Le sanzioni, tra loro non incompatibili o alternative, in cui può incorrere il funzionario pubblico nell’esercizio delle propri compiti sono raggruppabili in cinque tipologie: la responsabilità civile; la responsabilità penale; la responsabilità amministrativo-contabile; la responsabilità disciplinare, e, infine, per il solo personale dirigente, la responsabilità dirigenziale.

Funge da principio generale in tema di responsabilità l’art. 28 della Costituzione secondo cui “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti”, ma vi sono altre, numerosissime disposizioni che impongono obblighi, sanciscono divieti e prevedono specifiche forme di responsabilità in capo ai pubblici funzionari e, in particolare, in capo ai dirigenti. Tra queste, ad esempio:

–   la Legge n. 241/1990, particolarmente severa per i casi di mancata o tardiva emanazione del provvedimento, tanto da rientrare tra gli elementi della performance individuale, di un’eventuale responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente inadempiente; analoghe sono le sanzioni per la mancata partecipazione alla conferenza dei servizi, ovvero per l’omessa o tardiva adozione della determinazione motivata di conclusione dell’iter procedimentale;

–   la Legge n. 69/2009 per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività, insistendo sulla certezza dei termini di conclusione del procedimento, ne ricollega una volta di più il rispetto, alla valutazione e alla corresponsione della retribuzione di risultato ai dirigenti competenti. Sul versante della trasparenza, la mancata trasmissione dei dati relativi a retribuzioni, curricula e tassi assenza e presenza del personale al Dipartimento della funzione pubblica, nonché l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione on line di atti e provvedimenti, comportano una valutazione negativa con le relative conseguenze sulla retribuzione di risultato.

1.  Le responsabilità del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Di significativa importanza è la disciplina in tema di responsabilità dettata dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165,Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

Il decreto configura la “responsabilità dirigenziale”, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione, ovvero di inosservanza di direttive imputabili al dirigente. La sanzione comporta, previa contestazione e ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale (art. 21, co. 1).

Il legislatore richiama di frequente la responsabilità dirigenziale assieme ad altre forme di responsabilità (amministrativo contabile, disciplinare, ecc..), in particolare, con riferimento alla gestione delle risorse umane e finanziarie assegnate a singoli dirigenti. Tra le possibili circostanze passibili di sanzione: la stipulazione o l’utilizzo di contratti di collaborazione per lo svolgimento di funzioni ordinarie; la mancata vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione; la mancata attivazione, nei casi in cui ve ne sia la necessità, delle procedure per eccedenza di personale e mobilità collettiva; il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare; la mancata osservanza delle disposizioni sui controlli delle assenze al fine di prevenire o contrastare le condotte assenteistiche; la mancata costituzione del Comitato unico di garanzia; il mancato invio dell’atto di nomina delle commissioni di concorso pubbliche, ai fini della verifica della composizione delle stesse, alla consigliera o al consigliere di parità, nazionale o regionale.

Inoltre, in tema di incarichi, la legge di stabilità per il 2013, n. 228/12, prescrive che le amministrazioni possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati,  per la soluzione di problemi specifici, connessi al funzionamento dei sistemi informativi. Delle eventuali violazioni si dovrà tener conto ai fini della valutazione della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti competenti.

Le novità introdotte dalla legge “anticorruzione”, n. 190, del 6 novembre 2012

Al fine di prevenire il fenomeno della corruzione nelle amministrazioni pubbliche, la legge in commento introduce nel D.Lgs. n. 165/01 importanti novità. Oggi, coloro sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dagli artt. 314 e ss del codice penale, non possono più far parte delle commissioni di gara, delle commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; né, tanto meno, essere assegnati agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari a soggetti pubblici e privati.

I nuovi Codici di comportamento

La legge incarica il Governo di definire, entro la fine di maggio 2013, un codice di comportamento dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico.

Questo codice dovrà contenere una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, e comunque prevedere, per tutti i dipendenti, il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni, fatti salvi i regali di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

La violazione dei doveri ivi contenuti sarà fonte di responsabilità disciplinare e sarà altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile, ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di obblighi imposti da leggi o regolamenti.

Ciascuna pubblica amministrazione dovrà, tra l’altro, definire un proprio codice di comportamento che integrerà e specificherà il codice di comportamento governativo. Sull’applicazione dei codici dovranno vigilare i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, i servizi di controllo interno e gli uffici per i procedimenti disciplinari, mentre le singole amministrazioni dovranno monitorare annualmente il loro stato di applicazione, organizzando apposita attività di formazione per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.

Il Piano triennale di prevenzione della corruzione

L’organo di indirizzo politico, su proposta del Segretario generale [1], entro il 31 gennaio di ogni anno [2], deve adottare il piano curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L’omessa predisposizione e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale. La violazione, da parte dei dipendenti dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituirà illecito disciplinare.

Il conflitto di interessi

La legge anticorruzione introduce nella L. n. 241/90 il nuovo articolo 6 bis che obbliga tutti i soggetti coinvolti nel procedimento amministrativo, non solo il relativo responsabile, ad astenersi nell’eventualità di una situazione di conflitto di interessi, sia reale che potenziale, facendone apposita segnalazione. Si tratta di un dovere di astensione che si estende non soltanto alla fase decisoria del procedimento, ma anche a quella istruttoria; tale dovere peraltro, non è solo di natura passiva, ma anche attiva: a seguito della segnalazione si presume, infatti, che l’amministrazione debba adottare per tempo appositi strumenti di sostituzione dei soggetti segnalanti.

2.  Le responsabilità collegate alla semplificazione amministrativa

Il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, anche conosciuto come il “CAD”, prevede specifici obblighi e correlate sanzioni in capo ai dirigenti, principalmente ricollegabili alla valutazione delle performance e alle responsabilità dirigenziali e disciplinari, ferme restando le eventuali responsabilità penali, civili e contabili previste dalla normativa vigente. Tra le disposizioni più note, alcune delle quali di recente introduzione:

a)  l’obbligo per le amministrazioni di utilizzare le tecnologie ITC;

b)  il dovere, a decorrere dal 1° gennaio 2013, di comunicare con il cittadino esclusivamente presso il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, senza oneri di spedizione a suo carico, con la specificazione che ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario;

c)  il divieto di richiedere l’uso di moduli e formulari che non siano stati previamente pubblicati;

d)  l’obbligo di avviare il procedimento per il titolare dell’ufficio che abbia ricevuto istanze o dichiarazioni per via telematica e sottoscritte con firma digitale, o il cui autore sia identificato dal sistema informatico;

La Legge n. 221/2012, di conversione del decreto sviluppo bis, ha inoltre previsto che l’inosservanza delle disposizioni sui documenti informatici, i dati di tipo aperto e l’inclusione digitale sarà rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporterà responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del D.Lgs. n. 165/01.

In tema di “amministrazione aperta” è intervenuto, nel corso del 2012, anche il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, (primo decreto sviluppo) convertito, con modifiche, nella Legge n. 134/12. L’articolo 18, in particolare, prevede che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari a imprese e l’attribuzione di corrispettivi e compensi a persone, professionisti, ecc.. sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet. Dal 1° gennaio 2013, tale pubblicazione costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni di importo superiore a mille euro, e la sua eventuale omissione o incompletezza deve essere rilevata d’ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l’indebita concessione del beneficio economico. L’omessa, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario dell’attribuzione e da chiunque abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell’amministrazione.

3.  Le responsabilità nell’approvvigionamento di beni e servizi

La Legge 7 agosto 2012, n. 135, di conversione del D.L. n. 95/12, sulla Spending review, stabilisce che i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionamento tramite gli strumenti messi a disposizione da Consip e dal mercato elettronico sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Tra l’altro, ai fini della determinazione del danno erariale si deve tener conto della differenza tra il prezzo dei predetti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto.

La predetta legge ha inoltre stabilito che, dal 2013, le amministrazioni non possono, pena la responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti competenti, effettuare spese di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2011 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi.

In materia sono più recentemente intervenute anche le Leggi n. 221/2012 e n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013). Tra le novità più significative vi è l’istituzione dell’anagrafe unica delle stazioni appaltanti presso cui le amministrazioni hanno l’obbligo di richiedere l’iscrizione, aggiornandone annualmente i rispettivi dati identificativi, pena la responsabilità amministrativa e contabile dei funzionari responsabili oltre che la nullità degli atti adottati.

Inoltre, per gli anni 2013 e 2014, è previsto il divieto per le amministrazioni di effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili e arredi (salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione degli oneri connessi alla conduzione degli immobili), con la previsione, per gli enti non ottemperanti, della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti competenti.

Da quanto sopra emerge come, nell’attuale periodo, caratterizzato per una scarsità generale di risorse del paese, il legislatore coniughi il sistema delle responsabilità con le  misure per la  riduzione della spesa pubblica e per la crescita, nonché con le nuove norme volte a prevenire e reprimere la corruzione e l’illegalità nella pubblica amministrazione.

Le casistiche ricollegate alla valutazione della performance, alla responsabilità dirigenziale e disciplinare vengono ampliate rendendo non sempre agevole l’individuazione della sanzione addebitabile al singolo. Il problema principale rimane quello di individuare le leve più idonee, sul piano della regolamentazione, per indurre la dirigenza a farsi concretamente interprete dell’interesse organizzativo dell’ente di appartenenza. Le misure sulla valutazione, ad esempio, come concepite dal D.Lgs. n. 150/09, quale strumento di incentivazione e controllo saranno sufficienti per conseguire i tanto conclamati obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa?

di Stefania Fabris

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[1]  Ai sensi della L. n. 190/2012, negli enti locali il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario generale, salva diversa e motivata determinazione. Nelle amministrazioni centrali, invece, è scelto dall’organo di indirizzo politico tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia.

[2] L’art. 34 bis, co.4, del D.L. 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012, ha differito, in sede di prima applicazione, al 31 marzo 2013, il termine di adozione del piano.


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