IN POCHE PAROLE …
La previsione normativa di un’indennità in favore dei consiglieri metropolitani, operata da una regione a statuto speciale, si pone in contrasto con il principio del coordinamento della finanza pubblica, tuttora vigente e non disponibile neppure nel dispiegarsi dell’autonomia.
Il caso
La Corte costituzionale è chiamata a valutare la legittimità costituzionale di alcune norme contenute nella legge della Regione Sardegna 19 dicembre 2023, n. 17, recante «Modifiche alla legge regionale n. 1 del 2023 (Legge di stabilità 2023), variazioni di bilancio, riconoscimento di debiti fuori bilancio e passività pregresse e disposizioni varie», nella parte in cui prevede il riconoscimento di una indennità a favore dei consiglieri metropolitani.
Il ricorso, attivato dalla Presidenza dl Consiglio dei Ministri, è volto ad appurare la possibile violazione, da parte della legge regionale, degli artt. 3, 9, 117, commi secondo, lettera p), e terzo, Cost., «riguardanti il coordinamento della finanza pubblica», proprio in relazione alla previsione nazionale di gratuità dell’incarico in parola, nonché dell’art. 3 dello statuto regionale di autonomia che non consentirebbe al legislatore sardo «di legiferare in materia finanziaria».
Con la legge impugnata, la Regione ha stabilito che:
- ai consiglieri metropolitani, quando non investiti da deleghe da parte del sindaco metropolitano, è corrisposta una indennità equiparata a quella prevista per i consiglieri del comune capoluogo della città metropolitana, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 82 del d.lgs. n. 267/2000;
- i consiglieri metropolitani delegati dal sindaco metropolitano sono parificati, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 82 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ai componenti della giunta del comune capoluogo della città metropolitana.
A giudizio del Governo, il rinvio all’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000 non sarebbe corretto, in quanto l’indennità dei consiglieri metropolitani trova disciplina, a livello nazionale, nell’art. 1, co. 24, della legge n. 56 del 2014, che stabilisce la gratuità dell’incarico.
Le disposizioni regionali impugnate comporterebbero un aumento della spesa, nonché l’istituzione di un emolumento che si pone in contrasto con la normativa statale.
La sentenza
La Consulta ripercorre la normativa nazionale in tema di indennità dei consiglieri metropolitani e ricorda che la legge n. 56 del 2014, nel solco di una più ampia riforma dell’ordinamento degli enti locali, all’art. 1, co. 24, ha ribadito il principio della gratuità di tutti gli incarichi ricoperti presso la Città metropolitana (consiglieri metropolitani, sindaco metropolitano e componenti della conferenza metropolitana).
A tale principio, legato all’esigenza di ottenere risparmi di spesa dal funzionamento degli enti locali, si ispira a tutt’oggi la normativa statale di riferimento, pur in presenza di alcuni segnali in controtendenza, limitati, peraltro, solo a specifiche cariche pubbliche.
Conclusioni
Il giudice delle leggi ribadisce che le norme statali che stabiliscono la gratuità delle funzioni rimesse agli amministratori degli enti locali si pongono principio fondamentale della materia concorrente “coordinamento della finanza pubblica”.
Con tali norme il legislatore nazionale ha compiuto una «scelta di fondo» che vincola e indirizza la disciplina rimessa alla competenza legislativa concorrente delle regioni (sentenze n. 23 del 2014 e n. 151 del 2012), anche ad autonomia speciale, in modo coerente con la contemporanea previsione dell’elezione indiretta degli organi di vertice dei ridisegnati enti territoriali (sentenza n. 168 del 2018).
Riguardo ai vincoli di finanza pubblica recati dalla legislazione statale: essi si applicano, di regola, anche alle regioni ad autonomia speciale poiché funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e a garantire l’unità economica della Repubblica (sentenza n. 82 del 2015), dato che anche la finanza di queste Regioni è parte della finanza pubblica allargata (sentenza n. 141 del 2024).
Ne deriva che l’intervento normativo della Regione autonoma Sardegna si è posto in contrasto con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tuttora vigente e non disponibile neppure nel dispiegarsi dell’autonomia speciale.
Da qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1 e 2, della legge reg. Sardegna n. 17 del 2023, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Stefania Fabris