Non è fondata la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 11 della legge della Regione autonoma Trentino – Alto Adige, 9 dicembre 2014, n. 11, sui diritti di rogito ai segretari comunali.

Corte costituzionale, sentennza 23 febbraio – 7 aprile 2016, n. 75, Presidente CARTABIA – Redattore AMATO

L’art. 11 della legge della Regione Autonoma Trentino – Alto Adige, n. 11/2014  prevede, all’art. 11, che una quota del 75% dei diritti di segreteria spettanti al Comune sia attribuita ai segretari roganti, anche con qualifica dirigenziale, fino alla concorrenza del quinto dello stipendio.

L’Avvocatura dello Stato, dell’avviso che la norma regionale violi l’art. 10, c 2-bis del d.l. n. 90/2014, che esclude queste categorie di segretari dall’emolumento di cui trattasi, “determinando un depauperamento delle risorse comunali“, si rivolge alla Consulta. Il Giudice delle leggi dà ragione alla Regione.

La Corte costituzionale, in particolare, rigetta la prima eccezione sollevata dall’Avvocatura, secondo cui la Regione avrebbe ecceduto dalla propria competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 4, numero 3, dello statuto), ledendo un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto  la Regione “non grava sul bilancio dello Stato per il finanziamento della spesa dei propri Comuni, poiché nel territorio regionale la finanza locale è a carico delle Province“. E  aggiunge che  non esiste neppure il problema lamentato di aggravio di spese per i comuni di quella Regione:  l’applicazione della normativa statale (art. 10, c. 2-bis, d.l. 90)  nell’ordinamento regionale importerebbe addirittura per le finanze locali un onere maggiore di quello derivante dalla norma regionale impugnata. Ciò, in quanto, mentre la norma regionale è estesa anche ai comuni con segretari dirigenti ma nella misura del 75% del diritto di rogito, la norma statale si applicherebbe ai comuni senza dirigenti, ma attribuendo loro l’intero importo dei diritto di cui trattasi.

Del pari non fondata è, per il Giudice delle leggi, la seconda censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che deriverebbe dall’essere incentivati i segretari a stipulare gli atti in forma pubblica anche per valori modesti, “perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale, senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva“.


A margine

Com’è noto,  per la Sezione Autonomie della  Corte dei conti (deliberaz. n.21/2015), l’art. 10, c. 2-bis, del d.l. n. 90 deve essere interpretato nel senso che l’emolumento spetta solo ai segretari dei piccoli comuni inquadrati in fascia C  e non a quelli che godono di equiparazione alla dirigenza, sia perchè di fascia A e B sia per effetto del gallegiamento in ipotesi di enti locali privi di dirigenti.

La colpa della confusione è da addebitare all’infelice formulazione dell’art. 10, c. 2-bis, che si presta a due interpretazioni  (“ Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, e’ attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”).  La prima conforme a quella del giudice contabile, l’altra che vorrebbe l’estensione dell’emolumento nei comuni privi di dirigenti a prescindere dalla fascia professionale di appartenenza del segretario.

Non si è dell’avviso che dalla sentenza della Consulta possano ricavarsi spunti utili per sostenere interpretazioni diverse da quelle propuhìgante dalla Sezione autonomie .


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