Il comune che si vede annullare la procedura concorsuale svolta per non aver pubblicato il bando nelle forme di legge risponde del danno emergente e per lucro cessante causato ai candidati dichiarati vincitori e poi non assunti.
Tar Emilia-Romagna, Bologna, sez. I,sentenza 10 gennaio 2020, n. 9, Presidente Di Nunzio, Estensore Giovannini
A margine
In seguito alla sentenza n. 145/2013 del Tar Bologna, passata in giudicato, di annullamento di un concorso pubblico per l’assunzione di n. 4 assistenti sociali, da parte di un Comune, a causa della mancata pubblicazione del bando di concorso sulla GURI, due candidati, già dichiarati vincitori, chiedono al Tar il risarcimento dei danni subiti conseguenti all’annullamento.
In particolare, i ricorrenti evidenziano il danno ingiusto subito per non aver il Comune appellato la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato nonché a fronte del comportamento successivo poiché l’ente, anziché procedere alla rinnovazione della procedura concorsuale annullata dal Tar, ha sopperito alla carenza dei posti messi a concorso illegittimamente ricorrendo alla procedura di mobilità esterna.
Per quanto riguarda il risarcimento per equivalente monetario chiesto, esso concerne innanzitutto, quale danno emergente, le spese sostenute per la partecipazione alla procedura concorsuale, nonché le perdite derivanti dai giorni di assenza effettuati nel posto di lavoro di provenienza per potere partecipare alle prove del concorso in questione, stante il loro pregresso status di lavoratori a tempo determinato. A tali costi devono essere sommati quelli ulteriori sostenuti per partecipare ad altre procedure concorsuali dopo l’annullamento del concorso. Ulteriore pregiudizio è derivato dalla mancata stabilizzazione. Inoltre, i ricorrenti sostengono che dall’annullamento della procedura concorsuale è derivata loro l’impossibilità di partecipare ad altri concorsi pubblici per posti di assistente sociale, nel periodo interessato. Da ultimo lamentano una lesione anche del loro diritto fondamentale alla salute, avendo sopportato un grave stato d’ansia nonché un evidente danno di immagine derivate dalla correlata assimilazione del concorso in esame ad altri procedimenti concorsuali definiti dalla stampa “tutt’altro che trasparenti”.
Il comune, costituitosi in giudizio, non ritiene che l’annullamento della procedura concorsuale sia derivato da un suo comportamento colpevole, tenuto anche conto che, nelle more dell’impugnazione del concorso e di pendenza del giudizio dinanzi al Tar, veniva introdotto ex lege un rigido blocco delle assunzioni che impediva il rinnovamento della procedura.
La sentenza
Il Tar ritiene che la pretesa risarcitoria abbia fondamento.
Innanzitutto il Collegio evidenzia la colpa ammessa dallo Comune con la comunicazione ai ricorrenti che l’annullamento derivava da un proprio comportamento, per non aver pubblicato il bando nelle forme di legge.
Parimenti il comportamento colpevole emerge dal non aver impugnato la sentenza del Tar dopo aver sostenuto, in primo grado, che la citata pubblicazione non fosse necessaria.
D’altra parte, dagli stessi atti di causa emerge la necessità e l’urgenza per il Comune di coprire i posti di assistente sociale rimasti scoperti a causa dell’annullamento del concorso, poiché a tal fine l’ente ha prontamente attivato le procedure di mobilità esterna.
Pertanto, il Tribunale ritiene fondata l’azione risarcitoria proposta, avendo accertato l’effettiva sussistenza, nella specie, di tutti i presupposti di cui all’art. 30 Cod. proc. amm. e della tutela aquiliana ex art. 2049 Cod. Civ..
Per quanto concerne il quantum da risarcire, il Collegio ritiene che il Comune debba procedere al risarcimento del danno emergente costituito unicamente dalle spese sostenute dai ricorrenti per partecipare al concorso in parola e, successivamente, per partecipare ad ulteriori concorsi banditi da altri enti pubblici.
Inoltre va riconosciuto a titolo di danno per lucro cessante comprendente la quota annuale di produttività che i ricorrenti avrebbero percepito dal comune; la quota da mancata progressione; la quota per perdita permessi retribuiti e quella per perdita partecipazione concorsi.
Non si ritengono invece ristorabili i danni patrimoniali da “perdita di chances” per la mancata partecipazione ad altri concorsi banditi successivamente alla comunicazione dell’esito positivo del concorso in esame, né i danni non patrimoniali quali “la lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della libertà del lavoratore”, “il danno…sulla vita professionale e di relazione”, il danno “…alla vita di relazione e familiare” e il danno derivato “…dall’ansia dovuta all’incertezza del proseguimento dell’attività lavorativa”.
Sotto tale ultimo profilo, si richiama la giurisprudenza costante del giudice amministrativo, secondo la quale, sul piano probatorio, va applicato il principio sancito dall’art. 2697 cod. civ. “in virtù del quale spetta al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, e quindi del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario, con la conseguenza che, laddove la domanda di risarcimento danni non sia corredata dalla prova del danno da risarcire, la stessa deve essere respinta.” (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 282).
Quale ulteriore considerazione volta a rafforzare l’esclusione della risarcibilità dei suddetti elementi di danno, il Collegio osserva che – seppure in posizione di lavoratori dipendenti a tempo determinato – i ricorrenti risultano avere prestato la propria attività lavorativa presso gli enti datori di lavoro senza soluzione di continuità nel periodo preso a riferimento ai fini risarcitori.
di Simonetta Fabris