Il Consiglio di Stato ha reso parere favorevole con osservazioni allo schema di decreto legislativo di riforma del pubblico impiego.
Consiglio di Stato, commissione speciale, 21 aprile 2017, n. 916, Pres. ed Est. L. Carbone
Il parere si accompagna a quelli, resi nei giorni precedenti, sui decreti correttivi in materia di licenziamento disciplinare (n. 891 del 18 aprile 2017), e sulla dirigenza sanitaria (n. 898 del 19 aprile 2017), e a quello in materia di valutazione delle performance.
Il Consiglio di Stato apprezza, innanzitutto, “la particolare attenzione … nel perseguire i fondamentali obiettivi della riforma”, “finalizzati alla creazione di un apparato professionale qualificato ed adeguato, regolato dal merito e orientato al servizio, capace di interagire fattivamente con le esigenze dell’utenza, secondo una logica operativa di progressiva sostituzione dell’ ‘l’amministrazione per atti’ con ‘l’amministrazione di risultato’, dell’esercizio di un potere con l’erogazione di un servizio.”. La riforma – secondo il parere – considera “l’utenza … come l’effettivo destinatario di ogni cambiamento e come titolare principale di un potere di controllo diffuso sul funzionamento della pubblica amministrazione”.
Tra i rilievi di ordine generale, il Consiglio di Stato segnala:
- la mancata attuazione di alcune parti della delega: ad esempio, in materia di prove concorsuali che privilegino i casi pratici, o di soppressione del voto minimo di laurea, o di svolgimento dei concorsi;
- la criticità del ricorso a “linee guida ministeriali”, sia per l’uso di un termine che potrebbe creare confusione con la materia di contratti pubblici (meglio parlare di “linee di indirizzo”), sia per la necessità di chiarire la loro natura giuridica (che non può essere normativa, ma solo amministrativa), sia per il possibile rischio che tali linee introducano direttamente una parte della disciplina delegata, al di fuori del controllo del Parlamento;
- l’esigenza di una ulteriore valorizzazione del titolo di dottore di ricerca;
- la necessità di un maggiore raccordo con le recenti riforme del lavoro privato;
- l’importanza di un adeguato monitoraggio sul funzionamento della riforma;
- la rilevanza di un, limitato, investimento (o re-investimento) finanziario, se non altro per la eventuale riconversione degli apparati burocratici o per il loro riassetto organizzativo per il raggiungimento dei nuovi obiettivi.
Sulla disciplina delle fonti e sui rapporti tra la legge e la contrattazione collettiva, il parere ritiene che lo schema si ponga in un’ottica di riordino normativo e sembri trovare, in tal senso, un fondamento nella delega. Raccomanda, però, di vigilare sul rispetto, nella pratica, dei confini tra legislazione e contrattazione, per evitare limitazioni di fatto dell’autonomia collettiva e reintroduzione di meccanismi di regolazione autoritativa.
Il superamento della tradizionale determinazione del fabbisogno delle amministrazioni ancorata alla dotazione organica e l’introduzione di un piano del fabbisogno effettivo del personale costituisce, per il Consiglio di Stato, “un punto fondamentale del disegno riformatore”. Ci si muove “nel senso di un’autorizzazione alla spesa (c.d. budget per le assunzioni) per ogni singola amministrazione, che lascia libera, poi, quest’ultima nel se e nel come assumere, scegliendo i profili professionali più rispondenti alle sue esigenze e fondati sull’effettivo fabbisogno”. Da un lato, il parere raccomanda un attento monitoraggio al Dipartimento per la funzione pubblica, cruciale per il buon funzionamento del nuovo meccanismo, dall’altro rileva come il piano del fabbisogno del personale assume “anche un ruolo, potenzialmente molto propulsivo, di modernizzazione”, poiché costituisce uno strumento di conoscenza delle nuove esigenze professionali e – se ben monitorato e utilizzato – può “consentire anche la tempestiva individuazione delle ‘professioni del futuro’ ”.
Viene ugualmente apprezzata la previsione dell’utilizzo delle “Linee di indirizzo per la pianificazione dei bisogni del personale”, finalizzate ad orientare le amministrazioni nella predisposizione dei rispettivi piani, nonché sui poteri di vigilanza e di adeguamento ex post del Dipartimento della funzione pubblica. Il Consiglio di Stato fornisce indicazioni su quali dovrebbero essere alcuni specifici contenuti di tali linee di indirizzo, così come chiede al Governo di chiarire meglio l’ambito di intervento ex post, specie in caso di rapporti di lavoro già instaurati e di impiego regionale e locale.
Tra gli interventi in materia di concorsi pubblici, il parere rileva che:
– la prevalenza accordata alla lingua inglese “appare ragionevole e opportuna”;
– appare invece eccessivamente timida l’attuazione al principio di delega sulla valorizzazione del titolo di dottore di ricerca;
– è necessaria una “incisiva semplificazione in tema di verifica dei titoli di partecipazione dei candidati”, che dovrebbe essere compiuta dopo lo svolgimento delle prove scritte, soltanto nei confronti di coloro che abbiano effettivamente partecipato a tutte le prove scritte, consegnando i relativi elaborati.
Lo schema di decreto legislativo introduce restrizioni al ricorso al cd. lavoro flessibile. Il Consiglio di Stato, dopo avere evidenziato la problematicità di una disciplina ancora disorganica e oggetto di continui interventi da parte del giudice comunitario, ritiene utile:
- l’introduzione di eventuali misure “sanzionatorie effettive, proporzionate e dissuasive” a fronte di un illegittimo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato che, surrettiziamente, mascherino un rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
- la previsione espressa che, in caso di ricorso illegittimo al lavoro flessibile, al lavoratore è dovuto comunque il risarcimento di cui all’art. 28, comma 2, del d. lgs. n. 81 del 2015.
Quanto alla stabilizzazione del personale precario, il parere:
- rileva che la previsione di assunzioni dirette “costituisce una rilevante eccezione al principio del concorso pubblico di cui all’art. 97 Cost.”;
- conviene, tuttavia, sulla “eccezionale possibilità” di ricorrere a tale deroga in casi, come quello in esame, in cui si introduce una disciplina più restrittiva per il futuro ma ci si deve anche far “carico della posizione di quanti, per anni e magari per decenni, hanno prestato attività lavorativa in favore della pubblica amministrazione con contratti di lavoro flessibile”;
- raccomanda un attento monitoraggio “al fine di evitare che la norma finalizzata all’eliminazione del precariato si trasformi in una surrettizia – e inammissibile – sanatoria generale”;
- ritiene comunque preferibile lo strumento delle procedure concorsuali riservate rispetto a un’immissione “affidata al mero fatto di aver svolto dei compiti in favore dell’amministrazione”.
Sulle misure di sostegno alla disabilità, il parere raccomanda l’esigenza di un maggiore raccordo con le funzioni dell’INAIL e si sofferma sulla nuova, rilevante figura del responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità.
Articolati rilievi sono formulati dal Consiglio di Stato in relazione alle modifiche in tema di responsabilità disciplinare:
– pur se si ritiene apprezzabile lo sforzo di introdurre una “norma di chiusura” quale l’illecito disciplinare per i dipendenti che non attivino efficacemente il procedimento disciplinare, si rileva l’eccessivo automatismo di un meccanismo che dovrebbe, invece, essere più flessibile;
– si esprime una valutazione sostanzialmente favorevole sulle modifiche di forme e termini del procedimento disciplinare e sulla previsione dell’estinzione del procedimento disciplinare in caso di estinzione del rapporto di lavoro;
– si argomenta la forte criticità dell’integrale eliminazione della perentorietà dei termini del procedimento disciplinare e della cd. “dequotazione dei vizi formali”, suggerendo di reintrodurre almeno la perentorietà dei due termini di inizio e fine del procedimento disciplinare, oltre che l’ampliamento del termine iniziale e l’introduzione di possibili correttivi all’inerzia e a eventuali tecniche dilatorie;
– è parimenti critica la integrale riapertura del procedimento disciplinare a seguito di annullamento giudiziale della sanzione disciplinare per violazione del principio di proporzionalità: si suggerisce di conservare gli esiti processuali dell’accertamento dell’illecito e di demandare direttamente al giudice la fissazione della nuova misura della sanzione, senza dover ripetere l’intero procedimento;
– si suggerisce di riformulare la disposizione relativa alla riattivazione del procedimento disciplinare sospeso per pendenza del procedimento penale chiarendo espressamente che, in sede disciplinare, non può derivare alcun effetto automatico in relazione a provvedimenti giurisdizionali non definitivi e che è, invece, consentita l’autonoma valutazione dei nuovi elementi di fatto emersi anche in provvedimenti di natura giurisdizionale, ancorché non definitivi;
– si raccomanda di puntualizzare e precisare le fattispecie di illeciti che conducono al licenziamento disciplinare e che sembrano maggiormente generiche;
– si esprime favore sulle novità in tema di visite fiscali.
Infine, il parere si esprime favorevolmente alla previsione della tutela reale del pubblico dipendente in caso di illegittimo licenziamento. I dubbi sulla insussistenza di un criterio di delega in proposito appaiono superabili, per il Consiglio di Stato, poiché il decreto si limita a consolidare uno degli orientamenti giurisprudenziali già affermatisi a diritto vigente, e attua quindi il principio generale di “risoluzione delle antinomie”.