Ai fini dell’operatività dell’accollo delle spese legali sostenute dal dipendente poi assolto nel procedimento penale, è necessario che l’interessato abbia coinvolto fin da subito l’amministrazione comunicando almeno la pendenza del procedimento stesso.
Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. V, sentenza 9 marzo 2016, n. 272, Presidente Politi, Estensore Testini
A margine
Nella vicenda, un dipendente comunale assolto da un procedimento per peculato, ex art. 314 c.p., chiede al comune di corrispondere al difensore da lui nominato l’onorario dovuto. In assenza di riscontro, l’interessato adisce il giudice amministrativo domandando l’applicazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 268-1987, rubricato “Patrocinio legale”, già abrogato, ma applicabile al caso di specie ratione temporis, ai sensi del quale:
“1. L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento“.
Il comune, costituito in giudizio, eccepisce l’infondatezza del ricorso mentre l’interessato sostiene che, sebbene lo stesso non abbia rivolto al comune alcuna istanza di assistenza legale e nemmeno comunicato l’instaurazione del procedimento penale, il rimborso sarebbe comunque dovuto, a seguito dell’assoluzione, indipendentemente da qualsivoglia coinvolgimento iniziale dell’amministrazione.
Il Tar ritiene il ricorso del dipendente infondato.
In particolare il giudice ricorda che l’art. 67 cit. “rimette alla valutazione ex ante dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, per cui non è in alcun modo riconducibile al contenuto della predetta norma la pretesa […] di ottenere il rimborso delle spese del patrocinio legale a seguito di una scelta del tutto autonoma e personale nella nomina del proprio difensore. Del resto, l’onere della scelta di un legale di comune gradimento appare del tutto coerente con le finalità della norma perché, se il dipendente vuole l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi di quelli del dipendente, ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza, debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti […] in caso diverso, si priverebbe di significato la previsione normativa volta a tutelare diritti ed interessi che sono comuni ad entrambe le parti” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2007, n. 552).
Peraltro, secondo il collegio, la norma richiamata consente senz’altro un potere di intervento a posteriori del comune per l’accollo di spese già sostenute dal dipendente, ma pur sempre nel presupposto dell’iniziale coinvolgimento dell’ente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 marzo 2002, n. 1476).
Conseguentemente, il Tar afferma la sussistenza di un preciso onere, da parte del ricorrente, di comunicare alla propria amministrazione la pendenza del procedimento ai fini dell’operatività dell’accollo delle spese imposto ex lege.
Pertanto, dal mancato coinvolgimento iniziale del comune resistente, deriva l’infondatezza della domanda per insussistenza del diritto al rimborso.
di Simonetta Fabris