IN POCHE PAROLE …

Il sindaco va computato ai fini della determinazione del quorum necessario per l’approvazione dello statuto comunale.


Consiglio di Stato, sezione prima, parere n. 129 del 1° febbraio 2021 – Presidente Torsello, relatore Carpentieri

Nella determinazione dei quorum per le deliberazioni dell’organo consiliare, occorre attenersi rigorosamente alla lettera della legge, degli statuti e dei regolamenti comunali, tenuto anche conto dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta dall’art. 114 Cost. agli enti locali

I quesiti

Il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno domanda di conoscere il parere del Consiglio di Stato in ordine alle maggioranze richieste per approvare lo statuto comunale ed eventuali sue modifiche.

Il particolare, i giudizi di Palazzo Spada sono chiamati a chiarire:

a) se il sindaco debba essere computato nella determinazione del numero di voti necessario per l’approvazione dello statuto e delle modifiche statutarie (ovvero nel quorum dei due terzi dei consiglieri assegnati previsto dall’art. 6, co. 4, del TUEL);

b) quale sia il criterio di arrotondamento da applicare nel caso in cui, nel calcolo del quorum richiesto, la divisione dia come resto un numero con frazioni decimali;

c) quale sia il criterio applicabile nell’ipotesi di quorum deliberativo previsto dalla legge in relazione a poteri di iniziativa da parte dei consiglieri ai fini dell’attivazione di istituti posti a presidio delle minoranze.

Il parere

Dopo avere ricordato che, secondo il TUEL, “Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie”, il Consiglio di Stato passa a valutare se, in assenza di espresse disposizioni normative, il sindaco debba o meno essere escluso dalla determinazione dei quorum richiesti.

I giudici osservano che il Sindaco, nonostante la sua elezione diretta e il suo ruolo autonomo di organo di vertice dell’amministrazione, è anche, a tutti gli effetti, un consigliere comunale (Cfr. sentenza Corte costituzionale 20 febbraio 1997, n. 44).

Appare pertanto preferibile, perché conduce a esiti più chiari e distinti e di più semplice e univoca applicazione, la tesi che aderisce alla lettera del TUEL.

In altri termini, occorre tenere conto che il TUEL, quando ha voluto escludere il sindaco dal computo dal quorum, lo ha espressamente detto, anche nell’ambito di disposizioni normative nelle quali il quorum risulta individuato con riferimento ai “consiglieri assegnati” (come nell’art. 38, co. 2, secondo periodo, sui quorum di funzionamento dell’assemblea consiliare; nell’art. 52 sulla mozione di sfiducia, e nell’art. 141 sullo scioglimento e la sospensione dei consigli comunali e provinciali).

Tale opzione risulta aderente alla lettera della norma e maggiormente rispettosa delle prerogative del sindaco, in quanto consigliere comunale, rispetto ad altre interpretazioni, dagli esiti incerti e opinabili, in base alle quali, in mancanza di indicazioni normative espresse, la soluzione andrebbe ricercata nella ratio sottesa alle specifiche previsioni che impongono, per singole tipologie di deliberazioni, quorum speciali e diversi da quelli ordinari (1).

Occorre dunque attenersi rigorosamente alla lettera della legge, degli statuti e dei regolamenti comunali, tenuto anche conto dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta dall’art. 114 Cost. agli enti locali; i casi in cui il sindaco in cui non deve essere computato sono pertanto quelli espressamente previsti dal TUEL; all’inverso, il silenzio della legge comporta che il sindaco debba essere computato nel calcolo del quorum.

Ne consegue che, ai fini dell’approvazione dello statuto o di sue modifiche, andrà computato anche il sindaco, in quanto non espressamente escluso dalla medesima disposizione normativa.

Rispetto, poi, al criterio di calcolo da adottare nel caso in cui, nel calcolo del quorum, la divisione dia come resto un numero con frazioni decimali: nel silenzio del legislatore, il Consiglio di Stato si dice a favore dell’arrotondamento all’unità superiore, in quanto l’esito con decimali dell’operazione (cui segue l’arrotondamento) deve soddisfare sempre il requisito minimo posto dalla disposizione (ad es. almeno un quarto dei componenti, la maggioranza di almeno due terzi dei componenti, ecc).

Questo perché:

a) quando la divisione riguarda numeri interi non frazionabili (i membri dell’organo), l’arrotondamento alla cifra intera inferiore (se la frazione è inferiore a 0,50) finirebbe per portare il numero reale dei componenti richiesti al di sotto della soglia minima voluta dalla norma;

b) la linea interpretativa che si affida alla ricerca della ratio sottesa alla norma che richiede quorum speciali rischia di condurre ad esiti opinabili e incerti, fortemente sconsigliabili in una materia che richiede soluzioni nette e certe, che non lascino spazio a soverchi dubbi applicativi.

D’altronde, la preferenza per l’arrotondamento per eccesso trova ampio riscontro nella giurisprudenza, secondo la quale “nei casi in cui il computo del quorum costitutivo o deliberativo previsto da norme di rango primario o secondario per la valida deliberazione di provvedimenti collegiali conduca all’individuazione di una cifra decimale, l’arrotondamento deve essere operato per eccesso all’unità superiore, dal momento che la soluzione contraria dell’arrotondamento per difetto all’unità inferiore, con il troncamento delle cifre decimali, ridurrebbe la soglia di maggioranza al di sotto di quella normativamente richiesta” (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694; Id. 11 marzo 2005, n. 1038; 23 aprile 1998, n 476; Tar Piemonte, Sez. II, 15 novembre 2017, n. 1224).

In conclusione, in assenza di indicazioni normative espresse di segno diverso, nel caso in cui il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, deve optarsi sempre per l’arrotondamento per eccesso alla cifra intera superiore (2).

Stefania Fabris

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(1) In base a tale tesi si dovrebbe preferire l’esclusione del sindaco dal computo allorquando la ratio del quorum speciale fosse da rinvenire nell’esigenza di rafforzare la maggioranza richiesta e di imporre convergenze e condivisioni più ampie per talune determinazioni maggiormente incidenti sulla struttura dell’ente, sul suo funzionamento o sugli interessi pubblici amministrati, come nel caso dell’approvazione dello statuto e delle modifiche statutarie.

(2) Il parere del Consiglio di Stato è stato diffuso dal Ministero dell’Interno con Circolare n. 1454 del 4 febbraio 2021.

 


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