Con ordinanza 29 marzo 2020, il Capo Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avvalendosi dei poteri straordinari a esso riconosciuti dal Codice della protezione civile, ha disposto la costituzione e il pagamento dell’importo di €400.000.000,00 in favore dei Comuni, per fronteggiare la situazione economica creatasi in conseguenza dell’emergenza COVID-19, prevedendo l’istituzione di un fondo di solidarietà alimentare affidato alla gestione diretta dei Comuni (Sull’argomento, in questo sito).
Criteri di ripartizione. L’esatta quantificazione delle risorse spettanti a ciascun Comune, è stata indicata nell’allegato 1. della suddetta Ordinanza, la quale ne illustra i criteri di determinazione complessiva sulla base dell’utilizzo dei seguenti parametri:
- l’80% in misura direttamente proporzionale alla popolazione residente di ciascun comune (circa 5,30 € per ogni cittadino)[1];
- il 20% in base alla distanza tra il valore, rilevato per l’anno di imposta 2018, del reddito pro capite di ciascun comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione.
Per i soli comuni[2] interessati dalle prime misure urgenti di contenimento del contagio [3], la quota complessiva è stata raddoppiata, recuperando le risorse a tal fine necessarie, con una decurtazione sulla quota a) di competenza dei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.
Spese ammissibili. Le somme assegnate a ciascun ente, dovranno essere destinate per l’acquisizione delle seguenti tipologie di spesa corrente, tassativamente indicate in:
- buoni spesa utilizzati per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale;
- generi alimentari o prodotti di prima necessità.
Beneficiari finali. I beneficiari finali dell’aiuto governativo, dovranno essere individuati dai Servizi sociali di ciascun Comune, tra i “nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico”.
Raccolta fondi. L’Ordinanza di protezione civile, ha, poi, concesso ai Comuni di incrementare la dotazione finanziaria di loro spettanza, attraverso una raccolta di fondi da alimentarsi con le donazioni da parte di terzi soggetti. A tale scopo, è stata autorizzata l’apertura di apposito conto corrente, ove fa confluire le donazioni, riconoscendo al donante, se persona fisica una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro, mentre per le imprese la loro deducibilità dal reddito di impresa. Si tratta comunque, di una prerogativa già riconosciuta dall’art. 99 del D.L. arzo 2020, n. 18. Dal combinato disposto dei due provvedimenti, emerge che i Comuni dovranno comunque garantire la tenuta di una apposita contabilità da rendicontare separatamente, assicurandone la completa tracciabilità della movimentazione finanziaria. Al termine dello stato di emergenza nazionale da COVID-19, tale separata rendicontazione dovrà essere pubblicata da ciascuna pubblica amministrazione beneficiaria sul proprio sito internet o, in assenza, su altro idoneo sito internet, al fine di garantire la trasparenza della fonte e dell’impiego delle suddette liberalità”.
Strumenti operativi. Oltre alla gestione diretta a cura dei propri Uffici, i Comuni potranno affidare l’acquisto e la distribuzione dei beni, a enti del Terzo Settore, mentre per l’individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni, potranno coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare a valere sulle risorse del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). In quest’ultimo caso è previsto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali renda disponibile l’elenco delle organizzazioni partner del citato Programma operativo.
Deroghe. L’ordinanza, infine, contiene tre deroghe, di cui una attiene alle restrizioni sugli spostamenti delle persone, consentendo la circolazione del personale degli enti del terzo settore e quella dei volontari coinvolti nella distribuzione alimentare, le altre due, interferiscono, invece, sulle disposizioni contenute nel Codice dei Contratti[4] e nel Testo Unico degli Enti Locali[5] come integrato dai principi di contabili generali e applicati di cui al d.lgs. 118/2011[6] per gli Enti locali, prevedendo:
- la deroga al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50;
- l’autorizzazione a effettuare una variazione di bilancio con delibera di Giunta per gli Enti in esercizio provvisorio, al fine, si sostiene in ordinanza, di consentire l’utilizzo delle risorse assegnate.
Conclusioni. Lo sforzo governativo, ancora una volta, merita un apprezzamento e rappresenta un ulteriore passo per soddisfare le esigenze sorte a seguito della straordinaria emergenza sanitaria in atto. Tuttavia, l’ordinanza emessa, cosi come articolata, suscita alcune riflessioni anche per i dubbi di carattere interpretativo che essa pone.
Una prima perplessità, attiene alla efficacia della deroga introdotta ai principi di contabilità, laddove viene consentita una variazione di bilancio, in esercizio provvisorio, con atto di Giunta. Al riguardo, si fa rilevare che, durante l’esercizio provvisorio, l’unica variazione rientrante nella competenza del Consiglio comunale, suscettibile di un intervento derogatorio a favore della Giunta, è individuata nella fattispecie dell’istituzione di capitoli di entrata con stanziamento zero nell’ambito di tipologie senza stanziamento (cfr. punto 8.13 principio competenza finanziaria), ovvero per la parte spesa per le variazioni compensative tra dotazioni di missioni e programmi, che richiede, invece, un bilancio approvato. Peraltro, in assenza dell’approvazione del bilancio da parte dell’organo consiliare, va ricordato che la gestione finanziaria dell’esercizio debba, comunque, svolgersi nel rispetto dei limiti fissati dall’articolo 163 del Tuel. Tale regolamentazione prevede, in particolare, per la parte spesa, di poter derogare al limite degli impegni per dodicesimi nei soli di spese tassativamente regolate dalla legge, per quelle non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi e per quelle a carattere continuativo necessarie per garantire il mantenimento del livello qualitativo e quantitativo dei servizi esistenti, impegnate a seguito della scadenza dei relativi contratti. Trattasi di eccezioni, che sotto il profilo lessicale e con interpretazione restrittiva della norma, pongono i responsabili degli ufficio finanziari di fronte a una oggettiva difficoltà operativa, pur con l’atteggiamento di massima “flessibilità” che il momento potrebbe richiedere.
L’ordinanza – che esclude l’erogazione di contributi – pone, poi, delle limitazioni sulla tipologia degli acquisti ammissibili, che parrebbero estendersi anche all’ipotesi delle donazioni raccolte con l’apertura di apposito conto corrente, limitando, in tal modo, l’autonomia di spesa delle risorse di fonte non governativa e ponendosi in contrasto con i principi civilistici che sottendono all’istituto della donazione, ove assume, invece, rilevanza la manifestazione di volontà e lo spirito di liberalità del donante.
Lo stato di emergenza in atto, tra l’altro, ha indotto diversi Comuni a rinforzare il servizio di assistenza socio economico a supporto delle famiglie in stato di disagio economico, attraverso l’attivazione di forme di assistenza differenti dall’acquisto di buoni spesa o di generi e prodotti di prima necessità, prevedendo ogni strumento di sostegno e aiuto utile alle famiglie, tra cui il pagamento di canoni di locazione e/o di utenze di servizi essenziali.
Perplessità, nascono anche in merito all’obbligo di dover acquistare i beni necessari presso esercizi commerciali indicati nel proprio sito istituzionale, in quanto tale adempimento, per le modalità sancite, andrebbe appositamente disciplinato, salvo ricondurlo alla normativa sull’albo dei fornitori. Tutto ciò, pur avendo l’ordinanza previsto una esplicita deroga alle norme sancite dal codice dei contratti.
Appare in contrasto con l’autonomia organizzativa dell’Ente e ridondante con la realtà operativa, anche l’ulteriore disposizione con la quale vengono esplicitamente individuati i servizi sociali, quali soggetti deputati alla gestione delle risorse di valenza sociale, che per la loro natura rientrano nel P.E.G. di tale servizio ma che potrebbero concretizzarsi in un mero trasferimento di risorse con all’affidamento a enti del terzo settore. Atto quest’ultimo non necessariamente di competenza dei servizi sociali. E’ alquanto chiaro lo spirito dell’intervento disposto con l’ordinanza, con l’obiettivo di fornire un aiuto alle nuove realtà di disagio sorte a seguito del COVID-19 e l’esigenza di una gestione razionale delle risorse, ma va sottolineato che tali problematiche rientrano ormai nella logica di buona amministrazione dei servizi sociali comunali, che ne rispondono talvolta anche personalmente e con profili di responsabilità non solo amministrativi.
Da ultimo, si soggiunge che anche con la recente Ordinanza, non appare sia stata ancora raccolta l’esigenza di una effettiva semplificazione delle procedure e dei procedimento e di una maggiore flessibilità per gli operatori dei Comuni, i quali, dovranno “attendere” un ulteriore passaggio legislativo per riallineare gli obiettivi dell’ordinanza con l’esigenza di garantire ai Comuni un’operatività maggiormente snella, in un contesto normativo più agile che non sia fonte, poi, di ulteriori verifiche interpretative e o potenziali differenti valutazioni.
Oscar Gibillini – Dottore Commercialista – Revisore contabile
[2] Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vo’.
[6] D. L.gs. 23 giugno 2011, n. 118 coordinato con il decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e la L 23 dicembre 2014, n. 190.