Ponendosi i Consiglieri in un rapporto di servizio di natura onoraria con l’ente di appartenenza, qualsiasi loro richiesta, volta ad ottenere l’erogazione di un trattamento economico spettante per legge, e da questa regolato in termini di debenza e di quantificazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
Tar Toscana, sez. I – sentenza 19 maggio 2014, n. 852 – Pres. Buonvino, Est. Massari
Il caso
Un consigliere provinciale impugna gli atti con cui l’amministrazione dispone il recupero delle somme indebitamente erogategli per la partecipazione alle riunioni del consiglio e delle commissioni consiliari.
Il consigliere si rivolge al giudice amministrativo in veste di funzionario onorario, svolgente un “munus publicum“, allo scopo di contestare la congruità del compenso riconosciutogli dall’amministrazione.
La controversia instaurata, investendo una posizione di interesse legittimo, rientrerebbe, a dire del ricorrente, nella giurisdizione di legittimità propria di questo giudice.
A conforto di questa tesi, il consigliere invoca la pronuncia delle SS.UU. della Corte di Cassazione, 25 maggio 2005, n. 10961 (e, nello stesso senso T.A.R. Campania, sez. V, Napoli, 25 novembre 2013, n. 5398).
L’amministrazione controparte, evidenziata la specificità del caso, sottolinea la natura indennitaria e non corrispettiva del compenso e la consequenziale posizione di diritto soggettivo di cui l’interessato sarebbe titolare, concludendo per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
La sentenza
Il Tar osserva che la sentenza della Cassazione, richiamata dal ricorrente, concerne una fattispecie del tutto diversa da quella di cui è causa. Tale pronuncia riguardava, infatti, la rivendicazione di un corrispettivo, a fronte dell’opera prestata, da parte un funzionario regionale, nominato commissario ad acta per la redazione dei principali documenti contabili di un Consorzio 1.
In materia, proprio la Cassazione, in qualità di giudice del riparto, ha diversamente osservato che costituisce principio di carattere generale, quello secondo cui il rapporto del funzionario onorario con il soggetto pubblico si distingue sia ai rapporti di pubblico impiego, sia dai rapporti di parasubordinazione o di collaborazione continuativa e coordinata.
Infatti, nel rapporto consigliere – amministrazione, il soggetto non è esterno all’ente ma si identifica funzionalmente con l’ente medesimo, agendo per esso: ne consegue che il compenso che questi riceve non ha carattere sinallagmatico – retributivo, ma indennitario (Cass. S.U. n. 2033/1985, 1556/1994, 3129/1997, 5398/2007, 3413/2008).
Sul piano della competenza, la giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo va valutata a seconda della natura della posizione giuridica fatta valere in giudizio.
In sintesi, sussiste la giurisdizione ordinaria nei casi in cui si domanda un’indennità puntualmente prevista dalla legge e predeterminata nel suo ammontare; mentre sussiste quella del giudice amministrativo nel caso, non ricadente in tale ipotesi, di richiesta da parte di funzionario onorario di un compenso per l’attività svolta o di contestazione della congruità di quello riconosciuto dall’autorità competente (sentenze n. 3129/1997 e 10961/2005). (Cass. civ. sez. un., 9 aprile 2008, n. 9160).
Secondo la Cassazione, infatti, “risulta importante e potenzialmente decisiva la distinzione tra la posizione dei, per così dire, funzionari onorari in senso proprio, caratterizzati dal fatto che, a prescindere dalla natura e dell’importanza del loro ruolo, sono nominati da un’autorità amministrativa, e quella dei soggetti svolgenti funzioni pubbliche sulla base di una investitura politico – elettorale.
Per i primi trova applicazione il principio generale, in difetto di una diversa disciplina normativa, che il loro trattamento economico è stabilito discrezionalmente dall’autorità competente per la nomina (esempio tipico: commissario ad acta nominato da un’autorità di vigilanza o controllo).
Per i secondi, invece, non è ravvisabile un’autorità amministrativa che li nomini e la loro posizione, anche economica, di norma è regolata direttamente dalla legge. Ne consegue che le relative posizioni soggettive assumono necessariamente la consistenza di diritti soggettivi …” (Cass. civ. SS.UU. n. 9160/08).
Le conclusioni
Il Tar si conforma alla giurisprudenza della Cassazione cui si è allineato anche il Consiglio di Stato, per il quale:
“La giurisprudenza concorda, infatti, nel ritenere che i consiglieri e gli amministratori comunali si pongono in rapporto di servizio di natura onoraria con l’amministrazione di appartenenza, per cui, stante il carattere del rapporto intercorrente, qualsiasi richiesta da essi rivolta ad ottenere l’erogazione di un eventuale trattamento economico spettante per legge, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo detto trattamento necessariamente previsto dalla norma e, nella specie, oltre ad essere stabilito nella debenza, è anche preventivamente quantificata nell’importo … La ricorrenza di tali presupposti comporta che il titolo dedotto in giudizio dagli interessati ha il carattere e si configura come un diritto soggettivo, non occorrendo che per la sua sussistenza sia esercitato alcun potere discrezionale da parte dell’ente di appartenenza” (Cons. Stato sez. V, 26 febbraio 2014, n. 922).
Su queste premesse, rientrando la cognizione della controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, il Tar Toscana dichiara il ricorso inammissibile.
Il commento
La sentenza conferma il recente orientamento del Consiglio di stato (sez. V, 26 febbraio 2014, n. 922), secondo cui la pretesa erogazione dei gettoni di presenza si configura come un diritto soggettivo, non occorrendo, per la sua sussistenza, l’esercizio di alcun potere discrezionale da parte dell’amministrazione locale.
In materia non va tuttavia sottaciuto l’orientamento della Corte dei conti, per il quale “per espressa previsione legislativa in materia di contabilità pubblica (e non escluse le norme del D.lgs n. 267 del 2000 in materia di gettoni di presenza e permessi retribuiti per lo svolgimento del mandato amministrativo, nonché le corrispondenti precedenti norme di cui alla legge n. 265 del 1999 e al R.D. n. 383/1934), la corresponsione di gettoni di presenza ai consiglieri comunali, oltre che dei rimborsi ai rispettivi datori di lavoro, per essere legittima deve essere supportata da idonea documentata causa giustificativa, ovvero dalla effettiva partecipazione a riunioni del consiglio comunale o delle commissioni consiliari, per l’esame di questioni, comunque, attinenti le finalità pubbliche dell’ente locale. Tale corresponsione, peraltro, è possibile solo a seguito di preciso riscontro delle presenze, dei giorni, degli orari e dei corrispondenti pagamenti di gettoni di presenza e/o di rimborsi ai datori di lavoro” (sez. giurisdizionale per il Lazio, n. 38/2012).
Pertanto, ai fini della legittima erogazione del gettone e della non configurabilità del danno erariale, va sempre redatto un resoconto verbale della singola seduta dell’organo, nel quale dare contezza dell’effettivo svolgimento della riunione, con l’indicazione degli orari e dei soggetti presenti.
Il funzionario dell’ente locale, preposto all’erogazione dei gettoni e alle preventive verifiche sulla regolarità della procedura, che autorizzi la corresponsione del compenso o il rimborso ai datori di lavoro, in mancanza di verbali o di idonea documentazione giustificativa, è parimenti perseguibile per danno erariale
In sintesi, da un lato, il comportamento dei presidenti delle commissioni, dei consiglieri componenti, e dei funzionari, non deve essere mai superficiale o non rispettoso delle formalità o dei riscontri richiesti, al fine di non ingenerare carenze e/o confusione documentale
Dall’altro, i documenti di pagamento e quelli a supporto devono essere sempre presenti, completi e redatti necessariamente con precisione.
In mancanza, in capo ai suddetti soggetti, potrà configurarsi l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa della “colpa grave”, con le conseguenze del caso.
Stefania Fabris
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1 Si trattava, peraltro, di una contesa incardinata in un momento anteriore rispetto al passaggio al giudice ordinario della giurisdizione in materia di controversie sul pubblico impiego “contrattualizzato”.