La reformatio in peius del trattamento economico, consentita dal 1 gennaio 2014 con l’abolizione del relativo divieto operato con la legge di stabilità 2014,  non si applica al segretario comunale in disponibilità nominato in un ente di fascia inferiore a quella acquisita che mantiene l’indennità di posizione in godimento.

Corte dei conti, Sez. regionale per il controllo Liguria, deliberazione 3 ottobre 2014, n. 52, Pres. E Colasanti, Rel. F.Belasant

Il quesito

Un comune ha chiesto un parere in merito alla corretta applicazione dell’art.1, comma 458, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), secondo cui è stato soppresso il divieto di reformatio in peius del trattamento economico dei pubblici dipendenti, principio che trovava applicazione anche nei confronti dei segretari comunali e provinciali in conformità alla deliberazione n. 275/2001 adottata dal Consiglio Nazionale di Amministrazione dell’AGES.

Il parere

Per la Sezione Liguria il segretario in disponibilità nominato in un ente di fascia inferiore a quella acquisita mantiene, allo stato attuale, l’indennità di posizione relativa alla fascia di iscrizione acquisita, in quanto:

  1. la disposizione del 2013 si è limitata ad abrogare  il principio del divieto di reformatio in peius ma non ha previsto una disciplina per i rapporti esistenti e futuri, ragione per cui  per i segretari comunali e provinciali perdura la regolamentazione prevista dalla normativa e dai contratti collettivi vigenti quantomeno sino alla nuova tornata contrattuale;

b.  la mancanza di una norma precettiva impone infatti l’applicazione ai rapporti di lavoro delle regole espressamente previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva esistente, che rappresentano le uniche fonti di regolamentazione dei rapporti di lavoro in esame;

c. per i segretari in disponibilità vige un’apposita regolamentazione contrattuale (art.19, comma 13, del d.P.R. n. 465/1997 e art.43 del CCNL di categoria del 16 maggio 2001).

Commento

Il parere è condivisibile anche se fa nascere diversi interrogativi a conferma della crescente complessità della regolamentazione del rapporto di lavoro pubblico, “depubblicizzato” negli anni novanta e in parte (ri) pubblicizzato a partire dalla riforma del 2009 (L. 15/2009 e D.Lgs 150/2009).

L’istituto della reformatio in pejus –  E’ opportuno ricordare che il c.d. divieto di reformatio in peius è disciplinato dall’articolo 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo cui “nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa Amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica”.

Con l’entrata in vigore del D.Lgs n. 165/2001, secondo cui “i rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente” (art. 2, c. 3), si era dubitato della sopravvivenza dell’istituto. La Commissione speciale per il pubblico impiego del Consiglio di Stato , però, si era affrettata a chiarire che tale norma non aveva eliminato dall’ordinamento le disposizioni che sanciscono il divieto di reformatio in pejus., in quanto  volta a stabilire, in via generale, le modalità di determinazione del trattamento economico spettante ai dipendenti pubblici contrattualizzati senza incidere, in modo diretto o indiretto, sul principio del divieto di reformatio in pejus, principio che prescinde del tutto dalle modalità di definizione del trattamento economico dei pubblici dipendenti (legge, contratti collettivi, contratti individuali) e trova la sua origine e la sua ratio nell’opportunità di non disincentivare il mutamento di carriera ” (parere 30 marzo 2009, n. 2857/08).

La finalità e l’ambito di applicazione dell’istituto in esame avevano trovato, invero, una risposta nella decisine dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 16 marzo 1992, n. 8 , secondo cui l’istituto ha la finalità di evitare che  il mutamento di carriera nell’ambito dell’organizzazione burocratica dello Stato possa comportare un regresso nel trattamento economico raggiunto dal dipendente e trova applicazione solo nei casi di passaggio di carriera presso la stessa o diversa Amministrazione, ma sempre che si tratti di Amministrazioni statali in senso stretto (in senso conforme, fra le altre, CdS . Sez. VI, 17 febbraio 2010, n. 894)

Era stato così chiarito, in buona sostanza, che l’istituto non costituisce espressione di un principio generale, applicabile a tutti i pubblici dipendenti, ma  concerne soltanto i casi di passaggio di carriera presso la stessa Amministrazione statale o anche diversa Amministrazione, purché statale, e non anche i passaggi ad Amministrazione non statale, ovvero tra diverse Amministrazioni non statali, o da una di esse allo Stato  viceversa (CdS, AP, parere 01721/2011 del 6 maggio 2011 e giurisprudenza della Cassazione ivi richiamata). Era stato superato così il diverso orientamento di pronunce precedenti al 2008, che avevano ritenuto, al contrario, il divieto di reformatio applicabile anche ad amministrazioni diverse da quelle statali (fra le altre, CdS, Sez. IV, 24 luglio 1989, n. 499 )[1].

E’ da precisare che diversi contratti di lavoro di altri comparti avevano provveduto a regolamentare la fattispecie.

Dal 1° gennaio 2014, l’istituto è stato espunto definitivamente dall’ordinamento con la legge di stabilità 2014 (art., 1, c. 458, L. 144/2013, secondo cui “L’articolo 202 del testo unico di cui al  decreto  del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3,  e  l’articolo  3, commi 57 e 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537,  sono  abrogati. Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità”).

Segretari comunali –  L’entrata in vigore della disposizione della legge di stabilità ha travolto la deliberazione dell’Agenzia dei segretari comunali e provinciali n.275/2001, che, vigendo il principio del divieto di reformatio in pejus, aveva disposto che il segretario mantenesse la retribuzione di posizione nel caso in cui lo stesso venisse nominato presso un ente appartenente a una fascia inferiore rispetto a quella della sua iscrizione. E in tal senso, si è espresso il Ministero dell’Interno, secondo cui le disposizioni della citata deliberazione dell’ex Agenzia autonoma siano ormai superate e non applicabili a partire dal 1° gennaio scorso (chiarimento n.  3636/2014).

Per quanto riguarda, però, i segretari comunali in disponibilità occorre ricordare che la disciplina del trattamento economico è fissata dall’art. 43 del CCNL del 16 maggio 2001, secondo cui “In caso di nomina presso un ente di fascia immediatamente inferiore a quella di iscrizione, il segretario collocato in disponibilità conserva il trattamento economico in godimento previsto dal comma 1. I relativi oneri sono a carico dell’ente di nomina ad eccezione di quelli relativi alla retribuzione di posizione che rimangono a carico dall’Agenzia per la quota corrispondente alla differenza tra quella in godimento e quella prevista per la fascia di appartenenza dell’ente (in conformità all’art. 11, c. 7 del d.P.R. 465 1997). E la nota ministeriale soprarichiamata n. 3636/2014 sembra propensa nel ritenere questa disciplina ancora applicabile.

La disparità di trattamento è del tutto evidente: un segretario di fascia superiore non in una situazione di indisponibilità – nominato in un comune di fascia inferiore – perde la sua indennità di posizione, mentre un segretario in disponibilità nominato in un comune sempre di fascia inferiore la conserva.

E resta da chiarire come comportarsi nell’ipotesi dell’art. 12, comma 1, del d.P.R. 465 del 1997, secondo cui in un Comune dove viene dichiarato il dissesto può essere consentita la nomina di un segretario di fascia superiore a quella di appartenenza dell’Ente, se ne ravvisano le ragioni, e la differenza stipendiale resta a carico dell’apposito fondo ex  art. 102, comma 6, del TUEL (peraltro, scarsamente alimentato dopo la modifica dell’istituto della ripartizione dei diritti di rogito introdotta dall’art. 10 del d.l. n. 90 del 2014).

In sintesi, tre diverse soluzioni per un caso identico: 1. il segretario di fascia superiore non in disponibilità  nominato in un comune di faccia inferiore, che perde la posizione in godimento; 2. il segretario di fascia superiore in disponibilità  nominato in un comune di faccia inferiore, che mantiene la posizione in godimento; 3. il segretario di fascia superiore nominato in un comune di faccia inferiore  in dissesto, che manterrebbe la posizione in godimento.

E’ urgente risolvere la questione in via definitiva, senza disparità di trattamento di casi analoghi non tollerabili dal nostro ordinamento costituzionale (artt. 3 e 36 Cost).

avv. Giuseppe Panassidi

 



[1] V. anche art. 3 , comma 57, della L. 537/1993 ai fini pensionistici.


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