IN POCHE PAROLE…
Inefficacia della proroga ex lege della concessione demaniale marittima, in quanto, essendo in contrasto con il diritto euro-unitario, pertanto, non devono essere applicate né dai Giudici né dalla Pubblica Amministrazione.
Il fatto
Il Consiglio di Stato ha di recente risolto una controversia insorta tra un privato ed un Ente locale, il quale, a seguito del provvedimento di diniego della richiesta di rinnovo di permesso di costruire, intimava al primo di demolire il proprio stabilimento balneare e di ripristinare lo stato dei luoghi.
In particolare, nella fattispecie concreta, l’appellante era titolare di una concessione demaniale marittima rilasciata dal Comune di specie nel 2008 e dello stesso stabilimento balneare in sua gestione nella stessa area.
L’anno successivo, con permesso di costruire, veniva autorizzata peraltro la realizzazione di alcuni manufatti funzionali allo svolgimento dell’attività di specie.
Lo stesso concessionario chiedeva ed otteneva la proroga dei termini di scadenza del permesso di costruire dal 31 ottobre 2009 al 31 dicembre 2013 con relativo mantenimento annuale dei manufatti, allineando in tal modo il titolo edilizio alla scadenza della concessione demaniale marittima.
Con provvedimento del giugno 2012, è stato poi rilasciato il permesso per la realizzazione di alcune modifiche progettuali dello stabilimento balneare, ma alle condizioni previste nei pareri resi dalle competenti Autorità nel corso del procedimento svolto, con espressa prescrizione della temporaneità del manufatto e, soprattutto, con validità sino al 31 ottobre 2012. Tra le prescrizioni ivi indicate veniva negata la possibilità di sostituire la copertura già autorizzata con permesso di costruire del 2009.
Successivamente, con provvedimento del 2013, il Settore urbanistica del Comune accordava al concessionario un ulteriore permesso di costruire in variante, limitatamente al termine di scadenza ed alla temporaneità del permesso di costruire del 2012, prorogandolo al 31 dicembre 2013, data di scadenza della concessione demaniale marittima, senza obbligo di rimozione invernale, autorizzando altresì la sostituzione della copertura di cui al permesso di costruire del 2009.
Dunque, nel gennaio 2014 veniva assentita al concessionario l’occupazione di due aree demaniali marittime quale relitto antistante e retrostante all’area già in concessione demaniale, prorogando, altresì, il termine di validità della concessione demaniale sino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 1, comma 18, D.L. n. 194/2009 e quindi, con atto protocollato del maggio 2014, il Comune prorogava il termine di validità del permesso di costruire del 2009 – e della successiva variante del 2012 – fino a giugno 2018.
A questo punto, il privato, alla scadenza, presentava istanza all’Ente territoriale, avente ad oggetto il rinnovo dei permessi di costruire, ma il dirigente del Settore pianificazione e sviluppo urbano del Comune concludeva il procedimento avviato con la presentazione della suddetta istanza, non accogliendo la richiesta di rinnovo, in conseguenza dei pareri negativi espressi dalla Soprintendenza e dall’Autorità di gestione del Parco naturale regionale coinvolto, attesa la non compatibilità dell’intervento rispetto alle previsioni del PRC e del PPTR e del d.P.R. n. 31/2017 e in ragione della necessità di salvaguardare la funzionalità del sistema dunale.
Di conseguenza, il Comune emanava la già sopra menzionata ordinanza con cui ingiungeva la demolizione dello stabilimento balneare de quo ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Il privato interessato impugnava i suddetti atti dinanzi al TAR, chiedendone l’annullamento. Tuttavia, il Tribunale amministrativo, non condividendo le censure dedotte, respingeva il ricorso.
Si giungeva dunque all’esame della questione da parte dei Giudici di Palazzo Spada.
L’orientamento consolidato del Consiglio di Stato
I Giudici di Appello procedono all’esame ed alla risoluzione della questione sottoposta al loro scrutinio con una grande chiarezza, contenutistica ed espositiva, che si colloca entro un oramai consolidato orientamento giurisprudenziale.
Nel rigettare l’appello alla luce della legittimità dei provvedimenti fatti oggetto di impugnazione già con la proposizione del ricorso di primo grado, l’Autorità giudicante non manca, infatti, di osservare come tutti i motivi posti dal privato a sostegno della propria posizione non tengano conto dell’inefficacia della proroga ex lege della concessione demaniale marittima.
Addirittura, per il Consiglio di Stato sarebbe ampiamente nota la questione circa la successione di norme nazionali recanti la previsione di una “proroga automatica ex lege” delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo in essere fin dalla data del 30 dicembre 2009 e il contrasto di dette disposizioni con l’ordinamento euro-unitario (nello specifico con le previsioni della Direttiva n. 123/2006 e con alcune disposizioni del TFUE) e con l’interpretazione dello stesso (in particolare con riferimento alla summenzionata direttiva) recata dalla nota sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14 e C-67/15 Promoimpresa) e dalla più recente conferma della predetta Corte (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. III, sentenza 20 aprile 2023, in causa C- 348/22) nonché, ancora, dalla giurisprudenza dei Giudici nazionali (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 9 ottobre 2021 nn. 17 e 18, nonché, da ultimo, la Sezione VI, con sentenza 1 marzo 2023 n. 2192, disapplicando anche la più recente disposizione normativa recante una previsione di proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, conv. in L. 24 febbraio 2023, n. 14, in quanto “si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato”).
Dando, infatti, per condiviso il dibattito giuridico tratteggiato, la stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, così come singole Sezioni, in aderenza alle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, hanno fatto propria la tesi per cui gli atti di proroga eventualmente adottati da un’Amministrazione in violazione del diritto euro-unitario, e segnatamente in contrasto con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, non producono alcun effetto giuridico, dovendosi ritenere tamquam non esset, senza neppure necessità o obbligo di impugnazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 7 luglio 2023 n. 6675).
Già nell’aprile di quest’anno, erano stati anche richiamati nuovamente i principi enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze del 9 novembre 2021, n. 17 e n. 18, secondo le quali “i) le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, D.L. n. 34/2020, convertito in Legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto euro-unitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai Giudici né dalla Pubblica Amministrazione; ii) ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari; non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata; la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato” (Cons. Stato, Sez. VI 19 aprile 2023 n. 3964).
In conclusione
Alla luce di quanto illustrato, senza soffermarsi in questa sede sull’ulteriore esame compiuto dall’Organo giudicante nella risoluzione della fattispecie de quo, secondo il Consiglio di Stato, emergerebbe dunque una evidente infondatezza di tutti i profili di censura dedotti dall’appellante attraverso i quali egli aveva ritenuto di poter irrobustire la propria posizione contestativa nei confronti dei provvedimenti impugnati sul presupposto che i titoli edilizi fossero stati temporalmente allineati ai termini prorogati ex lege della concessione demaniale marittima del 2008, non avendo tale proroga alcun valore giuridico per le ragioni sopra esposte.
In altri termini, con questa pronuncia si conferma un orientamento, già in molte altre occasioni espresso dai Giudici di Appello, in linea con la giurisprudenza euro-unitaria, ma, al tempo stesso, incidente su una materia ancora fonte di contrasti, che, proprio come accaduto nel caso in questione, tuttora richiedono l’intervento magistratuale per chiarire, con sempre maggiore dettaglio, i confini di un fenomeno di non trascurabile rilevanza, in quanto direttamente incidente sulle posizioni giuridiche soggettive dei singoli operatori economici coinvolti nelle singole vicende concrete e così sull’equilibrio del sistema giustizia nel suo complesso.
Dott. Alessandro Sorpresa