IN POCHE PAROLE …

L’impedimento alla corresponsione dei compensi, in caso di superamento dei previsti limiti nell’anno di pertinenza, non consente un differimento del loro pagamento agli anni successivi.

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 4489 del 9 maggio 2024 – Presidente Lotti, relatore Urso

A margine

Il caso – I legali interni di un grosso Comune impugnano la delibera di giunta comunale che, modificando il regolamento sui compensi professionali dell’avvocatura, stabilisce, tra l’altro, che, il “limite per le spese compensate” è costituito annualmente dallo stanziamento di bilancio che non può superare l’importo di € 240.000,00, e che “i compensi maturati che eccedono il tetto annuale non possono essere liquidati nell’annualità successiva”.

In primo grado il Tar respinge le doglianze accogliendo però un’interpretazione della disposizione, in forza della quale la stessa non darebbe luogo a un’esclusione radicale e definitiva della liquidazione dei compensi, una volta superato lo stanziamento annuale di bilancio, bensì ne impedirebbe la corresponsione nella sola annualità “successiva” a quella di maturazione del relativo credito.

La sentenza

Il Consiglio di Stato dà ragione al Comune appellante osservando che la normativa primaria di cui all’art. 9 del d.l. n. 90 del 2014 ha la specifica finalità di contenimento della spesa pubblica in relazione all’ammontare dei compensi professionali (cd. “variabili”) corrisposti dalle pubbliche amministrazioni agli avvocati loro dipendenti in correlazione alle attività professionali rese nel difendere gli Enti in giudizio (cfr. Corte cost., 10 novembre 2017, n. 236; di recente, Cons. Stato, V, 2 febbraio 2024, n. 1079).

Come noto, il trattamento economico degli avvocati pubblici si compone di due diverse voci:

  • l’una retributiva fissa, costituita dallo stipendio tabellare,
  • l’altra, incisa appunto dal citato articolo 9 del d.l. n. 90 del 2014, attinente ai compensi maturati in ragione dell’attività difensiva svolta, di natura variabile perché dipendente dalla sorte del contenzioso (cfr. Corte cost., 26 maggio 2022, n. 128, in relazione alla posizione degli avvocati e procuratori dello Stato; cfr. anche Cons. Stato, V, 7 luglio 2023, n. 6646).

In tale contesto, l’art. 9, co. 6, subordina espressamente la corresponsione dei compensi professionali in caso compensazione delle spese, nell’ambito di sentenze favorevoli all’amministrazione, «alle norme regolamentari o contrattuali vigenti», e ai «limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013».

L’art. 9, co. 6, del d.l. n. 90 del 2014 pone quindi una regola di ordine non esclusivamente temporale, e cioè inerente al quando del pagamento, bensì alla stessa “corresponsione”, quale possibilità di ricevere l’erogazione delle somme.

Una diversa interpretazione che volesse solo rinviare nel tempo la corresponsione, con l’effetto di determinare una crescita progressiva e potenzialmente esponenziale dell’esposizione debitoria dell’ente, non allineata alla ratio del controllo e della limitazione della spesa, sarebbe invece irragionevole.

Conclusioni

I giudici di Palazzo Spada dichiarano di condividere la giurisprudenza contabile laddove si afferma che l’impedimento alla corresponsione dei compensi, in caso di superamento dei previsti limiti nell’anno di pertinenza, non consente neppure un differimento della loro corresponsione agli anni successivi (cfr. Corte conti, sez. contr. Puglia, 22 luglio 2021, n. 120; sez. contr. Molise, 22 settembre 2020, n. 71; sez. contr. Emilia Romagna, 18 dicembre 2023, n. 204).

E forniscono una lettura, orientata alla ratio e alla legittimità, delle previsioni regolamentari impugnate, sottolineando che le stesse, nel prevedere che “I compensi maturati che eccedono il tetto annale non possono essere liquidati nell’annualità successiva”, escludono la possibilità di differire a (tutti gli) anni successivi la corresponsione dei compensi non erogabili nell’anno di pertinenza per il superamento dei limiti annuali.

Da qui l’accoglimento dell’appello con riforma della sentenza di primo grado.

Stefania Fabris

 

 

 


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