IN POCHE PAROLE…

La cessazione – a regime – dell’incarico dei giudici tributari  al raggiungimento dei 70 anni di età decorrerà dal 1° gennaio 2028, anziché dal 1° gennaio 2027, con conseguente slittamento, nel periodo transitorio 2024-2027, di un anno della cessazione per limiti di età di magistrati e giudici onorari.


Decreto – legge  29 dicembre 2022, n. 198 «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi».

Legge 31 agosto 2022, n. 130, «Disposizioni in materia di  giustizia e processo tributari»


Nel decreto Milleproroghe 2023 trova posto il rinvio  al 1° gennaio 2024 del termine del 1° gennaio 2023 per l’avvio graduale della cessazione anticipata dal servizio dei giudici tributari per limiti di età, previsto  dall’art. 8 della L. 130/2022.

Il rinvio  di un anno è stato inserito al comma 6 dell’art. 3 del D.L. 198/2022, nascosto fra le tante proroghe di termini in materia economica e finanziaria.

La formulazione della norma, scritta con il consueto linguaggio decodificabile solo dagli addetti ai lavori, è la seguente: «I termini indicati nell’articolo 8,  comma  1,  della  legge  31 agosto 2022, n. 130, sono prorogati di un anno».

Nella sostanza, la telegrafica disposizione d’urgenza:

  • proroga al 1° gennaio 2028 l’abbassamento del limite di età dei magistrati e giudici tributari dal «settantacinquesimo» al «settantatesimo» (ex art,1, comma 1, lett. numero n. 2.2.);
  •  prevede, in conseguenza,  che nel periodo  transitorio  prorogato di un anno (2024-2027), la graduale riduzione  dell’abbassamento del limite massimo di età per i giudici tributari comporti la cessazione dall’incarico al compimento dei 74, 73, 72 e 71 anni.

La moratoria di un anno,  dettata dalla necessità di evitare la paralisi della giustizia tributaria nel 2023 per cessazione di un numero considerevole di magistrati, è l’occasione per alcune  riflessioni sul decreto legislativo 130/2022 ,  realisticamente denominato “disposizioni in materia di giustizia …“, perché di questo in fondo si tratta e non di organica riforma della giustizia tributaria che avrebbe richiesto l’elaborazione  di un  apposito codice.

Gli interventi correttivi

La prima riflessione è formale e sempre più comune, purtroppo, alla quasi totalità dei provvedimenti legislativi. In questo caso, però, dopo tanti anni  di attesa, era doverosa una più elevata qualità di redazione e non una frettolosa e spesso non chiara  introduzione di puntuali modifiche ai decreti  del 1992 n. 545 e 546.

Si sarebbe evitato di dovere correre ai ripari con due interventi correttivi urgenti, a distanza di poco tempo dalla sua entrata in vigore  (16 settembre scorso) .

Ricordiamoli. Il primo immediato, con l’art. 41-bis della L. 21 settembre 2022, n. 142, di conversione del “c.d. decreto Aiuti- bis” (decreto – legge 115/2022):

a) per precisare, all’art. 1, comma 9, che i magistrati esonerati dalle funzioni giudiziarie e giurisdizionali  a seguito di nomina a componenti  di commissioni di concorso a giudice tributario, sono ammessi nel ruolo di provenienza nella medesima posizione occupata al momento del transito;

b) per correggere, all’art 5, la discrasia sulla definizione di “lite pendente” ai fini dell’accesso alla definizione agevolata dei giudizi  innanzi alla Corte di Cassazione, a causa del diverso riferimento temporale  indicato nei commi (1,2 e 4) dello stesso articolo  (v.  Riforma giustizia tributaria: il vizietto del “condono fiscale” e la parziale retromarcia per le udienze da remoto;  e Sanatoria per le liti tributarie pendenti in Cassazione: l’intervento correttivo a pochi giorni dall’entrata in vigore della L. 130/2022 ).

L’altro intervento è quello in esame, reso necessario dall’urgenza di evitare il rallentamento del lavoro delle Corti di giustizia tributaria già dal 2023, a causa della rottamazione anticipata dei giudici e magistrati in servizi0 al compimento del settantaquattresimo anno entro il 31 dicembre 2022 o nel corso del corrente anno.

Senza analisi d’impatto e programmazione

Quest’ultimo intervento normativo ha posto in evidenza una delle carenze  della riforma: la mancanza di una preventiva, approfondita analisi dell’impatto della nuova normativa sulla funzionalità della giustizia tributaria, specie nel periodo transitorio.  Forse sarebbe stato più semplice prevedere che giudici e magistrati onorari in servizio alla data dell’entrata in vigore della nuova normativa avrebbero potuto continuare a svolgere le loro funzioni fino all’immissione nei ruoli dei nuovi assunti con concorso a magistrato tributario (ex art. 4), e, comunque, non oltre il precedente limite del settantacinquesimo anno di età. Il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria e il MEF disponevano sicuramente dei dati sui pensionamenti per limiti di età dei giudici e magistrati onorari nel  quinquennio successivo alla riforma, dati che il legislatore avrebbe dovuto  utilizzare per programmare in modo più realistico il relativo regime transitorio. In sintesi, la domanda (retorica) è la seguente: quando in questo Paese si deciderà di programmare, bene e in tempo utile, le riforme, evitando di dovere rincorrere sempre l’urgenza, e a sostenerle con una effettiva analisi sul loro impatto?

La marcata dipendenza dal MEF

L’altra riflessione riguarda la  permanenza della dipendenza della giustizia tributaria dal MEF,  ossia dalla controparte del processo tributario, addirittura più marcata nella nuova legge rispetto al precedente quadro normativo, come evidenzia, fra l’altro,  la maldestra collocazione della disposizione  in esame fra le proroghe dei termini attinenti alla materia economica e finanziaria (art. 3), anziché fra quelle relative alla giustizia (art. 8).

Si tratta, com’è noto, di una questione di attualità, specie a seguito  dell’ordinanza 31 ottobre 2022, n. 408,  della Prima Sezione della Corte di Giustizia Tributaria di I° grado di Venezia. Con la su detta ordinanza –  forse in maniera troppo frettolosa e a rischio “inammissibilità” –   è stata sollevata questione di legittimità costituzionale delle  norme che attribuiscono competenza gestionale e di supporto amministrativo in ordine all’organizzazione giudiziaria tributaria al MEF, anziché  ad altra amministrazione centrale dello Stato;  sulla composizione del nuovo Consiglio di giustizia della Presidenza tributaria; sui requisiti di accesso per il concorso interno di passaggio; sulla specifica ipotesi di “decadenza” degli appartenenti all’ordine giudiziario tributario.

Per queste disposizioni sussisterebbe, si legge nell’ordinanza, il rischio di indipendenza per i giudici,  gestiti da una controparte del contenzioso tributario, appunto il MEF,  in contrasto con i principi in materia giurisdizionale, costituzionalmente garantiti, d’indipendenza e imparzialità dei giudici.

A prescindere dalla decisione che assumerà il Giudice delle leggi sulle questioni di legittimità sollevate, resta indispensabile e non rinviabile la sostituzione  del riferimento al MEF con altra amministrazione centrale dello Stato (preferibilmente, la Presidenza del Consiglio), per evitare il rischio che la giustizia tributaria, ancorché costituita con giudici professionali, continui a essere figlia di un dio minore.


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