed esercizio della professione legale: necessità di licenza ex art.115 TULPS per il recupero stragiudiziale dei crediti?

L’avvocato ha diverse soluzioni per svolgere attività di recupero crediti per il proprio assistito.

Nel momento in cui un soggetto si ritrova ad avere un credito insoluto una soluzione è certamente quella del recupero giudiziale, nella quale il ruolo dell’avvocato è imprescindibile. Per quanto riguarda le norme in materia per poter iniziare una procedura di recupero crediti ci sono sostanzialmente quattro diverse procedure:

Titoli di Credito – Nel caso in cui il credito sia incorporato in una cambiale, un assegno bancario o un altro documento con medesima efficacia, alla scadenza questi diventeranno esecutivi in automatico e recuperabili tramite precetto di pagamento.

Decreto ingiuntivo – Il decreto ingiuntivo è il provvedimento attraverso il quale il giudice competente, su richiesta del titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, fondato su prova scritta, ingiunge al debitore di adempiere l’obbligazione, entro 40 giorni dalla notifica, ed in mancanza di opposizione si procederà ad esecuzione forzata

Procedimento ordinario – Nei casi in cui le prime due opzioni non siano perseguibili si va per il procedimento ordinario volto ad accertare l’esistenza e la consistenza del credito e a condannare il debitore all’adempimento.

Negoziazione assistita – Per i crediti inferiori ai 50.000 euro è stata poi instaurato l’obbligo di procedere con la negoziazione assistita nella quale le due parti si impegnano, attraverso i propri legali, a cooperare per la buona riuscita della controversia economica.

E’ possibile poi, nel caso di decreto ingiuntivo, che il  debitore proponga opposizione; questo avviene quando quest’ultimo ritenga che il credito sostanzialmente non esista o è stato già pagato nei termini di scadenza previsti. A quel punto si andrà avanti con il procedimento ordinario per avere un giudizio definitivo. La fase di notifica del decreto ingiuntivo è comunque fondamentale in quanto l’unica ipotesi nella quale questo può essere tacciato di inefficacia è proprio quello di mancanza o inesistenza della notifica stessa entro il termine stabilito di 60 giorni dalla pronuncia. In ogni caso la prima fase è sicuramente quella della messa in mora del debitore che deve avvenire in forma scritta, comunemente tramite raccomandata con avviso di ricevimento per poter poi avere la prova della data relativa alla notifica.

Con la messa in mora si interrompe il termine di prescrizione e si da inizio alla decorrenza degli interessi moratori.

Tornando alla fase di decreto ingiuntivo, se non avviene l’opposizione da parte del debitore si passa al precetto con il quale si intima quest’ultimo ad adempiere all’obbligo risultante dal decreto entro un termine di 10 giorni, pena l’attuazione dell’esecuzione forzata.

Una volta che il termine del precetto scade si arriva all’ultima decisiva fase con l’esecuzione forzata e il pignoramento dei beni mobili, immobili o presso terzi in capo al debitore.

Questo ha inizio con un’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario che intima il debitore a non compiere azioni che sottrarre alla garanzia del credito i beni assoggettati al pignoramento stesso.

Durante le fasi precedenti è però possibile da parte del creditore e in sostanza dal suo legale svolgere diverse indagini patrimoniali volte ad individuare i beni posseduti dal debitore, siano essi mobili come veicoli, imbarcazioni o qualsiasi bene abbia un valore considerevole, sia che siano immobili; ultima opzione è il pignoramento attraverso terzi che può avvenire tramite diverse vie, dal pignoramento dello stipendio alla pensione fino al pignoramento dello stesso conto corrente bancario o postale.  Procedere all’esecuzione forzata prima di conoscere la consistenza patrimoniale del soggetto è sicuramente un’azione azzardata e che può portare ad una perdita di risorse sia finanziarie che di tempo.

Inoltre l’individuazione dei beni potenzialmente pignorabili e soprattutto la sua veridicità e valenza è inversamente proporzionale alla data in cui viene effettuata ed alla profondità dell’analisi in ottica di aggiornamento e verifica sul campo delle informazioni.

Nel momento in cui la fase stragiudiziale non va a buon fine la conoscenza dell’iter e l’utilizzo di informazioni e metodologie precise permette però di ottimizzare i tempi di conclusione anche se in definitiva purtroppo ogni caso è differente, come è differente la velocità della burocrazia e il profilo dei diversi debitori.

L’opzione di recupero stragiudiziale costituisce una soluzione ‘bonaria’ che si estrinseca attraverso una vera e propria istruttoria documentale, che va da contatti con il debitore sino alla diffida e messa in mora del medesimo, valutando, tra l’altro, la possibilità di accordare eventuali dilazioni di pagamento o ristrutturazioni del debito.

Di norma l’accertamento ha inizio con la verifica di rintracciabilità del debitore, compresa la locazione del domicilio e i dati anagrafici di interesse. Se il debitore non collabora si procede con la messa in mora, provvedimento pubblicistico – di norma di natura epistolare – con il quale la posizione debitoria viene esteriorizzata e ufficializzata, informando il soggetto del fatto che è tenuto a pagare il debito in oggetti. Se l’avviso non ha seguito, si procede di norma con sollecito telefonico fino ad arrivare ad una vera e propria diffida ad adempiere, con raccomandata a/r e definizione di un termine arbitrario (nella prassi dieci giorni) spirato infruttuosamente il quale si manifesta l’intendimento di procedere in via giudiziale

Tali azioni possono considerarsi propedeutiche alla fase giudiziale che diventa necessaria se il creditore non riesce ad ottenere il pagamento, ossia qualora l’azione stragiudiziale non abbia sortito gli esiti sperati.

Per l’esercizio della fase stragiudiziale l’art.115 co.5 TULPS ordinariamente impone l’acquisizione di una licenza rilasciata dalla Questura e, comunque, una serie di adempimenti e requisiti necessari allo svolgimento dell’attività a tutela dell’utente, in particolare, e della collettività, in generale.

Tuttavia, per chi esercita la professione legale, sembra ragionevole ritenere che l’esercizio della professione forense e l’iscrizione all’Albo professionale legittimino ex se l’esercizio del recupero crediti sia in forma giudiziale che stragiudiziale senza la titolarità della licenza ex art.115 TULPS, trattandosi di attività comunque soggetta a controlli nonché disciplinata dalla legge professionale n.247 del 2012 che, per il sol fatto dell’iscrizione all’albo, abilita l’avvocato allo svolgimento della menzionata attività stragiudiziale.

Ne consegue che la richiesta di rilascio di una licenza per l’esercizio dell’attività di agenzia di recupero stragiudiziale di crediti per conto terzi da parte di un avvocato pare ultronea e riferita a prestazioni che ordinariamente vengono rese dagli studi legali in tali circostanze (si pensi a: disamina ed istruttoria della pratica da parte dello studio; inoltro da parte dello studio al debitore di atto di costituzione in mora a mezzo raccomandata a/r ovvero PEC, con contestuale diffida ad adempiere; contatti telefonici con la controparte; corrispondenza informativa e consultazioni con il cliente; gestione di eventuali contestazioni con la controparte; eventuale attività conciliativa coerente con la definizione bonaria della controversia).

In pratica, l’attività di recupero crediti svolta dagli studi legali consiste in una preliminare analisi della tipologia del credito vantato e della solvibilità del debitore, anche tramite l’accesso alle principali banche dati di cui è dotato lo Studio (Camera di Commercio, Catasto, Conservatorie e PRA), con conseguente tentativo di recupero stragiudiziale (senza necessità di licenza ex art.115 TULPS) e successiva azione legale (azione ordinaria, ricorso per decreto ingiuntivo, atto di precetto) in caso di insuccesso, valutando comunque di volta in volta la procedura più idonea e meno dispendiosa (in termini di tempo e di risorse), nel preminente interesse del cliente.


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