E’ parzialmente fondata la questione di legittimità relativa all’obbligo imposto a tutti i titolari di incarichi dirigenziali, senza alcuna distinzione fra di essi, di pubblicare le dichiarazioni e le attestazioni di cui alla lettera f) del comma 1 dell’art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013.

Risultano non fondate (o inammissibili) le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all’obbligo imposto a ciascun titolare di incarico dirigenziale di pubblicare i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, nonché gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici.

Corte costituzionale, sentenza 23 gennaio – 21 febbraio 2019, n. 20Pres. LATTANZI – Red. ZANON

A margine

Il fatto. La questione verte sulla legittimità costituzionale o meno dell’art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del D.Lgs 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dall’art. 13, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, promossa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima quater, con ordinanza n.09828 del 19 settembre 2017.

In attesa della definizione della questione di legittimità, l’ANAC aveva deciso di sospendere, a seguito dell’ordinanza cautelare del TAR Lazio n. 01030/2017, le proprie determinazioni in merito agli obblighi di pubblicazione delle informazioni sugli emolumenti dei dirigenti, e dei loro redditi e patrimoni, ivi compresi, dopo la sentenza n. del Tar Lazio, sez. I-quater, n. 84/2018,  i dati  sull’importo complessivo degli emolumenti percepiti da ciascun grands commis a carico della finanza pubblica ( cfr i diversi comunicati del Presidente dell’ANAC, di cui abbiamo dato notizia in questa Rivista del 13 -04-2017: “Trasparenza: stop provvisorio alla pubblicazione dei compensi e dei redditi dei dirigenti pubblici” e del 18-03-2018   “Trasparenza: in stand by anche i dati sugli emolumenti percepiti dai dirigenti“)

Tutte le suddette informazioni, pertanto, erano state rimosse dai siti delle pubbliche amministrazioni.

La sentenza – La Corte, con la sentenza deposita lo scorso 21 febbraio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del D.Lgs.  n. 33/2013,  nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare i dati reddituali e patrimoniali  per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali  di vertice (segretari generali,  dirigenti di strutture complesse e dirigenti di livello generale, di cui all’art. 19, commi 2 e 3, del D.Lgs 165/2001 sul pubblico impiego). La disposizione censurata viola  l’art. 3 Cost.,  sotto il profilo della ragionevolezza intrinseca e impone, tenendo conto della platea vastissima dei destinatari, un onere di pubblicazione sproporzionato rispetto alla finalità principale perseguita di contrasto alla corruzione nell’ambito della pubblica amministrazione, finendo per risultare in contrasto con il principio per cui, «nelle operazioni di bilanciamento, non può esservi un decremento di tutela di un diritto fondamentale se ad esso non fa riscontro un corrispondente incremento di tutela di altro interesse di pari rango» (Corte costituzionale sentenza n. 143/2013)

Ha ritenuto, invece, non fondate  le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici  anche per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, con riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 117, primo comma, Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 7, 8 e 52 CDFUE, all’art. 8 CEDU, all’art. 5 della Convenzione di Strasburgo n. 108 del 1981, nonché agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), 7, lettere c) ed e), e 8, paragrafi 1 e 4, della direttiva 95/46/CE.

Conclusioni. Nel decidere sulla questione sollevata dal TAR Lazio, la Corte ha cercato di trovare un bilanciamento fra diritti e principi fondamentali, contemporaneamente tutelati  dalla Costituzione e dal diritto europeo, primario e derivati. Tali diritti, com’è noto, confliggono  soprattutto nello scenario digitale nel cui ambito, mentre i diritti personali possono essere posti in pericolo dalla indiscriminata circolazione delle informazioni, proprio la più ampia circolazione dei dati può meglio consentire a ciascuno di informarsi e comunicare. Da un lato, il diritto alla riservatezza dei dati personali costituisce manifestazione del diritto fondamentale all’intangibilità della sfera privata e attiene, quindi, alla tutela della vita degli individui nei suoi molteplici aspetti  (C. costituzionale, sentenze  n. 173 del 2009, n. 372 del 2006, n. 135 del 2002, n. 81 del 1993 e n. 366 del 1991); dall’altro, i principi di pubblicità e trasparenza sono riferiti non solo, quale corollario del principio democratico (art. 1 Cost.), a tutti gli aspetti rilevanti della vita pubblica e istituzionale, ma pure, ai sensi dell’art. 97 Cost., al buon funzionamento dell’amministrazione (sentenze n. 177 e n. 69 del 2018, n. 212 del 2017) e, per la parte che qui  interessa, ai dati che la stessa PA possiede e controlla e che il D.Lgs. n. 33 del 2013 impone di pubblicare on line. 

La Corte, con un’articolata motivazione, ha trovato una soluzione di compromesso, che  fa cadere l’obbligo di pubblicare on line dei dati personali sul reddito e sul patrimonio dei dirigenti pubblici diversi da quelli che ricoprono incarichi apicali,  ma salva quello di pubblicare sempre on line  per tutti i dirigenti  i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica, gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici.

Le pubbliche amministrazioni, cessato il periodo di sospensione, devono ripubblicare tempestivamente nella Sezione Amministrazione trasparente, sottosezione di 1° livello “Personale” e di 2° livello “Dirigenti”  le tabelle con gli stipendi, gli importi dei viaggi di servizio e delle missioni pagati con fondi pubblici dei loro  dirigenti e, in mancanza dei dirigenti, delle posizioni organizzative apicali. Le poche pubbliche amministrazioni con dirigenti che occupano i vertici amministrativi devono pubblicare anche  le dichiarazioni dei redditi e gli elenchi dei patrimoni,  informazioni che per i dirigenti non apicali resteranno top secret.


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