L’attività bancaria e assicurativa svolta da Poste italiane pone la società in pieno regime di concorrenza e, per tale ragione, le regole di trasparenza proprie delle amministrazioni pubbliche ad essa riferite possono essere in qualche misura attenuate.

Tar Puglia, Bari, sez. III, sentenza 27 giugno 2017, n. 740, Presidente Gaudieri, Estensore Casalanguida

A margine

Nella vicenda, il ricorrente, ex dipendente di Poste italiane, è soggetto ad un procedimento penale per un reato commesso nell’ambito delle mansioni svolte. Al fine dell’esercizio del proprio diritto di difesa, chiede a Poste Italiane di accedere ex art. 22 ss, l. n. 241/90 al cartellino delle proprie presenze relativo ad alcuni anni nonché alla lista dei turni di lavoro, delle postazioni di lavori e delle password assegnate in alcune giornate lavorative.

La società pubblica rigetta l’istanza in quanto relativa a documenti non ostensibili anche alla luce dell’Adunanza plenaria n. 16 del 28 giugno 2016.

Pertanto il ricorrente impugna il diniego di accesso agli atti chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.

La società, costituita in giudizio, afferma che la trasformazione nel tempo di Poste italiane comporta l’inapplicabilità alla stessa delle previsioni di cui alla l. n. 241/90, in ragione dell’attività svolta dalla stessa e cioè l’attività bancaria ed assicurativa; per questo i suoi atti sarebbero passibili di accesso soltanto laddove si manifesti un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale, con onere a carico del lavoratore di fornire e provare quegli elementi volti ad accertare che la richiesta attenga ad attività di pubblico interesse o alla stessa funzionalmente connessa.

Il Tar ritiene il ricorso è infondato alla stregua del recente arresto giurisprudenziale dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 28.6.2016.

In proposito, il collegio ricorda che il previgente testo dell’art. 22, l. n. 241/90 è stato novellato dalla legge 1 febbraio 2005 n. 15, per cui, il Consiglio di Stato, Sez. III, con ordinanza n. 4018 del 26 agosto 2015, ha rimesso nuovamente all’Adunanza plenaria la questione del diritto di accesso dei dipendenti di Poste italiane con riferimento al rapporto d’impiego (di natura privata) in corso fra gli stessi e la citata società.

La questione risulta proposta con riferimento al testo dell’art. 22, comma 1, lett. e), della legge n. 241/90, introdotto dall’art. 15, comma 1, l. n. 15/2005, che definisce “pubblica amministrazione” ai fini di che trattasi, “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”, sollecitando una “nuova indagine interpretativa” alla luce degli interventi di modifica della legge in questione e delle relative disposizioni processuali (art. 116 c.p.a).

Orbene, l’Adunanza Plenaria, dopo una puntuale ricognizione delle novità, in materia di trasparenza, introdotte con il d.lgs. n. 33 del 2013, è giunta alla conclusione che “….nel settore lavorativo di cui trattasi opera l’accezione restrittiva rilevata per l’applicazione della direttiva 2004/17/CE, riferita agli enti erogatori di acqua e di energia, nonché a quelli che forniscono servizi di trasporto e servizi postali”.

Tali enti, in quanto titolari di diritti speciali ed esclusivi, agiscono nell’ambito dei settori sopra indicati, ma svolgono anche attività in pieno regime di concorrenza, direttamente esposti alle regole del mercato e possono, per tale ragione, vedere in qualche misura attenuata la disciplina propria delle amministrazioni pubbliche.

Per quanto riguarda poi il rapporto di lavoro, strumentale a tutte le attività svolte, gli obblighi di trasparenza appaiono dunque coerentemente suscettibili di delimitazione, con riferimento al combinato disposto degli articoli 11, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 (ambito soggettivo degli obblighi di trasparenza), 1, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 (ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e 1, comma 16, della legge delega n. 190 del 2012: disposizioni che consentono di circoscrivere l’accesso ai settori di autonoma rilevanza pubblicistica (e non di quotidiana gestione del rapporto di lavoro), ovvero alle prove selettive per l’assunzione del personale, alle progressioni in carriera e a provvedimenti attinenti l’auto-organizzazione degli uffici, quando gli stessi incidano negativamente sugli interessi dei lavoratori, protetti anche in ambito comunitario (ad esempio, in tema di mobilità o di stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari).

Nella situazione in esame, pertanto, gli atti richiesti (presenze – turni di lavoro, postazione di lavoro e password assegnate) non possono essere oggetto di accesso, in quanto attinenti a fasi di gestione ordinaria del personale, fatte salve comunque le verifiche perseguibili nella sede giudiziaria propria, ovvero innanzi al giudice del lavoro.


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