La pretesa azionata dal vincitore di un pubblico concorso bandito da un piccolo Comune non soggetto al patto di stabilità interno (vigente ratione temporis), posizionatosi al primo posto della relativa graduatoria finale, a causa della propria mancata assunzione in servizio – della quale il giudice del merito abbia ritenuto l’illegittimità in considerazione dell’assenza di impedimenti dovuti ad impossibilità sopravvenuta o a circostanze indipendenti dalla volontà della P.A. – non investe provvedimenti discrezionali della P.A. medesima, ma atti negoziali, relativi alla fase della gestione del rapporto di lavoro, cui si correlano diritti soggettivi; essa pertanto rientra a pieno titolo nell’ambito applicativo dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e ciò comporta che il giudice ordinario ha anche il potere di adottare nei confronti della P.A. una sentenza di condanna all’assunzione dell’interessato.

Corte di Cassazione, Civile Ord., Sez. Lavoro, ordinanza 23 giugno 2020 n. 12368, Presidente Torrice Relatore Tria

A margine

In accoglimento di un ricorso, la Corte d’appello condanna un Comune al pagamento del danno patito da un concorrente, vincitore di concorso pubblico e non assunto presso l’ente a motivo di sopravvenute norme statali sul blocco delle assunzioni negli enti locali.

Il Comune si appella quindi alla Corte di Cassazione affermando di aver motivato l’impossibilità di assunzione in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., dimostrando che la ragione di tale mancata assunzione risiedeva nei limiti della propria capacità di spesa il cui superamento, alla luce della normativa statale, si sarebbe tradotto nella commissione di un illecito.

Il candidato, con ricorso incidentale, sostiene invece che la Corte d’appello, dopo aver correttamente riconosciuto a suo capo un diritto soggettivo perfetto all’assunzione, avrebbe dovuto provvedere a condannare il Comune ad assumerlo, in applicazione dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, sussistendone tutte le condizioni normative e di bilancio.

L’ordinanza

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale del Comune e accoglie il ricorso incidentale del vincitore del concorso.

In particolare il collegio ricorda che in base all’art, 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, salvo l’obbligo di non superare l’ammontare dell’anno 2008 (originariamente del 2004) per le spese per il personale, gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno erano autorizzati a procedere “all’assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno”.

La suddetta disposizione è entrata in vigore l’1 gennaio 2007, in un momento in cui, in ipotesi, il Comune avrebbe potuto procedere alla revoca del bando o della procedura del concorso de quo.

Il Comune ha invece discrezionalmente scelto di procedere all’approvazione della graduatoria finale del concorso con precisa delibera determinando l’esaurimento dell’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’Amministrazione ed il subentro, grazie alla pubblicazione della graduatoria, di una fase in cui i comportamenti della P.A. vanno ricondotti nell’alveo privatistico, espressione del potere negoziale dell’Amministrazione nella veste di datrice di lavoro.

Pertanto, poiché con il superamento del concorso e l’approvazione della relativa graduatoria, indipendentemente dalla nomina, si è consolidata nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, alla quale vanno riferiti tutti gli atti successivi, la pretesa azionata dal ricorrente inerisce alla tutela di tale diritto che va configurato come vero e proprio diritto ad essere assunto.

In tale situazione, la Corte d’appello, dopo avere riconosciuto sia la titolarità in capo al ricorrente di un vero e proprio “diritto di credito alla stipulazione del contratto di lavoro” sia l’insussistenza di circostanze idonee a giustificare l’inadempimento dell’Amministrazione, ha tuttavia escluso di potere ordinare al Comune l’effettiva assunzione sulla base di un generico riferimento alla giurisprudenza amministrativa (presumibilmente non riguardante il lavoro pubblico contrattualizzato) per la quale l’assunzione anche di un vincitore di concorso costituirebbe un facere infungibile della P.A..

Tale statuizione, ad avviso della Cassazione, non è conforme all’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, in base al quale: “2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro”.

La suddetta disposizione è da intendere nel senso che la pretesa azionata dal soggetto illegittimamente non assunto dopo essere risultato vincitore di un concorso sulla base della relativa graduatoria finale – non investe provvedimenti discrezionali della P.A., ma atti negoziali, relativi alla fase della gestione del rapporto di lavoro, cui si correlano diritti soggettivi.

La sentenza impugnata è quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, al seguente principio: «la pretesa azionata dal vincitore di un pubblico concorso bandito da un piccolo Comune non soggetto al patto di stabilità interno (vigente ratione temporis), posizionatosi al primo posto della relativa graduatoria finale, a causa della propria mancata assunzione in servizio – della quale il giudice del merito abbia ritenuto l’illegittimità in considerazione dell’assenza di impedimenti dovuti ad impossibilità sopravvenuta o a circostanze indipendenti dalla volontà della P.A. – non investe provvedimenti discrezionali della P.A. medesima, ma atti negoziali, relativi alla fase della gestione del rapporto di lavoro, cui si correlano diritti soggettivi; essa pertanto rientra a pieno titolo nell’ambito applicativo dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e ciò comporta che il giudice ordinario ha anche il potere di adottare nei confronti della P.A. una sentenza di condanna all’assunzione dell’interessato».

di Simonetta Fabris

 

 

 


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