Per evitare di incorrere nei divieti di cui al d.lgs. n. 39/2013 e nelle sanzioni previste, occorre che le Amministrazioni pubbliche prestino particolare attenzione nella scelta dei soggetti a cui assegnare gli incarichi di amministratore delle proprie società
Autorità nazionale anticorruzione, deliberazione n. 208 del 13 marzo 2019
Il caso – La deliberazione concerne una presunta situazione di inconferibilità di un soggetto nominato Presidente del CdA di una società a controllo pubblico comunale.
L’inconferibilità deriverebbe dal fatto che lo stesso soggetto è stato titolare dell’incarico di Amministratore unico di altra società, controllata in via indiretta dal medesimo comune per il tramite della società a controllo pubblico di primo livello.
L’interessato, dimessosi prontamente dall’incarico di Amministratore unico, rappresenta che tale nomina “era stata determinata da ragioni di maggiore omogeneità nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento della Capogruppo”, coerentemente con quanto previsto dal d.lgs n. 175/2016, nonché di aver assunto, durante il periodo di durata dell’incarico, un numero limitato di atti, da sottoporre a ratifica a titolo cautelativo.
La deliberazione – L’Autorità osserva che il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica stabilisce, all’art. 11 co. 14, che “Restano ferme le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39”.
Occorre pertanto verificare se possa o meno configurasi la situazione di inconferibilità di cui all’art. 7, co. 2, lett. d), a mente del quale “… a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti:… d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione.”
In proposito, l’A.N.AC. sottolinea che, mantenendo la carica di Presidente del CdA della società controllata dal comune, il soggetto ha assunto anche l’incarico di Amministratore Unico della società a controllo pubblico indiretto fino alle successive dimissioni volontarie, di tal chè risulta applicabile il disposto dell’art. 7 del d.lgs. n. 39/2013, così come chiarito nell’orientamento n. 10/2015, estendibile anche agli incarichi ricoperti contestualmente da uno stesso soggetto.
Detto ciò, l’A.N.AC. si sofferma sulla natura giuridica delle due società quali“enti di diritto privato in controllo pubblico”, da intendersi, ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. c), del d.lgs. n. 39/2013, come quegli enti che “esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”.
Indagando le visure camerali delle due società, l’Autorità ritiene che entrambe rientrino nella definizione recata dal d.lgs. n. 39/2013, in quanto:
a) la società capogruppo risulta totalmente partecipata dall’amministrazione comunale ed ha per oggetto la gestione di una serie servizi pubblici in favore dell’ente locale, unico socio titolare dei poteri di controllo analogo ai sensi dell’art. 2359 del codice civile;
b) la società rientrante nel gruppo è partecipata al 100% dalla holding pubblica, e dunque indirettamente dal Comune, ed ha anch’essa quale oggetto sociale la gestione di servizi nel campo dell’energia.
Rispetto all’incarico di Presidente della holding pubblica, lo statuto della società prevede che il CdA “è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società (…)” e che “in caso di parità prevale la decisione che ha riportato il voto favorevole del Presidente”. Inoltre, solo per un limitato periodo, risultano attribuiti dei consistenti poteri gestori ad altro soggetto avente la qualifica di direttore generale.
A tali constatazioni va ad aggiungersi anche quanto chiarito dal Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 126/2018, secondo cui “per il solo fatto di essere membro del (…)” dell’organo al quale sono attribuite competenze di amministrazione “al presidente sono assegnate funzioni di gestione. D’altra parte tra i suoi compiti (…) rientra anche la vigilanza sul buon andamento delle attività (…), che ben può condurre all’adozione di atti di gestione”.
Rispetto, invece, all’incarico di Amministratore unico in precedenza ricoperto dall’interessato, l’Autorità rileva che lo stesso, in virtù dell’attribuzione dei poteri di gestione diretta che la titolarità della carica comporta, rientra senza dubbio nella definizione di “amministratore di ente privato in controllo pubblico” ex art. 1, co. 2, lett. l) del d.lgs. n. 39/2013 (1).
Conclusioni – Malgrado le intervenute dimissioni dalla carica di Amministratore unico della società indirettamente controllata, l’Autorità ritiene ricorrere tutti gli elementi costitutivi dell’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7, co. 2, lett. b), del d.lgs. n. 39/2013.
Le eventuali dimissioni non sono infatti di per sé sufficienti a sanare la situazione di inconferibilità, la quale si verifica nel momento esatto in cui viene conferito l’incarico in violazione del d.lgs. n. 39/2013, con conseguente nullità dello stesso e con applicazione delle sanzioni previste dagli artt. 17 e 18 del decreto (ovvero: nullità degli atti di conferimento adottati, responsabilità dei componenti degli organi conferenti per le conseguenze economiche da questi derivanti e sospensione per 3 mesi del potere di conferimento).
La valutazione in merito all’applicazione delle sanzioni è rimessa al RPCT, tenuto a procedere secondo le apposite Linee guida approvate dall’Autorità con determinazione n. 833 del 3 agosto 2016.
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(1) Si ricorda che, con atto di segnalazione al Governo ed al Parlamento, n. 1, del 18 gennaio 2017, l’AN.AC. ha sottolineato l’opportunità di eliminare, per la figura del Presidente, il riferimento alle deleghe gestionali dirette, ritenendo di per sé rappresentativa tale carica, indipendentemente dall’espresso conferimento di poteri gestori.