La pubblicità dei verbali delle commissioni consiliari rientra nella disciplina generale di cui al d. lgs. n. 33-2013 e l’accesso non può essere negato richiamando ipotesi di controllo generalizzato sull’operato della P.A. ex. l. n. 241-1990.
Tar Puglia, Bari, sezione terza, 18 luglio 2014, Presidente S. Conti, Estensore M. Colagrande
Il caso
Il caso nasce da una richiesta con cui un cittadino chiede ad un comune di accedere a tutti i verbali delle commissioni costituite in seno al consiglio, dal loro insediamento, alle relative convocazioni, agli ordini del giorno e alle determinazioni di liquidazione dei gettoni di presenza dei componenti.
A motivazione della richiesta il soggetto afferma di essere parte civile di un processo penale per ipotesi di reati commessi nell’ambito delle riunioni delle suddette commissioni.
Nonostante l’interesse del privato venga inizialmente riconosciuto consentendo l’ostensione degli atti di liquidazione, la richiesta di accesso ai verbali è respinta tramite il silenzio, in quanto ritenuta preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato del comune.
Il soggetto impugna quindi il diniego tacito eccependo la contraddittorietà e l’illogicità del comportamento dell’amministrazione nonché la violazione dell’art. 22 della l. n. 241-1990, dei principi di imparzialità e buon andamento e dell’art. 10 del d.lgs. n. 267-2000 (TUEL) il quale riconoscerebbe al cittadino residente la legittimazione a conoscere gli atti dell’amministrazione comunale, senza necessità di specificare un interesse qualificato.
Il comune si costituisce in giudizio.
La sentenza
Il Tar Bari ritiene il ricorso fondato e lo accoglie.
In particolare il collegio ricorda che l’art. 38 del d.lgs. n. 267-2000, in ossequio al principio di pubblicità degli atti comunali ex art. 10, stabilisce che “quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l’organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento”.
Conseguentemente, in base a tale assunto, chiunque può assistere ai lavori delle commissioni senza fornire alcuna motivazione.
Ciò considerato, anche i verbali delle sedute delle commissioni, riportanti il resoconto delle attività delle stesse, devono essere ritenuti pubblici e l’accesso non può essere negato considerando l’istanza preordinata ad un controllo generalizzato.
In particolare, ad avviso del Tar, ammettere la pubblicità delle sedute delle commissioni, ma non dei relativi verbali, si porrebbe in contrasto con il principio sancito dall’art. 10 per cui tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici e con l’art. 1 del d.lgs. n. 33-2013 secondo cui “la trasparenza va intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle P.A., allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.
Il diritto di accesso ai verbali non può quindi essere negato richiamando ipotesi di controllo generalizzato sull’operato della P.A. in quanto tali atti, oltre ad essere pubblici per definizione, investono l’attività istituzionale dell’ente, verso la quale, la normativa vigente promuove forme di controllo diffuso da parte della collettività.
Inoltre, sebbene la richiesta riguardi una pluralità indifferenziata di verbali, questa non può dirsi generica in quanto trattasi di atti “pubblici” che escludono l’esistenza di contro interessati alla divulgazione. Quindi, come il comune ha individuato le determinazioni di liquidazione da esibire, così lo stesso non avrà difficoltà ad individuare i verbali ostensibili, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi dalla pubblicità dal Regolamento consiliare ex art. 10, d.lgs. n. 267-2000.
La valutazione della sentenza
Il ricorso in esame richiama da un lato, il diritto di accesso del cittadino residente ex art. 10 TUEL e, dall’altro, la disciplina sulla pubblicità dell’attività della P.A. ex d.lgs. n. 33-2013.
Sulla prima questione, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ha precisato che tale accesso è equiparabile ad una sorta di azione popolare. In particolare “il diritto di accesso agli atti degli enti locali del cittadino residente non è condizionato alla titolarità in capo al soggetto accedente di una situazione giuridica differenziata, atteso che l’esercizio di tale diritto è equiparabile all’attivazione di un’azione popolare finalizzata ad una più efficace e diretta partecipazione del cittadino all’attività amministrativa dell’ente locale e alla realizzazione di un più immanente controllo sulla legalità dell’azione amministrativa. Non è, pertanto, possibile subordinare il diritto di accesso del cittadino residente alla dimostrazione della titolarità di un interesse giuridicamente rilevante” (parere nella seduta del 13 settembre 2011).
In sostanza, secondo questo approccio, sussisterebbe una specificità del diritto di accesso dei soggetti residenti che lo differenzierebbe dal diritto previsto dalla legge n. 241-1990 e lo configurerebbe alla stregua di un’azione popolare senza richiedere la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante e un’adeguata motivazione (parere Commissione del 15 marzo 2011).
Tale impostazione risulta tuttavia discussa sebbene esista ancora oggi una giurisprudenza minoritaria a suo sostegno (in tale senso: Tar Puglia, Lecce, 12 aprile 2005, n. 2067, Tar Marche, 3 aprile 2006, n. 101 e Tar Molise, 13 gennaio 2006, n. 21).
In proposito il Consiglio di Stato ha chiarito che le norme sull’esercizio del diritto di accesso ai documenti degli enti locali non hanno introdotto un istituto ulteriore rispetto a quello di cui alla legge n. 241-1990.
Più precisamente, la tesi di un diritto di accesso agli atti degli EE.LL. libero per i soli residenti non sarebbe in linea con la fondamentale direttiva costituzionale sull’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La griglia dei principi generali di cui alla legge n. 241, ivi compresa la ricorrenza della situazione legittimante ex art. 22 e lo speciale rito ex art. 25, sarebbe infatti destinata a regolare l’intero universo dell’accesso amministrativo inteso come istituto unitario, pur nelle specifiche connotazioni di dettaglio che possono toccare determinate articolazioni o materie.
In definitiva, le disposizioni della l. n. 241-1990 costituiscono, come stabilito dal primo Regolamento di attuazione del diritto di accesso (Dpr n. 352 del 1992) [1], la normativa generale applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni (Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2003, n. 5034 e sez. V, 29 novembre 2004, n. 7773).
Si ricorda infine che, a lato della normativa sul diritto di accesso, si pongono oggi le nuove disposizioni del d.lgs. n. 33-2013 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni le quali disciplinano situazioni, non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’ostensione dei documenti amministrativi, ai sensi della l. n. 241-1990.
Il d.lgs. in parola intende infatti riordinare la materia assicurando la più ampia accessibilità ai dati, concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare “il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche”, quale integrazione del diritto “ad una buona amministrazione”, nonché per la “realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
Tali fini saranno realizzati attraverso la pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti nei siti istituzionali, con il diritto di chiunque di accedervi “direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed identificazione”.
Conseguentemente, solo in caso di omessa pubblicazione potrà essere esercitato, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33-2013, il cosiddetto “accesso civico”.
di Simonetta Fabris
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[1] Il Dpr n. 352-1992 è oggi interamente abrogato, ad eccezione dell’art. 8, dal Dpr n. 184-2006 recante il nuovo Regolamento sulla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi.