L’automatico inquadramento, a domanda, di personale appartenente a enti pubblici economici o a società a totale partecipazione pubblica, nei ruoli della regione, viola la regola generale del concorso pubblico nonché il principio di uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici.

Corte costituzionale, sentenza n. 5 del 28 gennaio 2020 – Presidente Carosi, Relatore Sciarra

A margine

Il fatto – La Presidenza del Consiglio dei Ministri promuove questione di legittimità costituzionale, in via principale, di alcune norme contenute nella legge della Regione Basilicata 22 novembre 2018, n. 38, recante “Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata”.

Ad essere contestato è, in particolare, l’art. 24 della legge regionale, nella parte in cui dispone che «al fine di razionalizzare l’impiego del personale a tempo indeterminato appartenente ad enti pubblici economici o a società a totale partecipazione pubblica in servizio presso gli uffici della Regione Basilicata da almeno cinque anni, se ne dispone, a domanda, il passaggio nei ruoli regionali, nel rispetto della normativa vigente in materia di limiti alla spesa per il personale».

La norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 Cost. in quanto, nel riconoscere a questa tipologia di dipendenti, il diritto di transitare nei ruoli del personale regionale, senza prevedere lo scrutinio delle professionalità acquisite, determinerebbe per loro un privilegio indebito, in violazione della regola del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97 Cost.), nonché del principio secondo cui tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza (artt. 3 e 51 Cost.).

La sentenza – La Consulta ritiene fondata la questione di costituzionalità della norma regionale.

Secondo la giurisprudenza costante del giudice delle leggi, infatti, «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 40 del 2018; fra le tante, sentenze n. 110 del 2017, n. 7 del 2015 e n. 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti «adeguati accorgimenti per assicurare […] che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico» (sentenza n. 225 del 2010).

Infatti, «la necessità del concorso per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ma anche dalla necessità di consentire a tutti i cittadini l’accesso alle funzioni pubbliche, in base all’art. 51 Cost.» (sentenza n. 225 del 2010).

Ricordato ciò, la Corte fa presente di avere già ritenuto, in passato, come ingiustificato, il mancato ricorso a una «forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche» (sentenza n. 40 del 2018), in relazione a norme regionali di automatico reinquadramento nei ruoli delle Regioni, di personale appartenente ad enti di diritto privato, sia per l’omessa previsione di una procedura selettiva di tipo concorsuale, sia per l’omessa giustificazione dell’operazione rispetto alle necessità funzionali dell’amministrazione (fra le tante, sentenza n. 225 del 2010).

Un simile trasferimento automatico non può infatti che risolversi in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari della procedura, in violazione dell’art. 97 Cost. e, di conseguenza, degli artt. 3 e 51 Cost. (fra le altre, sentenze n. 227 del 2013 e n. 62 del 2012).

Pertanto, ad avviso della Consulta, anche nel caso di specie, la norma regionale non soddisfa le condizioni che giustificano la deroga al principio del pubblico concorso.

Essa, infatti, dispone l’inquadramento automatico nei ruoli della Regione di personale a tempo indeterminato di enti di diritto privato solo su domanda, senza alcuna valutazione di professionalità.

Inoltre, il mancato ricorso alla selezione concorsuale non trova alcuna peculiare ragione giustificatrice, né con riferimento alle necessità funzionali dell’amministrazione, né con riguardo a peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico, cui non possono certamente ricondursi le generiche finalità di «razionalizzazione dell’impiego del personale a tempo indeterminato», indicate dalla norma regionale.

L’art. 24 della legge regionale della Basilicata n. 38 del 2018, è pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Stefania Fabris


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