IN POCHE PAROLE …
Nei concorsi pubblici solo requisiti di ammissione proporzionali rispetto al profilo da assumere.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 gennaio 2021, n. 676, Pres. De Felice, Est. Lopilato
I requisiti di ammissione devono risultare proporzionali rispetto all’oggetto della specifica procedura selettiva e al posto da ricoprire potendo risolversi in una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito.
L’amministrazione che indice la procedura selettiva ha un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione. da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per la posizione da ricoprire.
A margine
Una candidata viene esclusa da un concorso per l’assunzione di 130 funzionari presso il Ministero dei beni e delle attività culturali per mancanza del requisito di ammissione, previsto dal bando di concorso, del possesso del «diploma di specializzazione, o dottorato di ricerca, o master universitario di secondo livello di durata biennale, in materie attinenti il patrimonio culturale, o titoli equipollenti».
In particolare, il Ministero ritiene che il possesso, da parte della candidata, del diploma di perfezionamento in «Architettura del paesaggio e del territorio» di durata annuale, non può essere considerato equipollente ai suddetti titoli.
Il Tar Lazio, con sentenza n. 12786-2019, conferma l’operato dell’amministrazione ritenendo che rientri nella discrezionalità della stessa richiedere il possesso di determinati titoli di accesso e che, nella specie, tale discrezionalità sarebbe stata correttamente esercitata.
Pertanto la candidata si rivolge al Consiglio di Stato evidenziando che il concorso riguarda un profilo professionale di ottava qualifica funzionale, circostanza che dimostrerebbe un irragionevole esercizio del potere discrezionale per mancanza di aderenza alle caratteristiche della concreta procedura concorsuale.
La sentenza – Il Consiglio di Stato accoglie l’appello ricordando che l’art. 70, comma 13, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevede che «in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 (…)».
L’art. 2, comma 6, di tale decreto dispone che «per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea».
La giurisprudenza amministrativa, a prescindere dalla effettiva applicabilità di tale normativa, riconosce in capo all’amministrazione che indice la procedura selettiva «un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire» (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2012, n. 5351).
Nondimeno, la stessa giurisprudenza ha chiarito che: «in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà» (Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2012, n. 2098).
Nella fattispecie in esame, il Collegio, con riguardo ad una vicenda analoga, con la sentenza n. 6971 del 2019, ha affermato che «i criteri del bando impugnati non risultano in parte qua proporzionali rispetto all’oggetto della specifica procedura selettiva ed al posto da ricoprire tramite la stessa, risolvendosi pertanto in una immotivata ed eccessiva gravosità rispetto all’interesse pubblico perseguito».
In particolare, si è rilevato come non risulti «giustificata la pretesa titolarità di titoli ulteriori rispetto al diploma di laurea, ed, in particolare, di un master di II livello della durata biennale – con esclusione quindi dei master parimenti di II livello, ma aventi solo una durata annuale – in relazione allo specifico profilo di Funzionario architetto in questione».
Pertanto il ricorso è accolto.
di Simonetta Fabris