La riallocazione delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta in capo alle regioni non comporta l’automatico trasferimento delle risorse finanziarie all’epoca sottratte alle province

Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 6 marzo 2018Presidente Lattanzi, relatore Coraggio

A margine

La regione Lombardia promuove questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 119, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017).

Il ricorso nasce dalla mancata previsione, nella legge di bilancio, quale sede naturale per materia, della riassegnazione delle risorse sottratte a province e città metropolitane, alle regioni e agli enti locali subentrati nell’esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali. Il prelievo forzoso a danno delle province avrebbe, infatti, creato una significativa compromissione dell’esercizio delle relative funzioni provocando uno scarto di finanziamento sia delle funzioni fondamentali che di quelle non fondamentali, cui le regioni avrebbero supplito con strumenti emergenziali una tantum.

Sulla questione la stessa Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi, con la precedente sentenza n. 205 del 2016, nella quale aveva affermato la legittimità costituzionale della legge n. 190 del 2014, comportante importanti vincoli finanziari sugli enti di area vasta, proprio sul presupposto delle riassegnazione in argomento a cura del legislatore statale.

Come noto, la legge n. 190/2014 prevedeva, a carico di questi enti, un massiccio concorso al contenimento della spesa pubblica, col versamento dei risparmi di spesa conseguiti «ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato».

Ai fini della decisione, i giudici della Consulta sottolineano quanto segue:

  • la mancata riassegnazione di risorse è priva di qualsivoglia automatismo e non si risolve in una mera operazione contabile che trasferisca all’ente subentrato, nell’esercizio di una determinata funzione, risorse calcolate in base a quelle a suo tempo utilizzate dalla provincia per l’esercizio della medesima funzione; sul punto vanno infatti tenuti presenti i diversi fattori legati alla riforma, la cui finalità è la riduzione della spesa attraverso una utilizzazione più razionale delle risorse umane oltre che strumentali (ad es. impiegandole per l’esercizio di più funzioni);
  • la riassegnazione delle risorse, nell’ambito del processo di riordino delle funzioni provinciali non fondamentali, comporta scelte, in ordine alle modalità, al quantum e ai tempi, che rientrano nella discrezionalità del legislatore statale;
  • la restituzione di somme a suo tempo acquisite dallo Stato non necessariamente avrebbe dovuto essere effettuata con la legge di bilancio, in quanto ogni legge è potenzialmente idonea a soddisfare le pretese finanziarie derivanti dalla riforma;
  • la realizzazione della riforma delle province non deve comportare una compromissione delle funzioni interessate, o meglio l’esercizio delle funzioni a suo tempo conferite deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che ne è temporalmente titolare e comporta, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime criticità, che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla complessità di tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione (sentenze n. 10 e n. 205 del 2016).

Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte costituzionale dichiara il ricorso inammissibile.

Stefania Fabris


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