Vertendosi in materia di violazione del diritto soggettivo all’elettorato passivo, la competenza spetta al giudice ordinario.
Tar Lombardia, Milano, Sezione I, sentenza n. 2565 del 18 novembre 2015 – Presidente De Zotti, esternsore Marongiu
A margine
Un soggetto, eletto consigliere comunale, impugna la deliberazione con la quale il Consiglio comunale ha revocato la convalida della rispettiva elezione in applicazione delle previsioni di cui al d.lgs. n. 235/2012 recante il “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190“.
Il ricorrente risultava, infatti, esser stato condannato con decreto penale divenuto irrevocabile, per il reato di cui all’art. 316-ter, comma 1, c.p. (indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato).
Il Consiglio comunale interveniva quindi a pronunciarne la decadenza sulla base di quanto statuito dall’art. 10, co. 1, del d.lgs n. 235/12 secondo cui “Non possono essere candidati alle elezioni … comunali … e non possono comunque ricoprire le cariche di … consigliere … comunale, …. coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 323, 325, 326, 331, secondo comma, 334, 346-bis del codice penale”.
Lo stesso decreto prevede, tra l’altro, che l’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano in taluna delle siffatte condizioni è nulla: tant’è che l’organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell’elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell’esistenza di tali circostanze.
Esaminato il merito delle vicenda, il Tar dichiara il difetto di giurisdizione sulla base delle statuizioni affermate dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nella recente ordinanza n. 11131 del 28.5.2015, la quale, seppur relativa ad un’ipotesi di sospensione dalla carica elettiva, può comunque essere estesa anche alle fattispecie della decadenza.
Trattandosi, infatti, in entrambi i casi (sia di sospensione che di decadenza dalla carica) della lamentata violazione del diritto soggettivo all’elettorato passivo (che non si esaurisce con la partecipazione all’elezione ma, ovviamente, si estende anche allo svolgimento delle funzioni per le quali si è stati eletti), ad avviso del giudice amministrativo, le relative controversie non possono che spettare alla cognizione del giudice ordinario.
Stefania Fabris