Con una serie di recenti deliberazioni l’A.N.AC. ha fornito nuovi chiarimenti in ordine ad alcuni profili di applicazione della disciplina in tema di inconferibilità/incompatibilità.
Con la deliberazione n. 1005/2017 l’Autorità ha esaminato un’ipotesi di presunta incompatibilità tra l’incarico di Direttore generale di una società in controllo pubblico di livello locale e le cariche di Presidente e Amministratore delegato della medesima società.
L’Autorità ha precisato che “l’art. 12 del d.lgs. n. 39/2013 disciplina l’incompatibilità soltanto per gli incarichi dirigenziali interni ed esterni. Ne consegue che l’incompatibilità disciplinata dal suddetto articolo non trova applicazione con riferimento all’incarico di Direttore Generale, esplicitamente ricompreso dal legislatore nel novero degli incarichi amministrativi di vertice, trattati in modo differente rispetto agli incarichi dirigenziali. Pertanto, in base al tenore letterale dell’art. 12, il caso in esame non rientra nelle fattispecie delineate dall’art. 12 del d.lgs. n. 39/2013, né si configurano violazioni delle altre disposizioni del medesimo decreto legislativo”.
Diversamente, al fine di verificare la presenza di eventuali di situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, l’A.N.AC. ha rimesso la questione al RPCT della società, tra le cui competenze rientra l’accertamento in parola.
Le deliberazioni n. 925/2017 e n. 924/2017 concernono, invece, ipotesi di presunte incompatibilità ed inconferibilità tra l’incarico di dirigente in un Comune/Provincia e quello di Consigliere in altro Comune con più di 15.000 abitanti della stessa regione.
Nel primo caso, un’amministrazione comunale comunicava di aver espletato una procedura selettiva per il conferimento, ai sensi dell’art. 110, co. 1, del d.lgs n. 267/2000, dell’incarico a termine di “funzionario direttivo tecnico” con attribuzione delle funzioni dirigenziali di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 107 del Tuel.
Il candidato selezionato risultava, tuttavia, ricoprire anche la carica di Consigliere comunale di altro Comune della regione con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.
Dopo aver ricordato che, a mente dell’art. 2, co. 2, del d.lgs n. 39, negli enti locali, al conferimento di incarichi dirigenziali, è assimilato quello di funzioni dirigenziali a personale non dirigenziale, l’Autorità ha affermato la sussistenza di un’ipotesi di incompatibilità, ai sensi dell’art. 12, comma 4, lett.b) del d.lgs. n. 39/2013.
Nel secondo caso, la vicenda riguardava una situazione di presunta inconferibilità, ex art. 7, co. 2, lett. b) del d.lgs. n. 39/2013, per il conferimento, da parte di una Provincia, di un incarico dirigenziale con funzioni gestionali ad un soggetto eletto Consigliere comunale in un Comune della medesima regione con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.
Secondo l’Autorità non è possibile, in tali circostanze, dare applicazione all’esimente di cui all’art. 7, co. 3 del d.lgs. n. 39/2013 per via dell’assenza di titolarità dell’incarico all’atto dell’assunzione della carica politica.
Sussiste pertanto un’ipotesi di inconferibilità in quanto l’eventuale conferimento dell’incarico dirigenziale darebbe vita alle violazioni di cui all’art. 7, comma 2 lett. b) e all’art. 12, comma 4, lett. b) del d.lgs. n. 39/2013.
Con la deliberazione n. 978/2017, l’A.N.AC. è tornata infine ad esaminare il caso della revoca dell’incarico di RPCT in capo ad un segretario comunale.
Alla luce di quanto rappresentato e documentato, l’Autorità ha osservato che “emerge chiaramente che la revoca dell’incarico di RPCT sia priva di motivazione, giustificata dalla sola insussistenza di quelle condizioni, non meglio specificate, che avevano portato all’adozione della determina di conferimento dell’incarico; essa, inoltre, è stata seguita da altre condotte di natura ritorsiva tenute dal Sindaco nei confronti del Segretario generale … Per l’effetto, sebbene la revoca, al pari delle altre misure ritorsive, appaia causata dal contrasto insorto con il Sindaco in merito a un parere reso dal dott. [omissis], in qualità di segretario generale, essa è immotivata e per ciò stesso in contrasto con quanto previsto dal legislatore negli articoli 1, co. 82 della legge n. 190/2012 e all’art. 15, co. 3 del d.lgs. n. 39/2013, nonché del PNA”.
Inoltre “Nel caso di specie, l’incarico di RPCT è stato affidato al dott. [omissis], soggetto titolare dell’incarico di Segretario generale dell’ente locale, per tutta la sua durata, e l’incarico sottostante di segretario comunale non è cessato; motivo per cui l’incarico di RPCT non poteva essere revocato prima della cessazione dell’incarico sottostante, salvo per gravi inadempimenti nelle attività proprie dell’incarico, che nel caso di specie non risultano sussistere, né sono contestate”.
Ravvisando quindi una carenza di motivazione del provvedimento di revoca ed il conseguente contrasto con quanto previsto dal legislatore e con le indicazioni fornite dalla medesima Autorità a tutela della garanzia e indipendenza del RPCT, l’A.N.AC. ha ricondotto la fattispecie tra quelle previste dagli artt. 1, co. 82, della legge n. 190/2012 e dall’art. 15, co. 3, del d.lgs. 39/2013, che tutelano il RPCT da revoche dall’incarico per le attività da questi poste in essere in materia di prevenzione della corruzione.
Ritenendo sussistente un fumus di intento discriminatorio nei confronti del RPCT, l’Autorità ha quindi richiesto al Sindaco il riesame della propria determinazione assegnandogli 30 giorni per provvedere.
Stefania Fabris