Nel processo di riforma dell’ente provincia deve essere garantito il rispetto del principio autonomistico con la conseguenza che sarebbe costituzionalmente preclusa l’abolizione, per legge ordinaria, dei singoli livelli di autonomia previsti dall’art. 114 Cost. ma non anche la possibilità di elezione degli organi politici con un sistema di secondo grado.
Tar Puglia, Lecce, sez. I, 03 dicembre 2014, Presidente A. Cavallari, Estensore C. Lattanzi
Il caso
La vicenda trae origine da un ricorso al Tar, con cui un cittadino impugna l’elezione degli organi della propria provincia e il conseguente atto di proclamazione dei consiglieri eletti affermando che la Costituzione prevede il diritto di voto e che la l. n. 56-2014 elude i principi della Carta europea dell’autonomia locale laddove prescrive che gli organi di governo delle province non siano più eletti a suffragio universale diretto, ma siano oggetto di elezione di secondo grado.
La provincia si oppone ricordando che nell’ordinamento italiano esistono anche altre forme di rappresentanza di secondo livello mentre la Carta europea dell’autonomia locale non avrebbe contenuto precettivo.
La sentenza
Il Tar Lecce respinge il ricorso ritenendo la questione di legittimità costituzionale proposta manifestamente infondata.
Il Tar ricorda che sebbene l’art. 5 della Cost. costituisce la chiara espressione della volontà del Costituente di favorire una moltiplicazione delle sedi dell’esercizio della democrazia, di per sé non dice nulla circa i modi attraverso i quali il principio autonomistico dovrebbe trovare applicazione.
Ancora, la natura costituzionalmente necessaria degli enti di cui all’114 Cost. non può far discendere automaticamente l’indispensabilità della elezione diretta di tutti gli organi di governo in quanto il principio costituzionale di “differenziazione” riguarda anche la possibilità di differenziare i modelli di rappresentanza politica ai vari livelli negando una totale loro equiparazione (sentenze Corte Cost. nn. 274-2003 e 144-2009).
Infine, neppure la materia “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, comma 2) lett. p), Cost. determina espressamente un meccanismo di elezione diretta degli organi di governo di questi enti.
In sostanza, è il principio autonomistico che deve essere rispettato con la conseguenza che sarebbe costituzionalmente preclusa l’abolizione, per legge ordinaria, dei singoli livelli di autonomia previsti dall’art. 114 Cost. e non anche la possibilità di eleggere gli organi politici di questi enti con un sistema di secondo grado (Corte costituzionale, sentenza n. 220-2013).
Da ultimo, con riferimento alla Carta europea delle autonomie locali, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 325-2010, ha negato un suo specifico contenuto precettivo trattandosi prevalentemente di norme definitorie, programmatiche e, comunque generiche. Peraltro l’art. 3 della stessa Carta richiedendo che i membri delle assemblee siano “freely elected” consente di concepire un’elezione attraverso un altro organo a sua volta elettivo. Piuttosto, sarebbe sicuramente incompatibile con la Carta Europea, una legislazione che privasse tout court gli enti territoriali di area vasta di qualsiasi forma di rappresentatività.
La valutazione della sentenza
La tesi dell’incostituzionalità della trasformazione degli organi provinciali da direttamente elettivi a organi di secondo grado è stata recentemente affrontata anche dal Tar di Trieste il quale, con ordinanza del 15 ottobre 2014, n. 495, ha sospeso il decreto regionale con il quale erano state indette le elezioni provinciali di Pordenone in base ai nuovi criteri e ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale richiamando la pari ordinazione costituzionale degli enti e la loro uniformità anche sotto il profilo della rappresentanza democratica.
La decisione del Tar del Friuli Venezia Giulia è apparsa subito distonica rispetto ad altri pronunciamenti della giustizia amministrativa che hanno visto rigettati i ricorsi contro le ultime elezioni provinciali di secondo livello tanto che il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4809 del 21 ottobre 2014, ha accolto il ricorso presentato dalla Regione Friuli Venezia Giulia contro il congelamento del voto, affermando che l’interesse pubblico al sollecito ripristino della piena funzionalità delle amministrazioni provinciali scadute risulta poziore rispetto all’interesse all’esercizio dell’elettorato attivo e passivo il quale resta esercitabile anche in caso di celebrazione di nuove elezioni all’esito del giudizio di merito.
Simonetta Fabris