Se dall’esecuzione può derivare un pregiudizio grave e irreparabile, il giudice di appello può disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata che ordina l’accesso, e le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio.

Tar Puglia, Lecce, sez. II, sentenza 1 dicembre 2017, n. 1892, Presidente Di Santo, Estensore Dibello

A margine

Il fatto – Nella vicenda il ricorrente ottiene dal Tar Lecce, con sentenza n. 699/2017, l’accesso ai documenti detenuti da una pubblica amministrazione ai fini della propria difesa in un giudizio penale.

Tuttavia l’amministrazione non concede l’accesso affermando di aver appellato la sentenza davanti al Consiglio di Stato, di aver investito della questione l’Avvocatura dello Stato e di essere in attesa delle pertinenti determinazioni.

Il ricorrente chiede dunque al Tar l’ottemperanza della predetta sentenza mentre la difesa dell’amministrazione chiede il rinvio della trattazione del giudizio di ottemperanza asserendo la necessità di attendere l’esito della pronuncia del Consiglio di Stato e ritenendo la domanda di sospensione cautelare in materia di accesso non proponibile al Giudice di appello.

Tanto deriverebbe dalla peculiarità del rito di cui all’art. 116 c.p.a., il quale, per il fatto di essere caratterizzato da termini dimezzati rispetto all’ordinario giudizio di cognizione del G.A., sarebbe incompatibile con una specifica istanza di sospensione dell’esecutività della pronuncia di primo grado che verrebbe a configurarsi, laddove concretamente formulata, alla stregua di una contraddizione del sistema processuale a cagione della celerità del rito medesimo, la quale appare già atta a soddisfare esigenze di rapida definizione della vertenza rendendo inutile ogni strumento di tutela interinale avverso la pronuncia di primo grado.

La sentenza – Il Tar ricorda che l’art. 112 del c.p.a. prevede che “i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”.

Non c’è pertanto alcun dubbio che la sentenza della cui esecuzione si controverte, pur resa dal Giudice amministrativo di primo grado al termine di un giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi, appartenga al catalogo delle sentenze esecutive dello stesso giudice amministrativo. L’art. 33, comma 2, del c.p.a. stabilisce, infatti, che “le sentenze di primo grado sono esecutive”.

La tesi della difesa dell’amministrazione non può in alcun modo essere condivisa.

Infatti la circostanza che la sentenza sia stata pronunciata in un giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi non impedisce affatto la richiesta di sospensione della sua esecutività.

Trova, infatti, piana applicazione l’art. 98 del c.p.a., a tenore del quale “Salvo quanto disposto dall’articolo 111, il giudice dell’impugnazione può, su istanza di parte, valutati i motivi proposti e qualora dall’esecuzione possa derivare un pregiudizio grave e irreparabile, disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, nonché le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio”.

Il fatto, poi, che il rito in materia di accesso ai documenti amministrativi sia connotato dalla presenza di termini dimezzati rispetto al giudizio ordinario di cognizione davanti al Giudice amministrativo opera su altro e differente terreno, che è quello della individuazione legislativa di determinate controversie cui va garantita pronta e celere definizione.

Il possibile ricorso allo strumento della sospensione della esecutività della sentenza pronunciata dal Tar in materia di accesso ai documenti amministrativi è, del resto, ampiamente testimoniato da precedenti ordinanze del Consiglio di Stato, rese proprio sul punto (vedi: Cons. St., III, 8 settembre 2017, n. 3686; IV, 10 marzo 2017, n. 1020).

Conclusioni – Ad avviso del Tar, la mancata proposizione dell’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza in oggetto si configura quale scelta difensiva dell’Avvocatura erariale la quale non può avere ricadute sul diritto del ricorrente di conseguire una tutela piena, efficace, tempestiva nella sede propria del giudizio di ottemperanza.

Né può, in questa prospettiva, darsi rilievo all’istanza di fissazione di udienza che l’Avvocatura Generale dello Stato ha rivolto al Consiglio di Stato, come risulta da apposita nota versata in atti.

Pertanto il Collegio considera senz’altro preponderante il diritto del ricorrente di poter conseguire una tutela effettiva in vista dell’udienza penale.

Il ricorso per ottemperanza è quindi accolto ed è nominato un Commissario ad acta con l’incarico di eseguire la sentenza nell’ipotesi di perdurante inesecuzione della pronuncia.


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