La normativa e gli atti adottati durante il periodo della emergenza Covid-19 sono caratterizzati da un’assoluta eccezionalità nel panorama ordinamentale italiano. Non è pertanto possibile applicare le definizioni e le regole caratterizzanti le categorie tradizionali degli “atti amministrativi generali” o delle “ordinanze contingibili e urgenti”.
Consiglio di Stato, Sez. terza, decreto cautelare n. 6169 del 31 luglio 2020 – Presidente Frattini
Il fatto – La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Dipartimento per la protezione civile domandano la riforma della sentenza del Tar del Lazio n. 8615 del 13 luglio 2020, con cui è stato accolto il ricorso avverso il diniego di accesso civico generalizzato ai verbali del Comitato tecnico scientifico operante nell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
L’Amministrazione governativa aveva negato l’ostensione dei documenti argomentando che:
- l’art. 5-bis, co. 3, del d.lgs. n. 33/2013 esclude dall’accesso civico c.d. “generalizzato” di cui al co. 2 dell’art. 5, gli “altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24 co. 1, della legge n. 241 del 1990”;
- l’art. 24, co. 1, della L. n. 241/1990 prevede che il diritto di accesso è escluso: “c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”;
- il Dpcm n. 143/2011, adottato in attuazione del dell’art. 24, co. 2, della medesima L. n. 241/1990, ha dettagliato l’esclusione del diritto di accesso per gli atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fra i quali rilevano, all’art. 1, co. 1, sub b) i “documenti e gli atti amministrativi, diversi da quelli ufficialmente pubblicati, concernenti il lavoro di commissioni, organi collegiali, gruppi di studio e di lavoro, qualora finalizzati all’adozione di atti normativi, di atti amministrativi generali e di atti di pianificazione e di programmazione”.
Il Tar Lazio aveva dichiarato l’obbligo della Presidenza del Consiglio di consentire l’esibizione documentale in considerazione della natura degli atti richiesti, nonché delle finalità dell’accesso generalizzato che, oltre a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ha anche il fine di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico (Tar Lazio Roma, Sez. I ter, n. 4381/2020, e Sez. I quater, n. 4122/2019). Questo perché:
- i verbali del Comitato tecnico scientifico costituiscono sì degli atti endoprocedimentali prodromici all’emanazione di appositi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, volti ad indicare le misure necessarie ad evitare la diffusione del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale; tuttavia, a tali Dpcm e ai presupposti pareri, non può attribuirsi la qualificazione di atti normativi, in quanto privi del requisito dell’astrattezza e della capacità di innovare l’ordinamento giuridico;
- i verbali non si configurano quali atti amministrativi generali, parimenti sottratti all’accesso non già per intrinseche esigenze di “segretezza” ma perché la legge assicura loro particolari forme di pubblicità e trasparenza;
- l’Amministrazione non aveva opposto all’ostensione ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o di riservatezza al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati, tali da poter ritenere recessivo l’interesse alla trasparenza rispetto a quello della riservatezza (Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 10/2020);
- il rapporto tra accesso documentale e accesso civico generalizzato va letto secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo sottesa alla relazione tra le discipline è quella dell’integrazione dei diversi regimi in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione assoluta “per materia” delle singole discipline (Cons. Stato Sez. IV, n. 2496/2020);
- la ratio dell’intera disciplina dell’accesso impone di ritenere che, se l’ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità di tutti gli atti presupposti all’adozione di provvedimenti individuali o caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in argomento, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti Dpcm, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività.
Il decreto – Già in fase di esame cautelare, il giudice sottolinea che “Non si comprende perché si debba includere tali atti atipici nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa del “freedom of information act” prevede come regola l’accesso civico e come eccezione la non accessibilità di quelle sole categorie di atti che devono essere interpretate restrittivamente”.
In ogni caso, trattandosi di questione nuova e giuridicamente meritevole di approfondimento collegiale, il Presidente della terza Sezione del CdS sospende l’esecutorietà della sentenza appellata rinviando la decisione alla Camera di consiglio fissata per il 10 settembre p.v, tenuto conto che:
- l’ostensibilità non può essere rimessa “alla facoltà della Amministrazione (…) qualora ritenuto opportuno (…) al termine dello stato di emergenza” risolvendosi, in questo caso, in un discrezionale e unilaterale potere di esibire o meno atti il cui accesso la legge non esclude espressamente;
- occorre verificare se i verbali richiesti possano o meno costituire documenti sottratti all’accesso ai sensi degli artt. 24, co. 2, della L. n. 241/90 e del Dpcm n. 143/2011, in quanto concernenti il lavoro di commissioni, organi collegiali, gruppi di studio e di lavoro, finalizzati all’adozione di atti normativi.
Stefania Fabris