La recente sentenza del TAR Toscana, sez. III, sentenza 29 giugno 2015 n. 996, Pres. Nicolosi, Est. Giani, di accoglimento del ricorso avverso il diniego di accesso a documenti del procedimento amministrativo per l’illegittimità dei motivi addotti dall’amministrazione, offre lo spunto per alcune riflessioni sulla motivazione dei provvedimenti amministrativi ai fini della loro legittimità e sulla valenza dei moduli dedicati ai fini della procedibilità dei procedimenti.
La stessa sentenza rammenta, inoltre, con riferimento allo specifico procedimento di accesso agli atti, il comportamento che gli operatori devono tenere nel caso in cui i documenti richiesti dall’interessato siano stati trasmessi alla Procura della Repubblica
La controversia – La controversia trae origine dal diniego opposto dal Comune alla richiesta di accesso agli atti inerenti al procedimento relativo ad un’ordinanza di demolizione per abusi edilizi, pregiudizievole per l’istante.
Il Comune respinge la domanda di accesso per tre ordini di ragioni: 1) l’istante non ha utilizzato la modulistica dedicata, predisposta dall’amministrazione; 2) non è stata prodotta l’autorizzazione dell’avente titolo a presentare l’istanza di accesso; 3) gli atti richiesti in copia erano stati già trasmessi dal Comune alla Procura della Repubblica.
La sentenza – Il TAR accoglie il ricorso in quanto ritiene non motivato il diniego, ordina al Comune di esibire, entro quindici giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della sentenza, i documenti richiesti dalla società ricorrente e condanna il Comune al rimborso delle spese legali.
Per il Tar, l’Amministrazione può solo pretendere che l’istante presenti una domanda di accesso con il contenuto minimo previsto dalla legge, ma non può esigere che le indicazioni stesse siano fornite attraverso l’uso della “modulistica dedicata” predisposta dalla stessa Amministrazione, in quanto la funzione del modulo è solo di ausilio offerto ai privati e non può essere posta come condizione di ammissibilità o procedibilità della procedura di accesso.
Il giudice amministrativo, inoltre, non ritiene ammissibile una motivazione di diniego di accesso generica del tipo “mancanza dell’autorizzazione dell’avente diritto”, in quanto troppo sommaria, specie se dalla richiesta risulta il mandato al legale ad avanzare istanze di accesso ai sensi della legge n. 241 del 1990.
Il TAR valuta illegittimo anche il terzo motivo del provvedimento di diniego della pretesa ostensiva, in quanto ritiene che non sia ragione sufficiente al rigetto dell’istanza la semplice trasmissione degli atti alla Procura, in assenza del sequestro penale o della dimostrazione di effettivo avvio dell’azione penale.
Come anticipato, la sentenza del TAR annotata suggerisce tre riflessioni. La prima riguarda la rilevanza della motivazione ai fini della legittimità dei provvedimenti amministrativi. L’altra la valenza dei moduli predisposti dall’amministrazione, ai fini dell’ammissibilità della procedura. L’ultima, specifica del procedimento di accesso, il comportamento da tenere nel caso in cui i documenti richiesti dall’interessato siano stati già trasmessi alla Procura della Repubblica.
La motivazione degli atti – La sentenza di accoglimento del ricorso è tutta basata sull’illegittimità dei motivi addotti dal Comune per giustificare il provvedimento negativo. La decisione conferma così l’importanza che riveste per la legittimità dei provvedimenti amministrativi l’elemento della “motivazione”.
Nonostante siano trascorsi ben 25 anni dall’emanazione della legge n. 241, molti provvedimenti amministrativi risultano ancora oggi viziati con riferimento proprio alla motivazione, che, anche se non mancante, risulta spesso insufficiente, incongrua, contraddittoria, incoerente, o solo apparente, ecc.
Giova ricordare, quindi, che la motivazione, come previsto dall’art. 3 della legge n. 241, è obbligatoria per tutti i provvedimenti, esclusi solo gli atti a contenuto generale e quelli normativi, ragione per cui la sua mancanza vizia l’atto per violazione di legge. Ha funzione garantistica, in quanto consente il sindacato puntuale del giudice e anche interpretativa dell’atto; serve, inoltre, a garantire il controllo degli interessati, e, in generale, concorre ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa.
La motivazione non solo deve esserci, ma deve essere anche coerente, logica e non contraddittoria, e, soprattutto, proporzionata all’ampiezza, sotto il profilo della discrezionalità, del potere decisionale esercitato dall’amministrazione. Deve avere, quindi, un contenuto minimo, sufficiente ad evidenziare le ragioni che legittimano la decisione ed idoneo ad esplicitare l’iter logico seguito per arrivare alla conclusione in relazione alle risultanze istruttorie. In caso contrario, il provvedimento è censurabile per il vizio di eccesso di potere.
E’ opportuno ricordare che la motivazione, dopo la novella dell’art. 15 della legge n. 241 ad opera dell’art. 1, comma 47, della legge n. 190 del 2012 (normativa anticorruzione), è richiesta espressamente anche negli accordi integrativi e sostitutivi dei provvedimenti.
I moduli dedicati – Il passaggio più interessante della sentenza annotata è quello relativo alla valenza del modulo dedicato, predisposto dalla stessa amministrazione, non utilizzato dall’istante per produrre la sua richiesta. Il modulo è solo un ausilio offerto al privato, come sostiene la sentenza? La sacralità del modulo è imputabile solo alla burocrazia che non riesce a staccarsi da valori formali, come annotano alcuni commentatori[1]? La risposta non può essere tranciante (si o no), in quanto la normativa fa dei distinguo, da cui non si può prescindere per una risposta esauriente.
E’ noto che l’art. 57 del Codice dell’amministrazione digitale disponeva che le pubbliche amministrazioni dovevano definire e rendere disponibili anche per via telematica l’elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti, i moduli e i formulari validi ad ogni effetto di legge. Stabiliva inoltre che non potevano essere richiesti solo i moduli o i formulari non pubblicati sul sito istituzionale dell’ente. Per quelli pubblicati, quindi, l’amministrazione poteva pretenderne l’uso da parte dei privati.
E’ pure noto che la suddetta disposizione, dal 20 aprile 2013, è stata espunta dal nostro ordinamento ad opera del testo unico sulla trasparenza e sugli obblighi di pubblicità delle amministrazioni (art. 53, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 33 del 2013).
L’abrogazione è stata disposta solo perché lo stesso decreto n. 33, all’art. 35, ha riscritto la disposizione dell’art. 57 del CAD, prevedendo che le pubbliche amministrazioni:
- sono tenute a pubblicare i dati relativi alle tipologie di procedimento di propria competenza, con alcune specifiche informazioni;
- non possono richiedere l’uso di moduli e formulari che non siano stati pubblicati nei loro siti all’apposita sezione e sotto-sezione.
Ha ribadito, come prevedeva la disposizione abrogata, che, in caso di omessa pubblicazione, i relativi procedimenti possono essere avviati anche in assenza dei suddetti moduli o formulari e che l’amministrazione non può respingere l’istanza adducendo il mancato utilizzo dei moduli o formulari predisposti.
L’art. 35 del decreto 33 in esame ha aggiunto, però, e qui sta l’elemento di novità, che, se i moduli sono stati pubblicati, l’amministrazione può pretendere che l’interessato integri la documentazione in un termine congruo.
Detto diversamente, se l’amministrazione ha pubblicato nel proprio sito i moduli e i formulari da utilizzare per un determinato procedimento e l’istante non li utilizza, scatta il cosiddetto «soccorso istruttorio»: l’amministrazione non può respingere l’istanza, ma deve invitare l’interessato a regolarizzare la documentazione in un congruo termine. Con la conseguenza, si aggiunge, che se l’interessato non provvede nel termine assegnatogli, il procedimento potrà essere archiviato per improcedibilità.
In questo caso, la funzione del modulo pubblicato nel sito dell’amministrazione non è solo quella di ausilio offerto ai privati ma è condizione di ammissibilità o procedibilità della procedura, anche se solo all’esito negativo della fase del soccorso istruttorio.
Esiste anche una ragione sostanziale, per spingere, da un lato, le amministrazione a predisporre e pubblicare nei loro siti i formulari e i moduli dei procedimenti di competenza e, dall’altro, i privati ad utilizzarli: la standardizzazione dei procedimenti, anche con la predisposizione di moduli e formulari, utile ai fini della snellezza, dell’accelerazione e della trasparenza delle procedura, è presupposto indispensabile per l’informatizzazione del flusso procedimentale. In questi casi, il modulo dedicato non può essere qualificato come mero ausilio offerto ai privati, ma deve essere elevato a condizione di procedibilità.
Accesso ad atti trasmessi alla Procura – Ineccepibile la sentenza dei giudici toscani sul punto in cui ritiene illegittimo il diniego motivato con riferimento all’avvenuta trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica.
La giurisprudenza, infatti, è dell’avviso che la mera trasmissione degli atti oggetto della domanda di accesso al giudice penale, ma non acquisiti da quest’ultimo a seguito di un provvedimento di sequestro, è circostanza inidonea ad ingenerare in capo all’Amministrazione uno specifico obbligo di segretezza e, di riflesso, ad escludere o limitare la facoltà per i soggetti interessati di averli in visione (TAR Bari, sez. 1^, 4954 del 2002), e che la mera inerenza degli atti richiesti in visione ad indagini di polizia, funzionali ad un procedimento sanzionatorio a carattere amministrativo, non vale a sottrarre la relativa documentazione al diritto di accesso (Cons. Stato IV Sez. 28 ottobre 1996 n.1170; 20 maggio 1996 n.665; 4 aprile 1998 n.5489). E ancora, più nello specifico, che il soggetto denunciato all’Autorità giudiziaria per aver realizzato una costruzione edilizia senza la prescritta concessione ha diritto di prendere visione dei verbali redatti dai vigili urbani in occasione del sopralluogo che ha dato origine alla denuncia (T.A.R. Reggio Calabria 13 settembre 1995 n.730).
[1] “Il valore sacro del modulo per la burocrazia”, in Lexitalia.it, n.7/2015.