IN POCHE PAROLE….
Nella valutazione dei titoli nei concorsi pubblici il principio sostanziale deve prevalere sul principio formale.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 9 febbraio 2022, n 932 – Pres. Noccelli, Estensore De Miro
Nella valutazione dei titoli nei concorsi pubblici il principio sostanziale deve prevalere sul principio formale, perché diversamente si perverrebbe ad una illogica e immotivata disparità di trattamento.
Nella fissazione dei criteri concorsuali di ammissione e selezione nei concorsi pubblici è da ritenere vincolante la previsione dell’Accordo in relazione a European Qualification Framework (EQF), con il conseguente pari riconoscimento dei titoli in esso indicati nel livello ottavo di referenziazione, pur non potendosi disconoscere le differenze in termini di durata del percorso professionalizzante.
A margine
In esito ad un concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 967 posti di consulente protezione sociale presso l’INPS, la Commissione decide di non attribuire alcun punteggio al titolo del “diploma di specializzazione per le professioni legali” ritenendolo non equiparabile al master di II livello inerente alle materie indicate dal bando di concorso.
Pertanto i candidati propongono ricorso al Tar richiedendo l’attribuzione del punteggio relativo e la rettifica della graduatoria finale.
Il Tar accoglie il ricorso dichiarando il diritto dei ricorrenti alla rideterminazione del punteggio spettante, richiamando l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato in materia di valutazione dei titoli formativi post lauream, fondato su criteri di tipo sostanziale, anziché formali o nominalistici, ritenendo il diploma di specializzazione equiparabile ai master i corsi di perfezionamento post lauream che presentino le medesime caratteristiche, con riguardo alla durata, al numero delle ore di insegnamento, alla previsione di un esame finale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 aprile 2009 n. 2515 e sez. VI, nella sentenza 26 luglio 2017 n. 3695).
L’amministrazione si appella al Consiglio di Stato ritenendo la richiamata giurisprudenza del Consiglio di Stato riguardante fattispecie non sovrapponibili al caso in esame in quanto riferita titoli per la partecipazione al concorso quali requisiti di ammissione e non ai titoli valutabili.
Evidenzia inoltre che il bando costituisce la lex specialis del pubblico concorso, da interpretare in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’Amministrazione, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità.
La sentenza
Il giudice ribadisce che le clausole del bando di concorso per l’accesso al pubblico impiego non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, dovendo, invece, essere interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole e dalla loro connessione.
Il Collegio, pur considerando l’arresto giurisprudenziale circa l’efficacia dei titoli posseduti e dichiarati dal candidato per l’ammissione al concorso, riconosce che il principio sostanziale debba prevalere sul principio formale anche nella ipotesi in cui, come nel caso di specie, la questione verta sui titoli valutabili per la determinazione del punteggio finale, perché diversamente si perverrebbe ad una illogica e immotivata disparità di trattamento.
Tale assunto trova conferma nelle previsioni del quadro Europeo di qualificazione, European Qualification Framework (EQF) [1] , costruito come una griglia di referenziazione funzionale volta a mettere in relazione e posizionare le diverse qualificazioni professionali dei cittadini dei paesi europei.
In pratica l’EQF permette un confronto che “si basa su livelli comuni di riferimento, correlati a learning outcomes (risultati dell’apprendimento) e collocati in una struttura ad otto livelli” e nel nostro Paese trova applicazione a seguito della sottoscrizione dell’Accordo, sancito il 20 dicembre 2012 in sede di Conferenza Stato-Regioni, con il quale è adottato il “Primo rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al Quadro Europeo EQF” nel quale sono “posizionati” i titoli di studio italiani nell’ambito degli otto livelli previsti dall’EQF. Tale Accordo è stato recepito con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 13 febbraio 2013.
In particolare, l’ottavo livello di referenziazione prevede i seguenti titoli: dottorato di ricerca, diploma accademico di formazione alla ricerca, diploma di specializzazione, master universitario di II livello, diploma accademico di specializzazione, diploma di perfezionamento o master. Si tratta di titoli professionalizzanti cui corrisponde lo stesso livello di formazione professionale, come specificato alle voci “conoscenza”, “abilità” e “competenza”.
E’ da ritenere vincolante per l’Amministrazione, ai fini dell’esplicitazione del proprio potere discrezionale volto a definire i criteri concorsuali di ammissione e selezione, la previsione dell’Accordo, con il conseguente pari riconoscimento dei titoli in esso indicati nel livello ottavo di referenziazione, pur non potendosi disconoscere le differenze in termini di durata del percorso professionalizzante (triennale per il Dottorato, minimo biennale per il Diploma di specializzazione, minimo annuale per il Master di II livello) e di crediti CFU (120 per il Diploma e 60 per il Master di II livello).
Pertanto l’appello è respinto avendo correttamente il Tar Lazio dichiarato illogica e viziata da eccesso di potere, e per questo illegittima, la decisione dell’INPS di escludere dal bando di concorso il DSPL, quale categoria di titolo valutabile ai fini dell’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, da cui discende la illegittimità del verbale della Commissione di concorso e la graduatoria finale approvata.
[1] L’EQF è un quadro basato sui risultati dell’apprendimento articolato su 8 livelli per tutti i tipi di qualificazioni, che funge da strumento di “traduzione” tra i diversi quadri nazionali delle qualificazioni.