IN POCHE PAROLE…

In mancanza della carta dei servizi non è consentita la class action pubblica


Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 26.8.2022, n. 7493 Pres. Saltelli, Est. Fasano


Solo a seguito della precisa qualificazione di livelli qualitativi ed economici tramite la carta dei servizi è consentito azionare la class action pubblica volta al ripristino della corretta erogazione del servizio.

La destinazione pubblica del servizio non è un elemento sufficiente a definire i livelli qualitativi richiesti, atteso che l’azione collettiva non attribuisce la possibilità di agire in via generale avverso forme di inefficienza, ma necessita che i criteri di qualità siano chiaramente stabiliti dalle amministrazioni.


A margine

Il caso – In seguito all’esame di documenti riguardanti il numero e la dislocazione di impianti pubblicitari presenti in stazione, dei contratti di locazione a terzi nonché dei locali destinati e attrezzati per la sosta degli utenti del servizio ferroviario presso la medesima stazione, alcune associazioni di pendolari ferroviari propongono ricorso al Tar i sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 198/2009 (c.d. class action pubblica), contro la società Grandi Stazioni Retail S.p.a. affermando l’assenza di un equo rapporto di proporzionalità fra spazi pubblici destinati al servizio ferroviario e spazi pubblici concessi per usi differenti dal primo (in particolare gli spazi pubblicitari), a danno dei viaggiatori e degli interessi di carattere generale.

Il Tar Milano, con sentenza n. 956 del 2019,  respinge il ricorso in ragione dell’assenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della class action, non avendo le ricorrenti fornito alcuna indicazione specifica sugli standard qualitativi violati, facendo riferimento a generici livelli di qualità derivanti dalla destinazione pubblica del servizio, e nemmeno chiarito quali erano le disposizioni dell’Autorità preposta alla regolazione ed al controllo del settore contenti gli standard asseritamente violati dal gestore.

Le associazioni si appellano pertanto al Consiglio di Stato.

La sentenza

Il Consiglio di Stato ritiene il ricorso infondato affermando che la class action pubblica, esperibile ai sensi dell’art. 1 del d.lgs.198 del 2009 per violazione degli standard qualitativi dei servizi pubblici, presuppone la presenza di una definizione dei livelli qualitativi ed economici, che non siano semplicemente desumibili dalla natura e destinazione dei beni di cui si tratta, ma più, specificamente, “stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore” (nel caso di specie dall’Autorità di regolazione dei trasporti).

La definizione degli standard qualitativiLa destinazione pubblica del servizio non è un elemento sufficiente a definire i livelli qualitativi richiesti, atteso che l’azione collettiva non attribuisce la possibilità di agire in via generale avverso forme di inefficienza, ma necessita che i criteri di qualità siano chiaramente stabiliti dalle amministrazioni.

In difetto di una chiara indicazione degli standard qualitativi circa l’utilizzo degli spazi della Stazione, non è consentito individuare la violazione denunciata, atteso che non emerge dai fatti di causa che sussistano delle specifiche disposizioni dell’Autorità proposta alla regolazione ed al controllo.

L’invocata tutela dovrebbe essere, pertanto, attivata a monte, sollecitando il concessionario e/o il gestore alla redazione di Carte di servizi o alla emanazione di disposizioni, che definiscano per gli utenti della stazione i livelli qualitativi dei servizi, atteso che è fatto obbligo alle amministrazioni e ai concessionari di definire i parametri qualitativi nell’erogazione dei servizi pubblici, al fine di assicurare ai viaggiatori, utenti dei servizi ferroviari, il diritto al rispetto e all’osservanza degli standard fissati.

Solo a seguito della precisa qualificazione dei livelli qualitativi ed economici è consentito azionare l’azione collettiva pubblica, con la funzione di accertamento (con finalità propulsive) rispetto alla mancata adozione di atti specificamente indicati nell’art. 1 del d.lgs. n. 198 citato.

Il suddetto decreto. consente, infatti, la proponibilità dell’azione per “la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un provvedimento”.

 

 


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