IN POCHE PAROLE…

L’incompatibilità dell’amministratore locale per lite pendente sussiste solo in presenza di un effettivo conflitto processuale, ma a prescindere da un esame sul merito della controversia.


LINK UTILI

D.Lgs n.267 del 2000

Corte Costituzionale, sentenza n. 44/1997

Nota DAIT – 7 maggio 2021

Nota DAIT – 22 aprile 2022


L’incompatibilità dell’amministratore locale per lite pendente sussiste solo in presenza di un effettivo  conflitto processuale, a prescindere da un esame sul merito della controversia,  ma solo solo nel caso in cui le parti siano portatrici di interessi processuali contrapposti, 

Nella prima seduta il Consiglio non ha la possibilità di sospendere il procedimento di verifica della legittima costituzione dell’organo, in attesa dell’esito della lite pendente in cui è parte il sindaco o il consigliere.

Il potere-dovere del Consiglio di verificare la sua legittima costituzione  non si esaurisce  nella prima seduta dell’organo neo eletto, ma può essere reiterato in caso di annullamento giurisdizionale della prima decisione.


La norma

Com’è noto, il primo comma dell’art. 63 del d.lgs. n. 267/2000 disciplina il tema dell’incompatibilità sussistente tra l’assunzione della carica di sindaco, così come di quella di presidente della provincia, di consigliere comunale ovvero di consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale e la posizione eventualmente ricoperta dal soggetto  in una delle ipotesi contemplate dalla disposizione normativa in esame.

In particolare, il numero 4  del comma 1 della citata disposizione  considera l’ipotesi di lite pendente, che si verifica laddove il soggetto sia parte di un procedimento civile o amministrativo, rispettivamente con il Comune o la Provincia, dove il concetto di parte deve essere inteso nella sua accezione tecnica di “parte processuale”.

Tuttavia, al contempo, nel prosieguo del dettato richiamato si precisa come la lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determini incompatibilità soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato.

In ogni caso, la costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità.

La ratio alla base della disposizione è di evitare che a rappresentare l’Ente pubblico vadano cittadini non immuni dal dubbio di poter essere condizionati da un interesse personale nell’espletamento del mandato politico. Una garanzia a presidio della corretta amministrazione dell’Ente, che giustifica, entro un contesto di bilanciamento di interessi contrapposti riservato alla discrezionalità del legislatore, il parziale sacrifico dell’interesse dell’eletto.

A livello giurisprudenziale sono stati compiuti notevoli sforzi di carattere ermeneutico-ricostruttivo, al fine di delineare i tratti maggiormente significativi e tipizzanti della sulla richiamata disciplina del TUEL.

… il Giudice di legittimità 

Negli anni, la stessa Suprema Corte di Cassazione, nella risoluzione delle fattispecie sottoposte al suo giudizio, ne ha messo in luce alcuni interessanti profili, che meritano di essere ripercorsi, sia pure per sommi capi, nel presente scritto.

Anzitutto, a dimostrazione di come si stia affrontando una questione particolarmente complessa e che ha impegnato gli Organi giudicanti fin dal secolo scorso, rileva quanto statuito dalla Prima Sezione della Cassazione civile con la sentenza n. 1666/1991, a fronte di una controversia in merito ad una delibera consiliare che aveva dichiarato la decadenza di un privato dalla carica di consigliere comunale per lite pendente nei confronti del medesimo Ente.

In quell’occasione, i giudici di legittimità hanno affermato come non rientrasse nei propri poteri effettuare l’indagine di merito, “dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce ex se il presupposto dell’incompatibilità”. Da una simile statuizione consegue che la situazione di contrasto vada evidenziata sotto un profilo propriamente processuale, potendosi invero prescindere dall’esistenza di un sottostante conflitto di natura sostanziale, come rilevato anche dallo stesso Ministero dell’Interno nel parere espresso in data 22 aprile 2022.

Occorre, infatti, tenere presente che “l’accertamento ulteriore che questa Giurisprudenza prescrive non è, ben vero, finalizzato alla ricerca di un conflitto sostanziale, che prescinda dall’esistenza di un processo, bensì alla verifica, di segno opposto (pur sempre, comunque, ispirata da un favor verso l’eletto), della corrispondenza della situazione di formale pendenza della lite ad un contenzioso “effettivo” attraverso la “valutazione” di quegli elementi, di palmare evidenza, che potrebbero evidenziare che la vertenza si è sostanzialmente esaurita (per intervenuta transazione, rinuncia …) ovvero che è assolutamente pretestuosa” (Cass. Civ., sez. I, 19/05/2001, n. 6880).

Ma cosa significa effettivamente un simile riferimento alla posizione di “parte processuale”?.

La risposta è rinvenibile nella pronuncia della Cassazione Civile, sez. I del 28 luglio 2001, n. 10335. Nello specifico, viene precisato come non sia sufficiente ad integrare la situazione di incompatibilità l’esistenza di un conflitto di interessi meramente potenziale tra il candidato e l’ente territoriale, occorrendo piuttosto che “in concreto il candidato e detto ente abbiano assunto nel procedimento giudiziario la veste di parti contrapposte”.

È  necessario, dunque, che sussista un concreto conflitto processuale, ossia un’ipotesi di pendenza effettiva, per integrare la quale non basterebbe la pura e semplice constatazione dell’esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l’eletto e l’ente, ma si richiederebbe che a questo dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto.

Solo in tale ultimo caso, infatti, potrà dirsi sussistente l’esigenza di evitare il pericolo che il conflitto di interessi, determinativo della lite, possa orientare le scelte dell’eletto in pregiudizio dell’ente amministrato o sia comunque capace di ingenerare all’esterno sospetti a riguardo.

Seguendo questo orientamento, la Suprema Corte aveva cassato la decisione della Corte territoriale, la quale, in difformità da quanto espresso dal Giudice di primo grado, aveva dichiarato la decadenza dalla carica di un Sindaco citato, unitamente al Comune, davanti al Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici per avere occupato un fondo demaniale ad uso civico. In quel caso, è stato escluso potessero integrarsi gli estremi di lite pendente del Sindaco con il Comune alla stregua del rilievo della mancanza di una concreta situazione di contrapposizione tra gli stessi, dal momento che “entrambi in realtà contrastavano la posizione diretta ad affermare la soggezione ad uso civico dell’area, di proprietà dell’eletto, che, in epoca anteriore all’elezione del Sindaco dichiarato decaduto, aveva formato oggetto di deliberazione della Giunta regionale di sclassificazione, su richiesta del precedente Sindaco, rispetto alla quale la posizione assunta dal Comune nel giudizio innanzi al Commissario, contraria all’accertamento della demanialità dell’area in questione, aveva natura meramente consequenziale”.

… il  Ministero dell’Interno – DAIT

Come opportunamente precisato dal Ministero dell’interno – Dipartimento per gli Affari interni e territoriali del 7 maggio 2021, è opportuno evidenziare che “la Corte Costituzionale è ferma nel ritenere che il diritto di elettorato passivo quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra quelli “inviolabili”, riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 Costituzione, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali. Per tale motivo, sussiste il divieto di interpretazione analogica delle norme poste in materia di ineleggibilità e di incompatibilità (v. Corte Costituzionale, sentenza n. 44/1997; v. anche Cass. Civ ., Sez. I, sentenza28504 del 22.12.2011 )

Col recente parere 22 aprile 2022, lo stesso Dipartimento ritiene che “non sia possibile sospendere il procedimento di verifica già avviato in attesa dell’esito del contenzioso, né decidere con una convalida con riserva perché ciò vanificherebbe la ratio dell’art. 41 TUOEL che richiede la verifica della legittima costituzione dell’organo consiliare come primo adempimento “.

…. il Consiglio di Stato

Tuttavia, il Consiglio dell’ente con consuma il potere-dovere di verificare la legittima costituzione dell’organo nella prima seduta. Come precisato dal Consilio di Stato (sez. I, sent. n. 640/2006), per principio di portata generale, è sempre consentito “all’amministrazione soccombente la facoltà di emanare i “provvedimenti ulteriori” dopo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, è sempre consentita la rinnovazione dell’atto – cioè, senza limiti di tempo – anche quando l’atto annullato doveva essere adottato in un termine perentorio, salvo, ovviamente, che la legge non disponga altrimenti o che l’atto originario sia stato annullato proprio per avere superato il termine perentorio (Cons. St., Sez. V, 16.10.1997, n. 1145)”.

Conclusioni

Riassumendo, per configurare l’incompatibilità per “lite pendente” non è sufficiente l’esistenza di un giudizio, occorrendo anche che le parti siano portatrici di interessi processuali contrapposti, a prescindere da un esame sul merito della controversia stessa.

Inoltre,  nella prima seduta il Consiglio non ha la possibilità di sospendere il procedimento di verifica della legittima costituzione dell’organo, in attesa dell’esito della lite pendente.

In ogni caso, il potere-dovere del Consiglio di verificare la sua legittima costituzione  non si esaurisce  nella prima seduta dell’organo neo eletto, ma può essere reiterato in caso di annullamento giurisdizionale della prima decisione.

dott. Alessandro Sorpresa


Riferimenti:

  • Corte cost., sent. n. 44/1997
  • Cass. civile, sez., sent. n. 1666/1991.
  • Cons. St. , sez. I, sent. 640/2006
  • Cass. civile, sez. I, sent. n. 10335/2001.
  • Cass., civile, sez. I, 19/05/2001, n. 6880.
  • Pareri del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del 7 maggio 2021 e del 22 aprile 2022

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