Il Sindaco può revocare l’incarico di Assessore quando vi è una situazione di conflittualità che non consente il perseguimento degli obiettivi indicati nel programma sul quale si è formato il consenso elettorale. La revoca può pertanto essere legittimamente sorretta da motivazioni che attengono alla discrezionalità e opportunità politico amministrativa.
Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – Milano, Sezione III, sentenza 15 maggio 2014, n. 1263 – Pres. Leo, Est. Mameli
Il caso
In un Comune della Lombardia era sorto un dissidio fra il Sindaco e un Assessore, con funzioni anche di Vicesindaco sull’attuazione del programma che era stato posto alla base dell’elezione del Sindaco medesimo. Visto che non si trovava composizione, ed il dissidio si era accentuato per l’intendimento dell’Assessore di presentarsi alle vicine elezioni con una sua lista, il Sindaco ha revocato la nomina, dandone comunicazione al Consiglio comunale, che ne ha preso atto.
L’Assessore ha impugnato l’atto di rimozione denunciando la violazione delle norme che regolano la partecipazione al procedimento e il difetto di motivazione.
La sentenza
Il TAR ha respinto il ricorso osservando che la fattispecie portata al suo esame non rientra fra quelle che richiedono l’avviso di avvio del procedimento e, quanto al merito, che il particolare rapporto di natura fiduciaria fra Sindaco e Assessore ne giustifica la rimozione quando il rapporto medesimo si deteriora.
Il Commento
I giudici lombardi sono tornati sulla questione della revocabilità della nomina degli assessori comunali. Se ne era infatti a suo tempo occupata la sede di Brescia, con la sentenza della Prima Sezione 29 marzo 2013, n. 199, della quale aveva riferito questa Rivista nell’edizione on line del 6 maggio 2013. Il caso allora preso in esame aveva una sua peculiarità: si trattava della revoca della nomina da parte del Sindaco per il venire meno del rapporto fiduciario con il gruppo politico che aveva designato l’Assessore a ricoprire la carica. In quella vicenda era emerso un ruolo più marcatamente politico del Consiglio rispetto alla Giunta, mentre nel caso qui in esame il rapporto si è esaurito nel conflitto Sindaco/Assessore, nel quale il Consiglio comunale si è limitato a prendere atto come se si trattasse di una semplice notizia. Nel caso in esame, appunto, il rapporto fiduciario è diretto fra Sindaco e Assessore, come si rileva dalla motivazione della revoca, che la sentenza riporta nel testo integrale, in alto sintetizzata. Il Sindaco sostiene che è venuto meno il corretto rapporto collaborativo e questo ha impedito il conseguimento degli obiettivi del suo programma.
Il dato comune delle due vicende è che la funzione assessorile ha per obiettivo l’attuazione delle linee programmatiche espresse dall’indirizzo politico generale, e più puntualmente operative quando si deve dare attuazione al programma sul quale il Sindaco, con l’elezione, ha ottenuto il consenso elettorale. Pur non versandosi in ipotesi che si avvicina a quella di recesso, o meglio revoca, ad nutum, l’enunciazione delle ragioni per le quali si è ritenuto essere venuto meno il rapporto fiduciario deve essere palese, anche se non minuziosa e puntuale. Nel caso qui in esame è stata ritenuta sufficiente l’annotazione secondo la quale è mancato un apporto collaborativo nell’attuazione del programma. Su questo punto la sentenza annota che tanto basta, essendo sufficiente che la revoca sia stata assunta in base a valutazioni di natura politica e discrezionale.
A questo punto deve essere chiarito il ruolo degli Assessori comunali, ed anche provinciali. Nel vecchio ordinamento gli Assessori si ritenevano preposti al vertice delle strutture amministrative dell’ente, dirigendone le attività nel perseguimento di obiettivi di carattere politico amministrativo, ed anche per gli aspetti gestionali. Alla riforma della composizione e delle funzioni degli organi politici degli enti locali si è accompagnata quella della dirigenza, alla quale sono state attribuite tutte le funzioni e responsabilità amministrative, ed anche provvedimentali. Inoltre, gli Assessori derivavano la loro carica dall’elezione da parte del Consiglio ed erano deputati ad una partecipazione collegiale in un quadro di indirizzo politico che derivava dal Consiglio medesimo.
Per come le funzioni si sono definite, e per come prevedono le norme di riferimento, il loro ruolo consiste ora nella partecipazione collegiale per la adozione dei provvedimenti che appartengono alla competenza della Giunta e, per quanto riguarda i settori di riferimento, nel promuovere le iniziative che i dirigenti devono assumere e tradurre in provvedimenti, per l’attuazione del programma del quale all’inizio si era fatto cenno. Si torna dunque alla prospettazione del giudice amministrativo che emerge da questa sentenza secondo la quale l’informativa al Consiglio comunale non è diretta a sollecitare un dibattito politico, essendo l’Assessore assimilabile alla figura, sia pure di rango elevato, di ausiliario del Sindaco. Coerente con questa impostazione è l’inciso contenuto nella parte motiva della sentenza dove si annota che vi è un contenuto normativo nel quale il bilanciamento degli interessi coinvolti è rimesso in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta della compagine della quale avvalersi per l’amministrazione del Comune nell’interesse della comunità locale.
Vi è a questo punto una annotazione che sembra contrastare quanto appena qui riferito, che si ricava dalla sentenza medesima. In essa si dà atto che il Consiglio comunale è stato investito della questione, essendo stata data comunicazione della revoca, come appunto prevede il quarto comma dell’articolo 46 del T.U. EE. LL. e, se questa comunicazione non è semplice notizia, si è indotti a ritenere che il rapporto Sindaco/Assessori non è un fatto interno alla composizione della Giunta, ma coinvolge il Consiglio in valutazioni che riguardano anche l’indirizzo seguito dal Sindaco per l’attuazione del programma. Viene richiamata a questo riguardo, nella parte motiva, la sentenza della Seconda sezione del TAR Piemonte 13 dicembre 2012, n. 1354, secondo cui il Consiglio medesimo può opporsi alla revoca con una mozione di sfiducia. Vi è dunque una contiguità politica del Consiglio con il Sindaco e la Giunta che è opportunamente presente nella dialettica all’interno degli enti locali, per sottolineare l’importanza di un controllo democratico dell’azione amministrativa (senza tuttavia giungere all’estremo di ammettere il potere di sindacato del Consiglio Comunale sotto il profilo dell’opportunità politica nella nomina di componenti di organi tecnico consultivi, come nel caso portato all’esame della VI Sezione del Consiglio di Stato, e deciso con sentenza 21 maggio 2014, n. 2619).
Le considerazioni che si traggono da questa, e dalle analoghe vicende richiamate, inducono a ritenere che anche i rapporti all’interno degli enti locali sono regolati solo in parte, e per lo più per aspetti procedimentali, da norme di legge perché hanno ancora peso alcune tradizioni della politica, se non la si vuole affidare a semplificazioni eccessive.
Mario Bassani