IN POCHE PAROLE….
E’ legittimo il diniego di accesso alla documentazione propedeutica ad un servizio giornalistico, che conterrebbe informazioni false ed errate in relazione alla tutela dell’onore dell’istante se nell’istanza non è spiegato quale nesso di strumentalità sussista tra l’accesso ai documenti preparatori e la lesione dell’onore paventato dall’istante.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 11 aprile 2022, n. 2655 – Pres. Volpe, Est. Tarantino
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 33 del 2013, per violazione degli artt. 3, 97 e 117 Cost. che, nel tracciare l’ambito soggettivo di applicazione del diritto di accesso civico, dettando regimi differenziati in ragione delle particolari caratteristiche strutturali che connotano le diverse persone giuridiche, sottrae all’accesso civico le società in controllo pubblico quotate, quale è la Rai.
A margine
Un soggetto chiede alla RAI l’accesso civico e documentale alle richieste informative rivolte in via scritta dalla redazione di un programma televisivo ad enti di natura pubblica in merito all’eventuale conferimento di incarichi ovvero consulenze in suo favore, unitamente ai riscontri forniti dai suddetti enti, in quanto rientranti nel novero dei documenti e degli atti formati ovvero detenuti da una pubblica amministrazione o da un privato gestore di un pubblico servizio.
In seguito al diniego disposto dalla RAI, il Tar Lazio, Sez. Terza, con sentenza n. 7333/2021 respinge la domanda sotto il versante del cd. accesso civico, ritenendo l’ente RAI escluso sul piano soggettivo dall’ambito operativo dell’istituto giuridico in questione, in forza della natura di società quotata, ammettendo, invece, l’accesso documentale.
La RAI si appella dunque al Consiglio di Stato evidenziando che, nel caso di accesso difensivo, l’istante sarebbe tenuto ad un onere probatorio più rigoroso in termini di dimostrazione del nesso di strumentalità tra documento ed esigenze di tutela giurisdizionale. Nella fattispecie, invece, sia con riferimento a un’eventuale azione risarcitoria, ex art. 2043 cod. civ., sia per quanto attiene a eventuali risvolti penali della vicenda, la documentazione inerente all’attività giornalistica preparatoria del servizio sarebbe da ritenersi priva d’ogni autonoma rilevanza in quanto, sia in sede civile, che in sede penale, l’eventuale illecito coinciderebbe con la messa in onda del servizio.
Diversamente, il materiale preparatorio del servizio non concretizzerebbe alcuna distinta forma di diffusione dei contenuti né potrebbe ritenersi fonte autonoma di pregiudizio e sarebbe, dunque, privo di ogni collegamento funzionale con l’interesse dedotto nell’istanza.
Il Consiglio nazionale dei giornalisti, costituito in giudizio, richiama l’attitudine lesiva, da parte della sentenza di prime cure, del segreto professionale dei giornalisti, quale garanzia specifica riconosciuta ai fini del diritto di cronaca e della libertà di informazione.
L’originario ricorrente afferma invece l’erroneità della la pronuncia di prime cure laddove ha escluso la RAI dal novero dei soggetti destinatari della disciplina sull’accesso civico, in quanto società quotata invitando il Collegio a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis, co. 2, lett. b), D.Lgs. n. 33/2013, per violazione degli artt. 3, 97 e 117 cost.
La sentenza
Il giudice accoglie l’appello della RAI ricordando le direttrici fondamentali individuate dalla giurisprudenza in termini di accesso difensivo, in particolare con la sentenza n. 4 del 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che presuppongono:
a) la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici;
b) la verifica della sussistenza di un interesse legittimante, dotato delle caratteristiche della immediatezza, della concretezza e dell’attualità che impongono al richiedente di motivare la propria richiesta di accesso, rappresentando in modo puntuale e specifico gli elementi che consentano all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessario tra la documentazione richiesta con la situazione “finale” controversa. Secondo l’Adunanza Plenaria non è sufficiente il generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando.
Nella fattispecie in esame, se è evidente il nesso di strumentalità tra l’accesso e il servizio giornalistico, che conterrebbe informazioni false ed errate in relazione alla tutela dell’onore dell’istante e del suo studio, non si spiega quale nesso di strumentalità sussista tra l’accesso ai documenti preparatori e la lesione dell’onore paventato dall’istante, considerato che si tratta di documentazione, che non è stata diffusa all’esterno. Specificazione che è, quindi, necessaria e che manca del tutto nel caso in esame, anche se non deve spingersi nel senso di offrire elementi per un’indagine da parte dell’amministrazione o del giudice sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale. Non si chiede all’istante una probatio diabolica in termini di utilità, ma una prospettazione delle ragioni che rendono la documentazione oggetto dell’accesso necessaria a tutela della posizione giuridica tutelanda.
Quanto alla presunta violazione dell’art. 3 della Costituzione, si osserva che non sussiste il denunciato vizio di disparità di trattamento e irragionevolezza, dal momento che il regime giuridico in comparazione è differente in ragione del fatto che la limitazione soggettiva riguarda le società in controllo pubblico che hanno emesso strumenti quotati e che non si è in presenza di una previsione irragionevole, poiché il legislatore ha necessariamente dovuto prendere in considerazione gli ulteriori interessi di tutela del mercato. Del pari non si ravvisa una contrarietà con il principio di buon andamento ex art. 97 Cost., atteso che le società quotate soggiacciono a specifici obblighi informativi anche ai sensi del d.lgs. n. 58 del 1998.
Infine, non si ravvisa una plausibile violazione dell’art. 117 Cost., sicché la stessa risulta manifestamente infondata, ed, infatti, lo Statuto della RAI espressamente prevede all’art. 32 che: “Il consiglio di amministrazione costituisce un organismo, monocratico o collegiale, cui è affidato il compito di attendere al controllo del funzionamento e dell’osservanza dei modelli organizzativi e di gestione adottati per la prevenzione dei reati di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, nonché il compito di curarne l’aggiornamento. Tale organismo è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo per l’esercizio delle proprie funzioni e riferisce all’organo di amministrazione o ad un apposito comitato eventualmente costituito all’interno dell’organo di amministrazione”.